Archivi categoria: friends

MisantropAnsia

Il livello di misantropia di Koris ha raggiunto quello che pare un punto di non ritorno: Koris detesta un’ottima parte del genere umano. Cosa che potrebbe non essere una novità, ma negli ultimi tempi il sentimento è andato fuori controllo. Koris non sopporta i cavalcatori di monopattini elettrici che inforcano i marciapiedi come fossero a Indianapolis, chi si piazza davanti alle porte della metro anche se non è la sua fermata e non si smuove perché troppo occupato a battere il record a Candy Crush, la vecchia che in nome della sua età decrepita salta la fila dal panettiere o dal fruttarolo, i genitori che portano i figli col suv fino in classe generando ingorghi sonori alle otto del mattino (pregevoli mentre si cerca un briciolo di motivazione per lavorare da casa), il Marsigliese medio che diffonde musica di dubbio gusto dalle casse bluethoot (invenzione per cui qualcuno pagherà caro), i colleghi che socializzano al kaffééééé ridendo a volume smodato anche perché risus abundat in ore stultorum (Koris in modalità Jorge da Burgos). Ci sarebbe anche da dire che con la ripresa epidemica che fa cucù il popolo sprovvisto di mascherina non è un piacere da affrontare, ma ormai nessuno parla più del coviddi, è così 2020, ormai vanno di moda la sobrietà energetica e la guerra termonucleare.

Categoria a parte con un odio molto specifico: i corrieri allevati dai cercopitechi di palude. Era venerdì quando lo smartphogn di Koris ha suonato con numero sconosciuto.
“Senta, sono il corriere, devo consegnare un pacco, lei è a casa?”
Koris era in laboratorio a millemila chilometri e soprattutto non aspettava nessun pacco. Poi chi sarebbe il corriere? Il Corriere per antonomasia? L’idea platonica del corriere? L’Unico Vero Corriere? Non Avrai Altro Corriere All’Infuori Di Me?
“No, non sono a casa, ma non ho ordinato nulla, potrebbe dirmi da parte di chi…”
“Vabbè, au revoir, madame”
E butta giù. Koris, da persona che non sa nemmeno cosa sia la serenità, ha subito prospettato un fosco scenario in cui la Banda Bassotti stava scassinando la porta di casa per rapire Arael il gheming leptop, ma soprattutto gli ammennicoli fotografici di ‘thieu. Interpellati i Maiores qualora avessero fatto una sorpresa: nulla. Fra uno scompenso mentale e l’altro, Koris ha scoperto che non si trattava di una truffa bensì di Celia che inviava biscotti di contrabbando. Allarme rientrato, momento di scorno perché una cosa bella e piacevole è stata trasformata in un momento di ansia gratuita per colpa di un buzzurro.

Oggi Capo Giuseppi ha indetto la prima vera riunione di laboratorio da quando Koris ha avuto la pessima idea di mettere piede qui dentro. Nessuno sa bene cosa aspettarsi, l’ordine del giorno è un generico “decidere le magnifiche sorti progressive del laboratorio”, farcito delle paroline alla moda che nelle alte sfere usano come procedura autoerotica. Koris deve ammettere che il suo contributo potrebbe riassumersi in un nandomartellonico “Esticazzi?”; l’interesse che le suscitano le sue mansioni continua a rasentare lo zero assoluto, tutto è vago, per stanare le informazioni bisogna risolvere indovinelli perversi, non c’è mezzo obiettivo definito e la vera motivazione per arrivare a fine giornata è lo stipendio a fine mese. Ogni giorno Koris si stramaledice per non aver mandato il fottuto cv per tornare a Neutroland. Ma fra un po’ più di un anno e dieci mesi potrà chiedere trasferimento e non avrà alcuna remora in merito.

Per il resto non si va in grotta perché non ci sono energie e perché il tempo si imputridisce appena si appropinqua il sabato all’orizzonte. Koris è piuttosto scoglionata perché fino ad agosto aveva un programma autunnale formidabile: infilare una serie di -200 a ruota, puntata a -400 all’Aven Autrans, uscite con armo minimalista, frittatona di cipolle, tifo indiavolato e rutto libero. E invece nulla, per adesso non s’è fatto granché. Fa schifo essere adulti.

In tutto ciò è tornata l’insonnia due notti su tre e Koris si ritrova programmata per il fuso orario un po’ delle Isola Tuvalu, un po’ Puerto Natales. Fatto sta che non ha mai né sonno né fame in momenti compatibili con la vita marsigliese e ancor meno con quella lavorativa. Poi un giorno scopriremo perché Monsieur Mescouilles può stare a casa due mesi in virtù di una temibile unghia incarnita, o perché Madame Fessechaude ha diritto a uno smartworking straordinario per via del suo ginocchio sensibile all’umidità, ma invece l’insonnia è colpa tua, devi solo andare a dormire prima, farti una tisana, yoga, mindfullness, soft breathing, hard bestemming. Tanto si sa, sono tutti maestri zen con le ansie degli altri.

Visione artistica del corrirere troppo occupato per dare informazioni al telefono

Final Fantasy Tactics: la fine di un’era

Final Fantasy Tactics è un videogioco classe 1997 (non facciamo commenti al riguardo) rilasciato dalla Square per Play Station, di genere strategico. Arrivò nelle mani di Koris e Orso quando il terzo millennio sembrava ancora carico di promesse, sotto forma di gioco diversamente originale, perché erano “quegli anni lì”. Koris e Orso ci giocarono fino ad arenarsi alla fine del terzo capitolo su quattro, nella battaglia contro il maledetto Wiegraf. Poi arrivò la Play Station 2 e il gioco cadde nel dimenticatoio, soprattutto perché le memory card della vecchia Play Station erano illeggibili e si doveva ricominciare il gioco da capo. Ci sono cose che non sono destinate a compiersi.

Era il 2008, un non proprio allegrissimo mese di dicembre, quando l’emulatore per Play Station si mise a funzionare sul macbook Trillian. Koris aveva una copia di Final Fantasy Tactics caduta per caso dal dorso di un mulo (e chi vuol capire capisca); ne seguì un certo numero di serate a insultare il protagonista assieme a Junior, a cui poi si unì il Mathematicus, circa un paio di giorni dopo aver sbottato “questo gioco fa schifo!”. I tre si organizzavano in serate giustificate al resto della comunità collegiale come “cose a tre” e andarono parecchio avanti. Fino ad arenarsi al solito scoglio, sempre lui, sempre Wiegraf. A onor del vero c’è da dire che una sera, in una folle giocata a due Koris- Mathematicus, quest’ultimo fomentatissimo, Wiegraf venne battuto. Tuttavia Koris poi dovette laurearsi e del save game si persero le tracce.

Koris ha ricominciato Final Fantasy Tactics qualche anno fa, perché il gioco aveva il pregio di potersi emulare su computer non proprio performanti quanto a scheda grafica e di non necessitare il joypad, accontentandosi dei riflessi da bradipo sulla tastiera. Ci sono state tante vicissitudini che hanno rallentato le operazioni, fra cui un farming intenso dei personaggi e un bios che per un bel pezzo non voleva emularsi, facendo temere a Koris di aver di nuovo perso tutto. Insomma, com’è e come non è si arriva ai vari confinamenti del 2020 con una squadra di livello smodato e pronta ad uccidere. Squadra allenata spesso in tandem Whatsapp con Junior, che ha coniato lo slogan “Wiegraf, ti devi cacare sotto!”. E così è stato: Wiegraf è stato macinato una volta per tutte e i suoi pixel inviati nel cimitero dei cattivi informatici.

E oggi, dopo quattro capitoli, tante parolacce e un bel po’ di divertimento, Koris ha visto la parola “the end” su Final Fantasy Tactics. Anche se il gioco finisce malissimo e non c’è l’happy ending, col protagonista intrappolato all’inferno (ma siccome abbiamo battuto l’Angelo della morte in un turno, ora l’inferno è nostro, andiamo a comandare!) e tutti i vivi che si trucidano male nella scena post credits. Anche questa, a suo modo è un po’ una fine di un’era. Un videogioco che ti ha accompagnato per anni, insegnandoti che se la vita ti prende a ceffoni, tu sali di livello e poi restituisciglieli con gli interessi, se possibile anche rubandogli l’equipaggiamento.

E sì, questo un post nerd e alquanto stupido, ma tant’è, in questi tempi non sempre facili ci si arrangia come si può.

Ciao, Final Fantasy Tactics, grazie di averci insegnato che non esistono battaglie impossibili, basta farmare abbastanza e arrivarci in power player

What if, un salto di dieci anni

Oggi, 34 marzo, Koris non ha molta voglia di parlare del presente. Tanto meno di parlare del futuro, su cui grava un’ipoteca di improbabili promesse e speranze (“appena finisce il confinamento faccio/vado/mangio…”). Koris però si è immaginata come sarebbe andato se questo gigantesco casino del vairus fosse scoppiato non ora, ma dieci anni fa.

Dieci anni fa Koris era una studentessa universitaria all’ultimissimo anno di fisica, con tesi in fieri. Ma soprattutto Koris viveva in Collegio con quelle che venivano spacciate per le menti brillanti dell’ateneo (e alcune lo erano davvero, poi c’era Koris ad abbassare la media). Questa sistemazione aveva fatto nascere meccaniche degne di studi antropologici quando non etologici, cameratismo, solidarietà, parecchia cazzimma, mors tua vita mea, parassitismo, opportunismo, simbiosi, grandi amicizie e quant’altro. Se fossero tutti restati confinati a causa del vairus nei loro monolocali condivisi a due a due, ci sarebbe stato cibo per almeno una decina di reality.

Il Molesto B., fisico-biotecnologo-qualcosa (un personaggio alquanto improponibile con un debole per le Cinesi e non andiamo oltre che se no diventa subito un horror) sostiene di aver trovato un vaccino per il vairus. Lo scrive più volte al giorno in mailing list facendosi linciare informaticamente (e non solo) ogni volta. Chiede a Koris di testarlo, convintosi che Koris studi medicina; Koris lo manda a cagare. Il Molesto B. perde il vaccino cucinando il Sabbione, un’orribile sbobba a suo dire cinese, una broda di acqua calda in cui galleggiavano spaghetti crudi, uova crude, spezie, un dado da brodo solido e altre cose di cui non vogliamo ricordarci (s’è già detto che è un personaggio improponibile?).

Flu, studentessa di medicina per davvero, prende la palla al balzo per fare bioterrorismo ai compagni di Collegio.

Il Mathematicus fa se stesso. Oscilla fra il “cazzomene del vairus” e l’ipocondria. Dà gli esami online ripetendo ossessivamente “domani buco”, perché certe cose non cambiano nemmeno nella finzione letteraria.

B. e Z., in camera assieme, sfogano i loro ormoni nell’intimità del domicilio facendo finta di niente e continuando a sfoggiare eterismo altrove. Per il resto mangiano. Del resto è rimasta impressa la frase “non so se ho più voglia di un pompino o di pane e nutella”.

Nami, anche in circostanze avverse, assicura al Collegio la sua quota di kawaii.

Nick si propone di risollevare gli animi facendo un risotto. Ora, i risotti di Nick iniziavano e si dilatavano a dismisura nei tempi, di cottura e non. Imperi sono sorti e tramontati nel tempo di preparazione di un risotto di Nick. È quindi plausibile che nel tempo della pandemia Nick riesca a portare a termine un solo risotto, appena appena cotto.

Il Pres propone un cineforum porno con grandi classici come “Biancaneve sotto i nani”. Si lamenta dell’assenza di una pizza decente, anzi, di una Pizza.

Qualcuno propone un cineforum serio, Koris e Junior lo snobbano e lo sotterrano con un’ondata di film trash. Grande successo di pubblico per quest’ultimo.

Mitch scarica “the_internet.zip”. Interrogato sul soggetto dai gestori della rete, si giustifica dicendo che erano distribuzioni di Linux.

Koris dà di matto perché a ottobre si deve laureare e deve lavorare alla tesi. Koris dà sempre di matto in tutti i possibili universi. Nel mentre picchia il Moltesto B. e gira enormi padellate di pasta, che quella è la sua vera skill segreta.

Sophia, la Koris-compagna di stanza, trova la vera cura per il vairus, in un barattolo di fagioli scaduti nel 2002. Sophia è una geniale biotecnologa e fan del cibo scaduto, ovvero come conquistare il mondo a colpi di gastrite.

Gecko vive la pandemia barricato in camera, chiuso dentro il suo sacco a pelo. Tanto Faithful si è ritirato in seno alla famiglia. Faithful l’insopportabile, per inciso, era originario dell’epicentro pandemico italico, solo una coincidenza? Noi di Voyager pensiamo di no.

Gweedo corregge l’ortografia e la dizione nei discorsi di Conte, ogni tanto tedia in giro, cerca di uccidere il vairus a colpi di azoto liquido.

Il direttore del Collegio, soprannominato già in tempi normali Gollum, dà istruzioni contraddittorie e in linea di massima tutti se ne fregano perché il Collegio è, da anni, sotto la dittatura rossa del Bailorg.

P.S. Questo post è una private joke fra vecchi sodali, ma anche sticazzi.

P.P.S. È anche colpa di Junior, questo post.

Distruzioni

 

Per te, Francia, il confinamento continua. Altre due settimane. Ma i Marsigliesi se ne fottono e vanno a passaggio lo stesso, cosa che fa incazzare Koris come una iena. Cosi si mette a urlare “ma allora andiamo a fare speleo, e che siamo, i più fregnoni?”. Poi non ci vanno perché sì, sono i più fregnoni.

La distruzione sistematica del salotto continua. Si è arrivati a due pareti su quattro, le due più rognose. Oggi si sposta la libreria come esercizio d work-out estremo. Poi vedremo se la legge di Murphy darà i suoi frutti e il vairus sparirà dalla faccia della terra, lasciando un salotto mezzo bianco e mezzo azzurro, con una libreria nel mezzo.

L’umore di Koris non è sempre ottimo e ogni tanto si ritrova al fondo di abissi piuttosto profondi e poco speleo. L’ottimismo non è mai stato il suo forte, per tempi di confinamento ancora meno. Koris ha come l’impressione che il vairus le abbia definitivamente fottuto la sua già agonizzante carriera, ma pazienza, s’è capito che nessuno ne uscirà indenne, chi più chi meno.

‘thieu vive un dramma tricotico. Koris lo aspetta al varco per fargli i codini.

Nel mentre una delle non moltissime ancore di salvezza resta “Call of Cthulhu”, dove ormai si sta smantellando la sanità mentale. Anzi, quella di Iset è già smantellata, il suo personaggio va in giro a leccare arcobaleni. Ma almeno, mentre i Grandi Antichi ti portano alla follia, non pensi al mondo reale. Che in questi giorni è sano e saggio guardare solo dalla finestra.

Alla ricerca di buone notizie

È ricomparsa la carta igienica nei supermercati. Sarà poca cosa, forse la gente ha capito che non serve svaligiare le corsie e che non c’è rischio di carestia. O forse ci sono appartamenti pieni di carta da culo. Misteri dell’epidemia.

Si è scoperto che i muri della casa di ‘thieu non seguono una geometria euclidea. Per farla breve, non sono dritti. Ciò rende assai complicato incollare la carta da pitturare, complici degli angoli arrotondati. Non è proprio una buona notizia, sembra di vivere ne “I sogni nella casa stregata“, ma visto che Lovecraft è l’insegna di questo confinamento, ben vengano i paradossi geometrici. Il prossimo rotolo lo compriamo a geometria parabolica.

Martin, confinato pure lui al di là dell’oceano, pare stia finalmente lavorando al fottutissimo libro. Momento di giubilo per Koris e Junior. Poi Orso ha fatto notare che probabilmente tirerà le cuoia mentre scrive il finale. Segue il solito necessario fat shaming a Martin.

Koris è riuscita a fare una piazza non disgustosa e con una pasta che non sia un blob disseccato. Bastava cambiare la farina.

Pare che Orso faccia tinte improponibili a coinquilini confinati. Peccato non essere lì.

Koris ha stanato un video di Barbero che, oltre che di storia, parla anche di cibo. E finisce con “io vorrei anche andare a buttare la pasta, che ho fatto il pesto”. Raddrizza le giornate storte (ma non i muri non-euclidei).

Iset fa le gocciole a mano, quando non perde punti sanità mentale.

Varie ed eventuali.

Al prossimo episodio, cerchiamo di dare le brutte notizie in modo gradevole.

Socialità (inde)fessa

Non è il miglior momento per essere socievoli. Non è il miglior momento per un sacco di cose, anche se per un tizio marsigliese sembrava il miglior momento per portare a spasso il suo boa da compagnia (giuro!). In fondo perché no, in questo scenario bizzarro un boa al guinzaglio che serpeggia per la spiaggia non è poi così fuori luogo.

Non si può dire che Koris sia da annoverare fra gli individui più socievoli del pianeta. Tuttavia, il confinamento pare avvicinare gli animi, nonostante Koris si sia allontanata dai social propriamente detti onde evitare di essere sommersa da uno tsunami di cacca ad ogni apertura di Facebook o Twitter. Che di cattive notizie se ne leggono già abbastanza sui giornali, almeno evitiamo il panico da social-massa.

In compenso ora Wazzappo unisce i popoli e fioriscono gruppi più o meno seri da ogni parte. Al di là delle frontiere chiuse, al di là degli oceani. Messaggio di fraternità anche se non sempre seria.

C’è il gruppo di famiglia, che esisteva già da prima ma ora si è intensificato. L’Amperodattilo manda foto di piatti, di fiori sul terrazzo, di U Babbu appeso a una scala mentre spolvera una libreria. Sono vivi e lottano insieme a noi, anche se chiusi in casa da tempo immemore. Orso ogni tanto invia foto di uova in camicia, che forse a Londra sono rimaste solo quelle, quando a Marseille non se ne trovano più.

Iset ha avuto l’idea del secolo e ha lanciato la grande idea della mini-campagna di Call of Cthulhu. Cosa c’è di meglio che perdere punti sanità mentale in una situazione che mette già a dura prova l’equilibrio psichico? Vi presentiamo il gruppo “Saranno Chtulhosi”, di cui non sopravvivrà nessuno, ma se no dov’è il divertimento? Nyarlathothep, salvaci tu.

Nato con nobili ragioni, e soprattutto perché il webmail non era preparato ad avere l’intero istituto in telelavoro, c’è il gruppo di Neutronland. Ora, la sua prossimità al gruppo “Saranno Chtulhosi” potrebbe far sì che messaggi destinati all’uno arrivino all’altro. Per fortuna non parlano la stessa lingua. La serietà del gruppo si è degradata in meno di 24 ore, quando alcuni eminenti colleghi hanno iniziato a evocare la possibilità di fare la cacca nei boschi in caso di carestia di carta igienica. Sarà un periodo difficilissimo.

Junior è un hipster del confinamento ed era già confinato before it was cool, insegna a tutti come sopravvivere da veri hikkikkomori. Grazie, Junior-sensei!

Celia è stata ormai dichiarata coinquilina virtuale. E anche J, quando gli orari americani permettono di ritrovarsi tutte assieme. Non è escluso che si ritrovino per un gruppo yoga in triangolazione fra Francia, Italia e Iuessei.

Pare che ‘thieu, per non essere da meno per cotanta socialità internettiana, voglia prendere lezioni di fagotto via Skype. Fagotto rinascimentale via Skype. Il livello sublime dell’ossimoro.

Ah, se solo ci fosse ancora il buon vecchio Messenger in quest’epoca buia…

St(r)age speleo

Giorni fa Koris ha commesso l’esiziale errore di iscriversi a uno stage di speleologia nel vicino dipartimento del Vaucluse, dove gli speleologi sono gente seria e agli stage ti spaccano le reni. Il secondo errore esiziale è stato dirlo a ‘thieu. È quindi cominciato un tira e molla infinito a base di “non vado”, “la logisitica è complicata”, “ci devo andare da sola e non so guidare”, “mi hanno messo in un gruppo di livello smodato, muoio” da una parte e un più monotono “ma no, vai, puoi solo imparare cose” dall’altra. Poi Koris ha notato che fra le iscritte c’era la sua QuasiOmonima nonché angelo custode e si è decisa ad andare. Certa che sarebbe finita malissimo.

All’andata in auto c’era solo da andare fieri di se stessi. In compagnia di Barbero che dall’autoradio parlava di banchieri, Koris ha superato indenne le strade buie nel mezzo del nulla del Luberon, ha fatto la spesa per il suo sostentamento minimo a Apt ed è arrivata in anticipo sulla tabella di marcia ai quattro gloriosi gradi del plateau di Albion. Ha persino trovato parcheggio senza a) frantumare la macchina arancione di ‘thieu b) dover percorrere sedici chilometri a piedi.

All’ostello è stata accolta dalla speleologa in capo, soprannominata LaCamionista, una donna dall’aspetto di una massaia e dal piglio di un generale prussiano di pessimo umore. Koris era l’una allieva presente, ciò nonostante è stata messa d’ufficio a preparare la non-meglio-identificata-zuppa per l’indomani assieme agli altri speleo-capi. A sentirli parlare fra loro di gente che si frantuma piedi a -400 uscendo con le proprie forze, bivacchi in Laos e pozzi senza fondo risaliti a mani nude, Koris era sempre più certa che non sarebbe sopravvissuta o, nel migliore dei casi, avrebbe fatto una figura di cacca. Ciò ha generato una notte quasi insonne in un unico castello occupato in una camerata da sei che ricordava molto Full Metal Jacket.

L’indomani sono arrivate anche le altre speleo allieve, in maggioranza donne, cosa quasi mai vista prima, ora prendiamo gli speleologi maschi in minoranza e li facciamo pisciare seduti. Dopo colazione, LaCamionista ha annunciato che si sarebbe presa cura dei tre bimbetti presenti (non per mangiarli, strano), mentre gli altri avrebbero pescato a caso la grotta in cui avrebbero armato pozzi fino alle sei di sera e cazzi loro se non uscivano in tempo.

Koris, in una perfetta imitazione di Harry Potter allo Smistamento, ha scelto il suo bigliettino ripetendo fra sé e sé “non Autrans, per piacere, non Autrans, non Autrans!”. Perché Autrans ha i pozzi grossi e cattivi e anche se sono facili da armare no, proprio no, non è cosa.

Koris ha aperto il suo biglietto.
“Bourinet”
Ah, pfiu, allora scialla, tuttapposto. Per altro anche la QuasiOmonima aveva tirato lo stesso, quindi squadra femmina, supervisore zen e uscita in scioltezza. Illuse.

Dopo aver girato come la merda nei tubi non poco per trovare la grotta, perché la descrizione era vecchia di sei secoli, il Bourinet ha accolto i tre con un orifizio di una larghezza alquanto relativa. Boh, magari si sarebbe allargato dopo (spoiler: no). La QuasiOmonima ha iniziato ad armare, Koris-fancazzista si è detta che forse, se la tiravano per le lunghe, non avrebbe finito il sacco di corda in tempo e Koris non avrebbe dovuto scendere su corde armate da se medesima.

“No, no, tanto ci si può scambiare, fate un pozzo per una e vi scambiate il sacco”

“Poteva andare peggio, poteva essere largo” si è ripetuta Koris mentre faceva contorsioni sulla calcite per passare e spremendosi le meningi per piazzare cinghie, fix, moshettoni e quant’altro nel poco che offriva la grotta. Arrivata a uno slargo (molto relativo), KorisBuonOcchio si è resa conto che dopo una strettoia c’era un pozzo più largo. Ha quindi atteso l’arrivo del supervisore con un sorrisone da chi stava per rifilare un bidone.

“Che fai qui?”
“Aspetto la QuasiOmonima per darle il sacco e passare davanti”
“No, no, vai pure.”
“Ma poi si annoia…”
“Vai avanti”
“Maaaaa…”
“Vai, su!”

Koris non si sbagliava, c’era effettivamente un pozzo più largo del resto. Con un’eventuale continuazione attraversando il pozzo volando, ma Koris non ci ha voluto credere. Con molti sforzi di volontà, molta persuasione da parte del supervisore e molte maledizioni a ‘thieu in quanto assente (a cosa serve avere un principe azzurro se non viene nel momento del bisogno, signora mia, che tempi!), Koris è riuscita ad armare il pozzo e a scendere. Scesi dieci metri, qualcosa non quadrava, niente era evidente, il pozzo non suonava giusto.

“Non lo so, ho come l’impressione di non essere nel posto giusto…”
“Infatti, ti ho lasciato scendere perché era pedagogico”
“Ah”
“Infatti il pozzo è da attraversare”
“Merda!”
“Hai già armato un corrimano aereo?”
“No, me ne sono sempre ben guardata”
“Ah, vabbè, sarà la prima volta, allora”

Koris non vuole sapere come ha fatto. Però ha fatto. Al netto del terrore, ma ha fatto. Era abbastanza affamata (“facciamo come se fossimo in esplorazione, niente pausa pic-nic e mangiucchiamo ogni tanto”) e fiera di se stessa quando le è piovuto un pezzo di silice su una spalla, dall’alto del pozzo. Che ha preso l’imbrago e la parte più imbottita della tuta, quindi non ha fatto danni. Solo non è proprio da inserire nella top ten degli speleo-momenti.

Il disarmo e l’uscita si sono risolti con una collezioni di lividi nei passaggi diversamente larghi del Bourinet. C’è stata anche un’esercitazione di salvataggio su corda, quell’esercizio un po’ porno di cui tutti gli speleologi passano momenti di intimità a gambe annodate. All’uscita il supervisore ha commentato.

“Si vede che sei abituata ad uscire con gente più esperta di te. Però sai fare, ora è il tuo turno di passare davanti”

Koris in effetti si è resa conto che quando c’è ‘thieu sta così bene nella sua confort zone di capricci, quindi che vada davanti lui. Però forse è il momento di smettere.

All’ostello una truppa di speleologi affamati ha spazzolato una quantità immensa di patatine, salame, salatini e qualunque cosa potesse fungere da aperitivo per accompagnare la birra (tranne tre individue di cui non faremo nomi che hanno cercato di sbronzarsi a succo di mela). Poi LaCamionista è arrivata a portare in tavola la zuppa, un calderone in cui galleggiavano pezzi di carne di dubbia provenienza, carote, porri, sedano, farro e verdure che erano capitate lì per caso. La carne non proveniva dagli speleo-bimbi, si tiene a sottolineare.

La serata doveva concludersi con un briefing tecnico, invece si è conclusa con un sacco di gente che è andata a tirare fuori dal pantano la macchina di quelli che erano finiti a Autrans. Altro fatto degno di nota, lo SmartPhogn di Koris ha lasciato le sue sofferenze terrene, nonostante non sia stato maltrattato dalle strettoie del Bourinet. Ciò ha generato un sacco di disagio logistico. A palate.

Segue notte altrettanto poco sonnolenta perché la camerata riempita si era trasformata in una stalla e, incredibile ma vero, anche le ragazze russano.

L’indomani Koris era abbastanza convinta che sarebbe andata a godersi in sole facendo esercizio di corda in falesia. Altro grossolano errore.

“Koris, QuasiOmonima, voi andate sottoterra al Jackie”

E vabbè, che sarà mai una grotta di più? Questa volta il supervisore è un aitante professore di ginnastica part time, che per metà anno insegna ginnastica e l’altra metà sparisce in posti esotici come la Colombia. Koris, hai sbagliato tutto nella vita. E stai per sbagliare ancora.

Koris si era fatta la riflessione che i pozzi brutti&cattivi stanno di solito più in basso, quindi se armava i primi pozzi non c’era alcuno stress, tutto liscio e filiamo a casa tranquilli. Certo, come no.

Il primo pozzo è in effetti andato secondo i pieni. E anche il secondo sembrava andare secondo i piani, finché Koris non ci ha messo il culo dentro: due chiodi e 24 metri di vuoto sotto le chiappe. La configurazione ideale per correre da ‘thieu e dirgli di salvarla. Solo che errore 404: ‘thieu not found.

“C’è un pozzo enorme!”
“Uh, sì, proprio insondabile!”
“Ma io non so fare…”
“Ma sì che sai fare. Inizia col metterti comoda e non far strisciare troppo la corda, poi ti dico perché.”

C’è voluto del tempo e coraggio, una secchiata di coraggio. Però è andata anche questa. Una demolizione della confort zone in piena regola. Koris è arrivata al fondo del pozzo in preda alla ridarella isterica, che una roba così non l’aveva mai fatta.

“Ora te lo posso dire: la corda era una otto millimetri”

Ecco, armare un pozzo da sola da 24 metri di vuoto su uno spaghetto non aveva mai pensato di farlo. Fai te la vita.

Il resto del Jackie, dopo il momento di intensa emozione, è passato senza inghippi. Armo veloce, supervisori che pisciano nei pozzi, disarmo rapido e via veloci di ritorno in ostello ad occupare la lavatrice per lavare le corde. Che poi arrivano gli altri e ti fanno lavare la roba nella bacinella enorme, nonché ex abbeveratoio per le mucche. Bella la vita dello speleologo.

Koris, fiera di sé e piena di buone intenzioni, alle 17 ha salutato tutti per tornare in quel di Marseille. Era convinta che sarebbe stato un rientro facile, basta fare la strada al contrario e ascoltare Barbero (sì, Koris si era portata la scorta). Ma non aveva fatto i conti col GPS, che ci teneva proprio a farle visitare i villaggi di Simiane La Rotonde, Oppedette e altri posti campagnoli che quando Koris è sbarcata ad Apt le sembrava di essere arrivata a New York e, quando ha raggiunto l’autostrada a Pertuis, voleva baciare la terra. E la sera aveva male a muscoli che non sapeva di possedere. Senza contare i lividi.

Però, se tutto ciò ha instillato in Koris un dubbio di sicurezza di sé, forse è stato un vero stage utile. Devastante, ma utile, se Koris trova il coraggio di passare davanti.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: