Ci sono posti che nonostante il passare degli anni hanno conservato un ricordo impresso nella pietra, per quanto insignificante fosse parso sul momento. Una giornataccia che pareva scivolata via nel fluire del tempo e che invece è rimasta lì ad aleggiare. Come un save-point mal fatto giusto prima del disastro.
Koris non sapeva di aver lasciato un save-point alla Sainte Victoire. Non in maniera conscia, in realtà è un posto che le è sempre piaciuto. Non pensava che lo spirito di una giornataccia fosse rimasto lì a serpeggiare fra il calcare, una sorta di fantasma non placato e in attesa di rifarsi vivo. Che poi, a dirla tutta, è una di quelle giornate che sono state poste sotto sigillo dallo Cthulhu cerebrale di Koris, nella cripta dei ricordi che è meglio che stiano lì, in eterno.
Però esistono. Ed escono. Questo è uscito dal nulla, provocato da nient’altro che da un trio di arrampicatori che parte a fare una via lunga nel settore si Saint Ser. Non si configura come un ricordo, piuttosto come un pensiero fugace: “ecco, se mi fossi impegnata un po’ qualche anno fa magari ci sarei riuscita anch’io”. È una considerazione come tante, però funge da appiglio perché il ricordo risalga dal pozzo di Cthulhu.
Chiamalo malumore, chiamalo qualcosa che stona. Perché in questo punto, il tempo si divide. Ci sono gli altri, che vivono una giornata di marzo del 2020. E poi c’è Koris, che è lì di persona ma non di spirito. Lo spirito sta aleggiando sempre in quei luoghi, ma in un altro tempo.
C’è voluto un po’ per capire da dove venisse il problema. La sensazione di disagio, insomma, il prurito spirituale che ammantava tutto di una patina grigia. Il ricordo rigurgitato dal pozzo, per farla breve.
Era un 11 novembre del 2013, un giorno di festa in cui si era fatto ponte. Il SonnoDellaRagione, che aveva da poco detto a Koris “fra tre mesi ti lascio, ma nel frattempo possiamo restare assieme” (n.d.K. non iniziate coi commenti a base di “io lo avrei sfanculato subito, altro che tre mesi!” perché in quella situazione non ci eravate voi, thanks, little thanks and thanks to the dick), era fuggito a coccolare l’orto nelle paterne terre di VunciumeLandia. Una coppia di amici suoi, aspiranti indipendentisti contadini crudivori survivalisti e vattelapeschisti, gli aveva proposto di tornare un giorno prima e trovarsi per arrampicare alla Sainte Victoire. Il SonnoDellaRagione, bontà sua, fece partecipare anche Koris, probabilmente perché arrampicare in tre è noioso e gli serviva qualcuno che gli facesse sicura. Koris all’epoca non era ancora iscritta al Club Alpino ed era andata giusto qualche tempo prima ad arrampicare alla Sainte Victoire con gente letteralmente trovata su internet, le era tutto sommato piaciuto. Disse di sì.
Koris partì da Marsiglia carica di corde e ammennicoli perché il SonnoDellaRagione si portava dietro solo lo scarno culo. Partì in treno per Aix, in un viaggio della speranza perché da Marsiglia a Aix si va in bus, in treno sono circa trenta chilometri fatti a passo d’uomo per un euro a chilometro. L’orario convenuto era le nove e mezza. Gli amici in questione arrivarono alle dieci e mezza perché LOL, si erano dimenticati e ricordati all’ultimo. A Koris già giravano a raffica, ma voleva arrampicare.
Dopo aver fatto il grigri su zampe al SonnoDellaRagione, Koris aveva chiesto di provare una via lei, una via con un passo a strapiombo, ma se la sentiva. Solo che quello strapiombo, per essere passato, aveva richiesto una buona dose di ingiurie, parolacce e altre cose simili. C’era voluto un movimento fluido di piedi e bacino per arrivare al di là dell’ostacolo, un attimo di soddisfazione che a Koris era parso eterno.
Poi il volo. Perché il SonnoDellaRagione si rompeva troppo le scatole a fare sicura a Koris, non guardava mai, andava a sensazione. Anziché darle corda perché continuasse, tirò. Gli appigli di Koris non erano quel che si definisce impeccabili, i piedi scivolarono via. Koris si ritrovò al di sotto dello strapiombo, terrorizzata, incapace di continuare.
“Oh, che ne so io,” si giustificò il SonnoDellaRagione, impermeabile a qualunque responsabilità “ci stavi mettendo una vita, credevo stessi scivolando. Se proprio ci tieni, ricomincia.”
Certo, come no, facilissimo. Koris ci provò a fare buon viso a pessimo gioco, ma ormai la giornata era andata. Del resto, arrampicare con uno che ti fa sicura a cazzo di cane non è piacevole, aggiunge l’adrenalina di troppo a una situazione già scoppiettante.
Verso fine giornata, quando il sole ad ovest colorava d’oro le falesie, Koris aveva proposto al SonnoDellaRagione una via in 6a che aveva abbozzato la volta precedente, arrivando a metà. Il SonnoDellaRagione ci provò, arrivò in cima e commentò:
“Certo, sei riuscita a fare solo la parte facile. Ma se riesci solo ad arrampicare così male, tanto vale che smetti”
Questa cosa del “tanto vale che smetti” è sempre rimasta dentro Koris come una freccia mai estratta. E si fa ancora viva, di tanto in tanto, nonostante tutti i “ti piace? E allora basta, lo fai perché ti piace, non perché devi eccellere” di ‘thieu.
Ora, Koris non sa se c’è un esorcismo, un rituale Chud o un talismano portafortuna che permetta di fare pace con la memoria dei luoghi, soprattutto qualora ne spuntino altri dal pozzo di Cthulhu, che magari è caduto in prescrizione, vai a sapere. Se avete idee, sono sempre ben accette.