Pattumeros si diventa

Per chiunque non abbia vissuto gli spensierati nonché tossici anni ’90, i Pattumeros erano dei mostriciattoli giocattolo definiti dal fabbricante “geni delle discariche”, una sorta di divinità minori della rumenta/munezza/rusco e tutte le possibili declinazioni regionali. Venivano venduti in sacchetti della spazzatura, da aprire nell’acqua ove sprigionavano sostanze ormai vietate dalla commissione europea per l’ambiente e dal buon senso, ma all’epoca nessuno se ne curava e i bambini ci tuffavano le mani dentro; poi trent’anni dopo ci lamentiamo dell’inquinamento delle falde acquifere. I Pattumeros in sé avevano un’estetica discutibile e un’utilità dubbia al di fuori della collezione, ma vuoi mettere la gioia di tirarli fuori dalla rumenta? Ne consegue che questo sarà un post per stomaci forti.

Koris non è mai stata una signorina-gnegne e la zozzura non le fa troppa paura, altrimenti non sarebbe (stata?) una speleologa. In questi otto anni ha pulito chilometri di corde che parevano uscite dal nido di un dinosauro con la diarrea, ha spazzolato tute di cui si era dimenticato il colore originario, ha lucidato ferraglia con incrostazioni di fango in reconditi ingranaggi inaccessibili. Si ricorda in particolare un’uscita alla Grotte du Barry in cui tutto (e letteralmente tutto, umani compresi) era così disgustoso e zozzo che venne imballato in sacchi della spazzatura (ok, gli umani no) e portato il giorno dopo a lavare al primo fiume disponibile perché non era pensabile portare in casa quella roba. Menzione speciale al dover pulire la tenda dalle deiezioni dei simpatici uccellini canterini o delle meno simpatiche e meno canterine lumache senza guscio, più piccole ma non per questo meno copiose. Insomma, Koris pensava di situarsi a un livello di schifo piuttosto elevato. Poi venne l’Aliena.

Il vantaggio del latte in polvere rispetto alla tetta “produzione limitata” è che i biberon sono diventati all you can eat. Lo svantaggio del latte in polvere è che avendo dei biberon all you can eat ci si illude che qualunque momento di urla feroci possa essere curato col cibo. A peggiorare le cose c’è l’incapacità di Alienottola a esprimersi altrimenti che urlando o cercando di ciucciare cose ma anche persone. Tre giorni fa l’Aliena frignava, Koris era cosciente che l’intervallo delle tre ore fra un biberon e l’altro non era ancora passato, ma non trovava altra spiegazione al pianto disperato. Ha quindi deciso di usare la stessa tecnica collaudata dall’Amperodattilo quando gatta Spin miagolava senza posa: riempirla di cibo. L’Aliena ha sembrato gradire il trattamento, ha finito il biberon, ha fatto un ruttino pro-forma e quindi è stata parcheggiata sulla sdraietta in un apparente stato di beatitudine. Koris si è illusa di avere un attimo di tempo per se stessa, poteva magari guardarsi un film. Tuttavia l’Aliena ha deciso per lei: un remake della celeberrima scena de “L’esorcista”. Ha vomitato l’intero biberon e forse più a getto d’idrante su tutina, body, asciugamano messo a inutile protezione della sdraietta e sdraietta. Non sembrava troppo turbata dall’evento, a differenza di Koris, che sperava nell’intervento di un adulto responsabile. Poi si è ricordata di essere lei, l’adulto responsabile. Ha cambiato l’Aliena, in cui la possessione demoniaca di Pazuzu sembrava passata, ha preso tutte le parti tessili vomitate e si è messa a lavarle, a mano, rimpiangendo il fango della Grotte du Barry. C’è da dire che pensava che avrebbe vomitato anche lei davanti al rigurgito alieno, invece per ora se l’è cavata solo con una pletora di pensieri suicidi. Un progresso, forse.

Si pensava che dopo lo tsunami gastrico non si poteva scendere (o salire) di più sulla scala dello schifo, ma l’Aliena ha deciso che non c’è un limite al peggio. Stanotte alle due ha richiesto attenzioni. Già che nella nostra società tecnologica nessuno si sia ancora inventato un assistente per i risvegli notturni è grave. Koris ha messo a scaldare i biberon preparato a un’ora in cui la presunta adulta era ancora in grado di intendere e di volere (circa), quindi è andata in esplorazione del pannolino alieno. Niente rifiuti tossici, Koris ha pensato di sfangarla senza troppe difficoltà con un cambio, un biberon e un rutto. Si è lanciata nel primo step col pilota automatico, mentre l’Aliena urlava perché è un esserino che tiene al proprio pudore, si vergogna se sta a culo scoperto. Alle battute finali, l’Aliena ha tirato un calcio al pannolino in via di chiusura e ha liberato le budella su qualunque cosa fosse a tiro di intestino (questa pratica ha assunto il nome in codice di “caccapulta”): pannolino, body, fasciatoio coperto da un asciugamano su Ampero-consiglio rivelatori vitale. Koris avrebbe di nuovo voluto avere un adulto responsabile da cui andare a piangere, poi si è ricordata di non averne. Ha preso l’Aliena scagazzata e ancora urlante in braccio, ha tolto l’asciugamano vittima, ha buttato il pannolino, ha cambiato il body. Appena pulite le sante chiappe chiuso il secondo pannolino, l’Aliena ha sganciato un’altra bomba tossica. Tutto da rifare, ma almeno non ci sono state vittime collaterali. Terzo pannolino, altro cambio al volo come se ci fosse un timer e una carica di esplosivo pronta ad esplodere… oh, ma è così: terzo rumore inquietante, terzo pannolino sacrificato. Koris inizia a capire Medea, si contiene sapendo di non avere a disposizione il carro alato del Sole per fuggire lontano. L’Aliena urla il suo disappunto nella notte, ma per Koris-fortuna la caccapulta è scarica; mentre si ricarica con un biberon, Koris si appunta di dover lavare a mano le vittime notturne, rimandando all’indomani e maledicendosi in più modi. Per un puro caso le macchie spariranno con una copiosa dose di sapone solido.

Non che Koris non fosse al corrente di codeste luride abitudini dei neonati e della loro propensione a produrre ingenti quantità di rifiuti organici (e di rifiuti tout court, visto il numero di pannolini consumati e no, quelli lavabili non sono una soluzione praticabile). Però non pensava che in poco più di un mese riuscisse a pulire le peggiori schifezze senza battere ciglio. Deve essere un segno inequivocabile della sua trasformazione di Pattumeros.

Koris in versione Pattumeros

Un mese di invasione aliena

Sono passate quattro settimane da quando l’Alienottola è sbarcata su questo pianeta col favore delle tenebre. In un mese ha perso peso come una top-model anoressica, per poi scoprire le gioie di BigPharma e sfondare a inizio settimana il traguardo dei tre chili. Ora l’Aliena misura ben 49 centimetri, riempie un po’ di più le tutine taglia zero mesi (tranne quelle da 50 cm tedesche, perché i centimetri tedeschi devono essere più lunghi), si ingolla biberon a frequenza variabile e tira dei rutti degni di un metallaro alla quinta birra. Inizia ad avere delle interazioni coi due adulti irresponsabili che si trova accanto, ma solo quando ne ha voglia. Dorme più di quanto dormisse Koris alla sua età e questo è meraviglioso. Fisicamente assomiglia a Koris in maniera quasi inquietante, pur avendo dei lineamenti più dolci e un nasino a punta che le fanno rimorchiare tutte le vecchie dal verduriere. Nonostante i genitori improvvisati che si ritrova, l’Alienottola sembra abbastanza felice.

Koris sta. Questo mese è passato velocissimo e lentissimo allo stesso tempo, ci sono un sacco di cose che non ha ancora avuto il tempo di metabolizzare. Ogni tanto si stupisce di non essere più incinta, ma non si può dire che la panza smisurata le manchi (l’unica cosa che le manca è la pelle normale, c’è stato il grande ritorno dell’eczema da lebbrosa). Tuttavia non ha ancora ben inquadrato il suo ruolo di genitore#2, nonostante ormai abbia una certa destrezza nel cambiare pannolini, elargire biberon e pulire rifiuti tossici prodotti dai diversi orifizi alieni; una sera si è ritrovata a pulire un asciugamano smerdato in preda a un attacco di ridarella feroce, forse è il primo passo vero la follia.

Ogni tanto Koris pensa che niente è andato come pensava un po’ più di un anno fa. Ha vissuto una gravidanza di circa sette mesi di ansia assortita, con qualche difficoltà ad accettare che l’Aliena era lì e ci sarebbe rimasta in buono stato di conservazione. Ha lavorato fino all’ultimo o quasi, senza che nessuno apprezzasse o facesse nulla per aiutarla (e Capo Giuseppi ne dovrà rendere conto a settembre), sentendosi in colpa per lo smartworking massiccio che le ha probabilmente salvato la sanità mentale. Pensava di recuperare un po’ di energie nel mesetto di congedo pre-nascita e invece nemmeno due settimane dopo si preoupitava in ospedale col pensiero fisso “non sono pronta”. Il parto è l’unica cosa che è andata tutto sommato dritta, merito dell’ostetrica Cecilia e della sua tirocinante, nonché della santa santissima epidurale sempre sia lodata. Dal parto in poi lasciamo stare, sull’allattamento facciamo cadere la damnatio memoriae. C’è una parte di Koris che dice “tornassi indietro, farei tutto diversamente, farei meglio”, una parte che vuole una rivalsa ed è pronta a ripassare attraverso tutto questo. Fa un po’ paura.

E poi c’è l’altra Koris, quella che è rimasta in un armadio da quel giorno di inizio settembre in cui c’è stato un fantozziano leggerissimo sospetto. Quella Koris che ha ritrovato un corpo che le somiglia un po’ di più rispetto alla balena spiaggiata di un mese fa, e che si ritrova a dire “e adesso che si fa?”. Bella domanda, ma piuttosto da porsi nella forma “come si fa?”. L’altro giorno Koris si è trovata a sfogliare la guida grotte della Savoia, alla ricerca di cavità Aliena-compatibili, e le è preso un senso di straniamento. “E se non ci riesco più? E se non sono più capace?” si è detta. Momento delicato, perché qui immaginare il futuro non è semplice. Certo, si può sempre pensare in maniera razionale e dirsi che i Maiores si terranno più che volentieri Alienottola una giornata per fuggire al buranco Rampiun o alla Priamara. Oppure che non si sopportano le stronzate di Capo Giuseppi per nulla, e che la situazione economica permette di finanziare un baby-sitter per qualche sabato di discese sotterranee nelle vicinanze. Già, ma sarò davvero possibile? La Koris lasciata ad agosto 2022 ha un po’ paura della risposta.

Nel frattempo l’Aliena è piuttosto contenta di farsi trasportare nel marsupio anche in contrade extra-urbane, Koris l’ha scarrozzata per 4 km senza che fiatasse. Anche il viaggio in macchina è considerato sopportabile, a patto che gli adulti irresponsabili si ricordino di cambiarle il pannolino prima di entrare in autostrada (cosa che fino all’altro ieri non era scontata). Quindi magari qualcosina di quello che c’era prima si potrà ancora fare. Forse.

P.S. di ordine generale: questo blog, nato una sera di pochissima voglia di lavare i piatti, non si sarebbe mai sognato di mettersi a trattare di Alienottole made-by-Koris.

Koris e i Koris-pensieri confusi

Latte forzato, ziOrso e la kimika

Dall’ultimo post non sono passati così tanti giorni, eppure per Koris pare trascorso un secolo di quelli belli densi, con carestie, guerre e sconvolgimenti politici. Un secolo qualunque, tutto sommato. Koris ha cercato di seguire alla lettera il protocollo di allattamento forzato o gavage di oca da fois gras per l’Aliena, nella speranza che quest’ultima mettesse su ciccia. Non proprio facilissimo come compito.

Un po’ ovunque sui libri o nel web si racconta questa favola che l’allattamento sia un momento magggico (ma che, ancora?!) in cui madre e neonato stanno occhi negli occhi, in una bolla di tenerezza che prolunga il legame simbiotico della gravidanza e… e… e tutte ‘ste cose qui. Solo che ancora una volta ci mentono. Magari sarà bello e magggico di giorno, con la madre seduta su una comoda poltrona, in un angolo confortevole di una veranda dalla luce ambrata, che allatta al seno un neonato candidamente vestito che le sorride dal profondo dei suoi occhi blu. Il tempo dello spot di un ammorbidente, all’incirca. La verità è che avere una ventosa attaccata alle tette ogni due massimo tre ore non è il massimo della vita: la madre (ma piuttosto il genitore#2) vive il momento della poppata con lo stesso stress di una fustigazione sulla pubblica piazza, ma pure il pargolo inizia a detestare quell’essere umano si avvicina con un pasto del tutto insoddisfacente, roba da chiedere di vedere lo chef, litigare e quindi posare le peggio recensioni su tettAdvisor. Si va avanti così per giorni. Almeno questo allattamento forzato ha portato a qualcosa?

LOL, no. Quattro giorni di gavage intensivo e l’Aliena pesava tanto quanto prima, non ha preso mezzo grammo nemmeno per sbaglio. Koris ha iniziato a farsi molte domande sulle sue performance in quanto allattatrice, ma il web dice che no, la sacra diade madre-neonato si autoregola, le tette sono sacre (e non è una regola di pornHub) e se c’è l’ammmorrre c’è il latte buono e tutto va nel migliore dei modi, arcobaleni e unicorni sullo sfondo. L’ostetrica, più pragmatica, ha detto “tirati il latte, dalle il seno e quindi completa con 40 ml ogni due ore, notte e giorno, così sappiamo quanto mangia, la pesiamo di nuovo fra 48 ore”. Arcobaleni e unicorni una sega, il panorama diventa all’improvviso lo stesso di Mordor.

Koris entra in un nuovo incubo a base di tette succhiate e tette tirate, passando due giorni a mostrare le sue non-proprio-grazie al quartiere, tanto il pudore è sentimento sopravvalutato. In concomitanza, ma senza correlazione fra le due cose, Aliena ha ricevuto la visita di Orso, fresco della nomina a ziOrso (“ma funziona davvero!” sono state le prime parole pronunciate davanti alla nipote), e della di lui fidanzata. Così, mentre Koris si lanciava in questo show zinne-de-fori a zero contenuto erotico e ‘thieu era sparito per lo suo migliore, Aliena ha degnato ziOrso del suo primo sorriso, del suo primo dito in bocca e di una colossale scoreggia durante il bagnetto. Zii in estasi per tutto, puzzette comprese.

“Però belin, tu non puoi andare avanti così, fatti dare il latte artificiale” ha sentenziato Orso davanti alla performance indecente della sorella semi-nudista, che nonostante le sessioni di pompaggio intensivo produceva una quantità di latte appena sufficiente per fare un caffè macchiato. Anche l’Amperodattilo a distanza (e in astinenza) era dello stesso avviso: “un bebè ha più bisogno di una mamma che di una tetta, guarda l’esperimento delle scimmiette di Harlow: si nutrivano dalla scimmia di metallo, ma poi andavano a rifugiarsi sulla scimmia di peluche”. In questo caso il ruolo della scimmia di peluche è svolto da ‘thieu, ça va sans dire.

Koris ha tenuto botta per 48 ore, compresa una notte in cui l’Aliena urlava la sua fame al mondo e le Koris-tette erano a secco quanto le falde acquifere quest’anno; una sensazione non proprio piacevole, sapere di stare affamando la progenie e non poterci fare nulla, soprattutto alle due di notte. Giunto il momento della pesata, l’Aliena aveva preso trenta grammi scarsi. Verdetto: il latte di Koris è poco e light, ottimo per la prova costume ma non per un’Alienottola nata già piccoletta, meglio vendersi a BigPharma e passare alla kimika del latte in polvere.
“Spero che tu lo accetti e non ti senta sminuita nel tuo ruolo di madre, altrimenti puoi…”
“Ma che, scherziamo, caccia ‘sto bidone di polverina, sticazzi la tetta, l’allattamento al seno e la diade neonato-madre, viva la chimica se possiamo spezzare questa schiavitù del latte insufficiente”

Siamo alla fine di questa storia? Lo sapremo forse la settimana prossima, a meno che l’Aliena non voglia restare un bebè bonsai. Koris è abbastanza provata da questa esperienza, per lo stress e la mancanza di sonno, e sarebbe molto felice se si fosse trovata la soluzione. Per il momento Alienottola l’ha inquadrata come la stronza che cerca di nutrirla, non ha latte a sufficienza, la tortura nel cuore della notte con delle tette scarse e al mattino con il cotone nel naso, pertanto non esita a mostrare tutto il suo sdegno. Molto meglio prendere il biberon da ‘thieu, che in quanto sprovvisto di tette inadeguate è stato risparmiato dal giudizio severo di una neonata di tre settimane (la cui data di consegna stimata era fra oggi e domani).

Se arricchiamo il latte con del plutonio magari l’Aliena riesce a prendere mezz’etto

L’allattamento e l’attacco cylone

Fra tutto il pool genetico di gente circa normalmente costituita, l’Aliena ha deciso di scegliere proprio i pezzi del Koris-dna fallato che codificano per quella cosa che voi umani chiamate “crescita”. Detto fuor di metafora, l’Aliena sta bene, è vitale e ha tutti i pezzi per il momento in ordine, ma sono pezzi in miniatura che a due settimane dall’arrivo sulla Terra sembrano voler restare tali. Chissà da chi ha preso questa tendenza al bonsai almeno per ora, mah, chi può dirlo…

Per un neonato non si va molto per il sottile: non cresce perché non mangia abbastanza. Dopo un inizio di allattamento non catastrofico ma quasi, Koris si era persuasa che ormai l’Aliena aveva trovato un suo ritmo di crociera e se non reclamava il buffet non aveva fame. Del resto si dice che i neonati non si lascino morire d’inedia, anche perché non hanno ancora ben chiaro quanto questo mondo faccia schifo, magari hanno qualche illusione in materia. No?

NO. L’Aliena non mangia abbastanza, quindi non cresce, quindi non si sa quali siano le conseguenze, a parte vestire la taglia 14 anni a vita come il suo ex-organismo ospite. Però l’ex-organismo ospite ormai come si sa è una causa persa haute trois pommes, magari per l’Aliena si può ancora fare qualcosa affinché viva nell’universo dei normodotati e non in quello dei nani da giardino.

“La deve nutrire di più”
“Ma quanto di più?”
“Ogni due ore”
“Ma se dorme…?”
“La sveglia e la nutre”
“Anche di notte?”
“Di notte può fare ogni tre”
“Com’è umana lei”

Non si sa cosa pensi l’Aliena di questo trattamento di gavage, a meno che non stia prendendo appunti mentali per un futuro processo a L’Aia. Se non diventa un’oca da fois gras entro Natale, cosa che nessuno si sente di escludere, a questo punto. Non si sa nemmeno cosa ne pensi il padre, che avrebbe potuto contribuire con dei burrosi geni francesi atti alla bisogna, anziché coi rinsecchiti geni mediterranei formato tascabile. Però sappiamo cosa ne pensa Koris.

Come in tutte le circostanze della sua vita, Koris si rifà ai suoi modelli ideali e in questo caso è ancora una volta Battlestar Galactica, il primo episodio della prima stagione, per essere precisi. Si intitola “33 minuti” perché la flotta coloniale viene attaccata esattamente ogni tre minuti dai cyloni cattivoni, con le conseguenze che si possono immaginare fra mancanza di sonno, nervosismi e quant’altro. Ecco, Koris si sente catapultata in quell’episodio, con una sveglia ogni due ore che sembra annunciare l’arrivo di una catastrofe (o meglio, nel suo caso di una cacastrofe) e dieci minuti di combattimento serrato a base di “piglia sta tetta e tenitela per un tempo ragionevole”. Poi torna la calma, l’Aliena si ritira nell’iperspazio del suo lettino con le sbarre, Koris medita che era meglio morire nell’esplosione di una testata nucleare sulle Dodici Colonie di Cobol. E che ormai la sua vita è questa, e il peggio è che se l’è anche andata a cercare, so say we all. Ore passate in questo stato: ventiquattro.

Sarebbe molto carino che anche per Koris si scoprisse che c’è una nave spia nascosta nella flotta e che una volta silurata la faccenda finisce. Ma la faccenda potrebbe non essere così semplice e non c’è il capitano Adama a tirarci fuori dagli impicci. A meno che alla pesata di martedì l’Aliena non si diventata un bébé francesissimo di cinque chili, tuttavia non si può garantire che Koris arrivi viva a tale giorno…

Se almeno l’Aliena avesse un indicatore di riempimento sarebbe pù semplice…

E le grotte, nel mentre? Speleo e gravidanza

Post un po’ fuori dalla consuetudine del blog, quindi stavolta in prima persona. Ho iniziato a cercare informazioni sulla possibilità di conciliare speleologia e gravidanza, col risultato che… beh, senza grandi risultati. Del resto gli speleologi sono una comunità a se stante, le speleo-femmine sono poco comuni, le speleo-femmine incinte una rarità. A parte le esperienze scambiate di persona e qualche citazione in resoconti speleo, l’unica fonte che ho trovato era un forum inglese del 2008, ora purtroppo sparito dal web. Nemmeno a dirlo, la bibliografia è molto più vasta in tema di arrampicata: per fortuna certi aspetti sono traducibili, altri purtroppo no (tanto per dirne una, la corda in arrampicata è un attrezzo di sicurezza, mentre in speleo è usata per la progressione, il che cambia tutto). Quindi mi sono detta “perché non raccontare come l’ho vissuta io?”, hai visto mai qualche futura speleologa si faccia le stesse domande.

Disclaimer: non è necessario dirlo, questo post non ha nessuna velleità di essere uno studio medico controllato in alcun modo e tanto meno vuole dare direttive in tal senso. Si tratta di un’esperienza personale vissuta da me, nelle mie condizioni fisiche e per quanto riguarda questa gravidanza (si ricorda al gentile pubblico che non solo ogni donna è differente, ma anche ogni gravidanza è differente). Secondo dato di cui vale la pena tenere conto: non ho deciso “yeah, proviamo a fare speleo, questa esperienza nuova!” appena ho visto le due linee rosse sul test di gravidanza. Pratico da otto anni, ho all’attivo più di trecento escursioni e non sempre nei luoghi più confortevoli, ho una formazione del soccorso speleo francese. Insomma, non sono una professionista, ma non sono nemmeno una novellina che ha messo l’imbrago l’altro ieri. Soprattutto ho imparato la lezione fondamentale in grotta che è “saper rinunciare”, ancora più importante in circostanze particolari come quando si è incinta. Bonus: ho avuto il vantaggio di essere sempre accompagnata in grotta dal futuro-papà che è sempre stato molto attento alle mie necessità (talvolta anche troppo…) e pronto a fare dietrofront al minimo segno. Per chi pratica in un gruppo un po’ meno disponibile potrebbe essere più difficile, immagino.

Messe in chiaro queste due cosette, andiamo con ordine…

P41 Tonton Chat, Gouffre BB26, La Pierre Saint Martin

Primo trimestre: sono rimasta incinta durante il campo di esplorazione estivo e com’è ovvio per le prime due-tre settimane non mi sono accorta di niente, ho continuato a uscire senza dubitare di nulla e senza risparmiarmi fatiche come portare pesi su lunghe distanze, armare, aiutare gente meno esperta nelle manovre.

I problemi sono iniziati con la quarta settimana e il vero e proprio ritardo del ciclo, sotto forma di idiosincrasie alimentari che non mi lasciavano mangiare quasi nulla, accompagnate da perenne acidità di stomaco. Nonostante sia fra le fortunate che non hanno dovuto correre in bagno a vomitare l’anima, la sotto-alimentazione si è tradotta in una fatica debilitante che, combinata agli ormoni, hanno reso le uscite in grotta difficoltose e poco piacevoli. Il tutto è peggiorato da una sorta di distacco corpo-cervello, perché la testa sa che puoi scendere quel P100 come hai fatto altre volte, ma il corpo non ne vuole sapere di ingurgitare anche solo un boccone di più di quel panino al prosciutto, pertanto è più saggio lasciar perdere.

Sul piano psicologico avevo molta paura che il movimento della risalita coi bloccanti potesse portare a un aborto spontaneo per distacco dell’embrione, tuttavia la cosa non sembra fondata. Per le arrampicatrici si dice che il vero pericolo in tal senso sia rappresentato dalle cadute: nella risalita su corda non si cade per definizione, si resta appesi. L’unico consiglio valido che mi sento di dare è evitare di portarsi dietro sacchi di venti chili appesi all’imbrago.

Ho iniziato a stare meglio verso la fine del primo trimestre (forse anche rassicurata dallo svolgimento della gravidanza non-patologica) e anche la pratica speleo ne ha giovato. Tuttavia la fatica accumulata non è sparita per magia e mi sono ritrovata molto meno in forma di quanto non fossi in estate. Il lato positivo è che si comincia ad abituarsi un po’. Qualcosa che in poche si aspettano è l’aumento di volume del seno, che può farsi doloroso a seconda del pettorale, ricordo che dopo ogni risalita dovevo allargarlo al più presto perché era una tortura, nonostante abbia sempre avuto delle tette minuscole.

Aven Souffleur, Saint Christol d’Albion (settimana 4 / 6 SA)
Scialet du Gampaloup, Vercors (settimana 12 / 14 SA)

Secondo trimestre: ne ho discusso anche con altre speleo-femmine, il secondo trimestre è senza dubbio il momento migliore. I problemi col cibo hanno iniziato a risolversi (ho ricominciato a mangiare la pasta, evviva!), il passaggio allo stadio fetale mi dava l’impressione di una maggior protezione, la botta di ormoni in circolo ha iniziato a diventare la norma. Per quanto questo mi abbia permesso di essere più a mio agio sottoterra, mi sono ritrovata a dover affrontare un fastidiosissimo respiro corto durante le risalite e a dovermi fermare più spesso di quanto non volessi. Ho dovuto imparare a rallentare il ritmo per evitare di ritrovarmi senza fiato, sentendomi scarsissima perché fino a tre mesi prima risalivo pozzi fischiettando, in velocità e con un sacco appeso alle chiappe.

Questo è stato il periodo in cui il futuro-papà mi ha proibito di avventurarmi in qualunque strettoia a suo dire troppo severa, nonostante la mia pancia ancora pressoché inesistente. Ho smesso di affrontare meandri che non si passassero “di faccia” e ho avuto l’accortezza di cercare di strisciare sulla schiena nei passaggi più bassi; c’è da dire che anche prima della gravidanza non mi divertivo a sbattere l’addome su qualunque concrezione sporgesse dalla parete, quindi non è cambiato granché. Ho smesso di armare le cavità per diminuire il rischio di cadute o di movimenti che sollecitassero troppo gli addominali, ma ho continuato a disarmare quando mi sentivo a mio agio, peso dei sacchi permettendo.

L’imbrago ha iniziato a stringere a secondo trimestre inoltrato e sono stata molto felice di avere un modello confortevole con sottocoscia e cinghie larghe (Varonia II di MTDE, ma uso lo stesso da sempre, non l’ho cambiato per l’occasione). Una cosa che ha iniziato a darmi fastidio è stata portare la saccoccia alla cintura, che essendo attaccata sull’anca tirava sulla pancia; c’è da dire che ho la brutta abitudine di metterci un sacco di roba fra equipaggiamenti di emergenza e batterie di ricambio, quindi il minimo è stato togliere almeno il mezzo litro d’acqua abituale. Inoltre chi dice “allargare l’imbrago” dice anche “inizio dell’aumento di peso”, con muscoli che potrebbe non aver fatto in tempo ad adattarsi. A fine secondo trimestre mi sono spesso trovata a dover scegliere marce di avvicinamento brevi e pochi pozzi onde evitare di ritrovarmi a pezzi a fine giornata.

Nota più divertente: è il periodo in cui si iniziano ad avvertire i movimenti fetali. In grotta mi pareva di avere qualcuno che mi sgambettasse dentro all’imbrago e puntasse i piedi contro le cinghie…!

Grotte de la Duganelle, Causses (settimana 20 / 22 SA)
Aven de la Solitude, Var (settimana 23 / 25 SA)

Terzo trimestre: mi avevano avvertito che dal punto di vista speleo il terzo trimestre sarebbe stato difficile. Il problema numero uno è stato l’aumento di peso quasi repentino, senza che i muscoli si abituassero. Ricordo di essere rimasta sorpresa dalla velocità con cui la corda filava nel discensore, come se i 10 kg di più si fossero fatti sentire all’improvviso. Ormai le uscite speleo non hanno altro obiettivo se non mettere il naso sottoterra per pensare ad altro, fare più di un P20 sembra complicato. Ho dovuto abbandonare la mia tuta XS per metterne una del mio compagno, altrimenti non sarei riuscita a chiuderla.

Ho capito che era il momento di prendersi una pausa dalla speleologia alla trentunesima settimana, quando mi sono seduta nell’imbrago e ho sentito le ossa del bacino chiedere pietà sotto il peso della pancia ingombrante. Siccome non mi sentivo più a mio agio, ho detto basta, a malincuore. Forse se avessi avuto a disposizione delle grotte orizzontali facili non troppo lontano da casa avrei continuato ancora una settimana o due, ma i lunghi tragitti in macchina mi portavano un mal di schiena fastidiosissimo, quindi non è stato fattibile. Certo, il morale ne ha un po’ risentito.

Baume des mulots, Var (settimana 28 / 30 SA)

E poi? Ho partorito una bambina sana un po’ prima del termine, a 37 SA e quatre giorni. Sono stata fortunata e ho avuto un parto tutto sommato semplice. La speleologia mi ha aiutato a gestire mentalmente il travaglio: è un passaggio obbligato e sgradevole, ma tocca mettersi il cuore in pace, di lì bisogna passarci per tornare in superficie! Adesso, a quasi due settimane dal parto, fisicamente sto abbastanza bene, non so se sia merito dell’essere rimasta attiva o solo fortuna. La mia testa non desidera altro che poter rientrare nella tuta di prima, rimettere il casco e ributtarsi in un -200 con meandri, tuttavia credo toccherà andare per gradi e organizzarsi…

Lo ripeto ancora una volta: questo non è un post di raccomandazioni mediché né una sorta di pubblicità “la speleologia vi farà vivere la gravidanza in serenità”. E ancor meno una vanteria da WonderWoman sono-la-mejo: ho fatto quello che ho fatto perché me lo sentivo e perché mi faceva stare bene, ho detto stop quando sentivo il limite avvicinarsi, ho rinunciato forse a torto in alcune circostanze (ad esempio in un P30 di un solo tiro durante il secondo trimestre, forse potevo farlo). Per me è andata bene così, come per altre può andare bene appendere l’imbrago nell’armadio subito dopo il test di gravidanza o andare in grotta fino alla quarantesima settimana. Come dice l’arrampicatrice Caroline Ciavaldini nei due video “New life” e “Baby steps” (che mi hanno aiutato a comprendere e riflettere su alcuni aspetti), bisogna trovare un equilibrio fra essere felici ed essere egoisti.

P. S. Nelle foto sono sempre io, le ha fatte l’ormai ex-futuro-papà.

Spéléologie et grossesse

Pour une fois, je décide de traduire un post en français, au cas il puisse rendre service à d’autres femmes-spéléos…

J’avais commencé à chercher des infos sur le thème “spéléo et grossesse”, mais sans grands résultats. On sait que la communité spéléo est un peu fermée, les spéléo-femmes ne sont pas nombreuses, les spéléos-femmes enceintes sont encore plus rares. A l’exceptions des échanges avec peu d’autres personnes et quelques citations dans les comptes-rendus de sortie, la seule source que j’ai trouvé est un ancien forum anglais de 2008, hélas disparu de ces jours. Evidemment la biblio est bien plus vaste si on parle d’escalade: heuresement on peut piquer des bonnes idées, mais ce n’est quand même pas pareil (pour en citer un, la corde en escalade est un moyen de sécurité, en spéléo un moyen de progression). Donc je me suis dite “je pourrais raconter ma propre expérience”, elle pourrait peut-être aider quelques spéléo-femmes dans les mêmes conditions.

Avertissement: ce n’est peut-être pas nécessaire de le dire, mais ce récit n’a aucune volonté d’être une étude à caractère médicale et donc je ne veux pas donner de conseil en tel sens. Il s’agit de mon expérience personnelle, dans ma forme physique et pour cette grossesse en particulier (je préfère répéter que non seulement chaque femme est différente, mais chaque grossesse est différente). Deuxième point important: je n’ai pas décidé du jour au lendemain “allez, je vais tester la spéléo, je n’ai jamais fait!” dès que j’ai vu les deux lignes rouges sur le test de grossesse. Je fais de la spéléo depuis huit ans, j’ai fait plus de trois cents sorties et pas toujours dans le confort, je suis volontaire du Spéléo Secours Français. Je ne suis pas une professionnelle, mais je ne suis pas non plus une débutante qui a mis trois fois un baudrier. De plus j’ai appris la notion fondamentale de la spéléo, “savoir renoncer”, encore plus importante étant enceinte. Point bonus: j’ai l’avantage de faire de la spéléo avec le futur papa qui a toujours été très attentif à mes nécessités (parfois même trop…) et prêt à faire demi-tour au moindre signe d’inconfort. J’imagine qu’en pratiquant dans un groupe l’histoire pourrait être plus compliquée. Encore une chose: le français n’étant pas ma langue maternelle, il est possible qu’il y aura plein de fautes et de syntaxes bizarres.

Ceci dit, allons-y…

P41 Tonton Chat, Gouffre BB26, La Pierre Saint Martin

Premier trimestre: je suis tombée enceinte pendant le camp d’explo estivale et évidemment pendant les premières deux ou trois semaines je ne me suis aperçue de rien, j’ai continué mes sorties sans m’épargner des longues marches d’approche, des kits lourds, équiper des gouffres, encadrer les spéléos moins expérimentés.

Les problèmes ont commencé lors de la quatrième semaine et le retard du cycle, j’avais du mal à manger la plupart de choses que normalment j’aime, avec une acidité dans l’estomac très désagréable. Même si j’ai eu la chance de ne pas avoir à courir aux toilettes pour vomir toutes les heures, le manque de nourriture a engendré une fatigue qui, avec les hormones en furie, a rendu les sorties spéléo assez pénibles. De plus mon cerveau et mon corps n’étaient pas d’accord, je savais que j’aurais pu descendre ce P100 sans aucun problème, mais mon estomac n’arrivait pas à avaler une seule bouchée de sandwich au jambon, donc il était plus sage de laisser tomber.

Du point de vue psychologique j’avais peur que les mouvements de la remontée aux bloqueurs pouvait engendrer une fausse couche en décrochant l’embryon, mais il me semble que cette crainte ne soit pas réaliste. Pour les grimpeuses le vrai danger dans tel sens est la chute en tête: au contraire en remontant sur corde on ne tombe pas, on reste accroché. Le seul conseil que je peux donner est d’éviter de porter des kits de vingt kilos pendus aux fesses.

J’ai commencé à aller mieux vers la fin du premier trimestre (rassuré que ma grossesse n’était pas pathologique) et les sorties spéléo se sont mieux passées. Néanmoins la fatigue cumulée n’a pas disparu d’un coup, donc j’étais bien moins en forme par rapport à l’été. Le côté positif est que le corps commence à s’habituer un peu. Quelque chose que je ne m’attendais pas est le sein qui prend du volume, qui peut faire mal sous le torse, je me souviens que après chaque remontée il fallait le défaire rapidement car il devenait une torture, meme si mes seins ont toujours été minuscules.

Aven Souffleur, Saint Christol d’Albion (semaine 4 / 6 SA)
Scialet du Gampaloup, Vercors (semaine 12 / 14 SA)

Deuxième trimestre: j’en ai parlé avec d’autres spéléos, le deuxième trimestre est sans doute le moment meilleur. Les problèmes avec la nourriture se sont estompés, le passe de “embryon” à “foetus” me donnait l’idée de quelque chose plus solide, les hormones ont commencé à devenir ordinaires. Même si tous ces facteurs m’ont permis d’être plus à l’aise sous terre, je me suis retrouvée souvent essoufflée pendant les remontées et j’ai dû m’arrêter en route plusieurs fois. J’ai dû ralentir le rythme pour éviter d’être au bout du souffle, tout en me sentant nullissime car peu de temps auparavant je remontais dans les puits à fond la caisse avec un gros kit.

Pendant cette période le futur-papa m’a interdit de m’engager dans des étroitures qu’il jugeait trop sévères, même si mon ventre était encore invisible. J’ai arrêté de fréquenter les méandres où je ne passais pas “de face” et j’ai essayé de ramper sur les dos dans les boyaux; il faut dire que même avant la grossesse je ne m’amusais pas à taper mon abdomen sur les concretions, donc il n’y a pas eu de changements dramatiques. J’ai également arreté d’équiper les cavités pour limiter le risque de chutes ou de faux mouvements, mais j’ai continué à déséquiper quand je le sentais, tout en essayant de ne pas trop charger mon kit.

J’ai commencé à desserer mon baudrier après la moitié du deuxième trimestre et j’ai été très contente d’avoir choisi un modèle confortable avec des sangles bien larges (Varonia II chez MTDE, mais je l’ai depuis toujours). Le port du minikit de ceinture est devenu pénible car elle tirait sur le ventre; il faut dire que mon minikit a toujours été assez rempli avec accus de réchange et nécéssaire de survie, il a fallu donc retirer au moins le demi litre d’eau que je portais d’habitude. De plus, j’ai commencé à prendre du poids moi-même et mes muscles n’ont pas eu le temps de s’adapter. Vers la fin du deuxième trimestre j’ai dû choisir entre faire des longues marches d’approche ou des gouffres plus profonds pour éviter de me retrouver HS en fin de journée.

Petit côté drôle: c’est la péroide où j’ai commencé à sentir les mouvements du foetus. Sous terre j’avais l’impression de sentir gigoter dans le baudrier et qu’il y avait des pieds contre les sangles !

Grotte de la Duganelle, Causses (semaine 20 / 22 SA)
Aven de la Solitude, Var (semaine 23 / 25 SA)

Troisième trimestre: j’avais été prévenue que le moment aurait été difficile. Le pire a été la prise de poids du jour au lendemain, sur des muscles pas habitués. Je me souviens d’avoir été surprise de voir la corde filer dans le descendeur très vite, comme si les 10 kg de plus étaient apparus d’un coup. Désormais mes sorties spéléos n’avaient autre but que de m’aérer le cerveau, faire plus qu’un P20 était un défi. J’ai troqué ma combinaison XS avec une plus grande de mon compagnon, autrement je n’aurais pas réussi à la fermer.

J’ai compris que le moment était venu pour une spéléo-pause à la semaine 31, quand je me suis assise dans le baudrier et j’ai senti les os du bassin presque plier sous le poids du bide encombrant. Puisque je ne me sentais plus à l’aise, j’ai dit stop à contrecoeur. Peut-être si j’avais eu des grottes horizontales faciles pas trop loin de chez moi j’aurais continué encore une semaine ou deux, mais les longs trajets en voiture me donnaient mal au dos, donc pas question de faire de la route. C’est sur, le moral a été affecté.

Baume des mulots, Var (semaine 28 / 30 SA)

Et après? J’ai accouché d’une petite fille un peu avant le terme, à 37 SA et quatre jours. J’ai eu de la chance car mon accouchement a été très simple. La spéléo m’a aidé à gérer le côté psychologique du travail: c’est un passage obligé, ce n’est pas agréable, mais pour en sortir il faut passer par là! Maintenant, deux semaines après, mon corps va assez bien, je ne sais pas si c’est parce que j’ai gardé une activité sportive ou si c’est la chance. Mon cerveau ne veut que rentrer à nouveau dans mon ancienne combinaison, remettre le casque et faire un -200 avec un bon méandre, mais il faudra patienter…

Je le répète encore une fois : ce post ne contient pas de recommandations médicales et il n’est pas non plus une pub du genre “la spéléo permet d’avoir une super-grossesse!”. Et je ne veux pas faire passer un message “je-suis-la-meilleure” : j’ai fait ce que j’ai fait car je le sentais bien et car la spéléo me faisait mieux vivre mon état, j’ai arrêté quand la limite a approché, j’ai renoncé plusieurs fois peut-être à tort (comme dans un P30 d’un jet pendant le deuxième trimestre, j’aurais peut-être pu le faire). J’ai fait ce qui était bon pour moi, une autre femme peut décider de ranger le baudrier dès le test de grossesse postifi ou aller à -300 jusqu’à la 40ème semaine. Comme dit la grimpeuse professionnelle Caroline Ciavaldini dans les vidéos “New life” et “Baby steps” (qui m’ont fait réfléchir à pas mal de choses) il faut trouver un équilibre entre être heureux et être égoiste.

Et oui, dans les photos c’est moi, le photographe étant le désormais ex-futur-papa.

Atto III: il tunnel spaziotemporale

Atto II: l’ospedale di Silent Hill

Koris è vestita con qualcosa che non è una camicia da notte con tetta ad estrazione rapida e le sembra impossibile. Assomiglia in maniera vaga a un essere umano, ma sta andando a casa e poco importa. L’Aliena viene assicurata nel marsupio, con grande sgomento di Koris che avrebbe voluto fare una prova prima e invece niente, ci si lancia così, senza rete, senza backup; del resto il passeggino per le strade marsigliesi non è un’opzione. ‘thieu si carica i sacchi fatti a caso in spalla, nella speranza di non dimenticare niente, un po’ come all’andata.

I corridoi dell’ospedale diventano all’improvviso luminosi, come se la maledizione notturna fosse stata spezzata. Koris vaga in trance perché da quelle parti non è mai passata, confinata com’era nei nove metri della sua camera. Allo stesso tempo è terrorizzata che spunti qualcuno a darle della madre degenere per aver maruspiato un’Alienottola formato tascabile, o perché non la sta portando bene o vai a sapere perché. Ma non la ferma nessuno.

E poi si aprono le porte del padiglione B, con l’uscita della maternità. Koris riconosce le voci che sentiva dalla sua camera, c’è qualcuno che si aggira per i cortili interni, passa qualche macchina, rumori ordinari che sembrano all’improvviso strani. Qualche passo incerto all’aria aperta fino ai cancelli, alla barriera per le macchina e infine l’uscita.

È una bella giornata, di quelle classiche marsigliesi con il sole che splende e un filo di vento che colora il cielo di azzurro. Nella via passa al semaforo rosso un motorino con la marmitta scassata che riporta alla realtà cittadina. Sul boulevard al fondo gli alberi hanno messo le chiome brillanti perché sì, è proprio primavera. Tutto è come al solito.

Solo che no, niente è come al solito. Koris ha l’impressione di trovarsi in una puntata di un telefilm di fantascienza in cui i protagonisti si ritrovano catapultati in una linea temporale alternativa e sono gli unici a rendersene conto. Oppure di essere stati frullati in un tunnel spaziotemporale che li ha proiettati in un futuro distopico di trent’anni dopo. I luoghi sono familiari, i suoni sono familiari e nello stesso tempo tutto è fuori posto.

Koris conosce quella strada, l’ha fatta più volte per recarsi ai controlli (e proprio un anno prima l’ha percorsa con tutt’altra diagnosi e tutt’altri auspici), eppure le sembra di percorrerla per la prima volta. Non ha più il peso della pancia che tira il bacino verso il basso, non sente più qualcosa che le comprime le costole, non sente la necessità di accorciare i passi: ha il suo corpo abituale, o almeno una buona approssimazione. Però c’è l’Aliena nel marsupio che al momento dorme e che cambia tutto. Si tratta del Koris-corpo di prima, ma non della vita di prima.

Koris continua a fermarsi ogni tre passi, ma non perché abbia il respiro corto da gestante, quanto per controllare che Alienottola infagottata lì dentro non stia soffocando. E anche per riprendere fiato all’idea che, da lì in poi, sarà tutto diverso. La parentesi dell’ospedale di Silent Hill pare essere durata un’eternità, la gravidanza è stata una sorta di sogno in uno stato sospeso e adesso… già, e adesso? Non è un pensiero triste, è un pensiero che scombussola, è quel lettino nella stanza in più che sembrava una presenza così remota ed estranea. E che ora è una realtà che non si cancella.

Arrivata in quel lettino mai visto prima, Aliena piangerà per un’ora filata senza che Koris e ‘thieu sappiano bene cosa fare. Poi si calma e sembra abituarsi. Non resta che abituarsi tutti.

Inghiottiti dal gorgo, ma è giusto così
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