Giorni fa Koris ha commesso l’esiziale errore di iscriversi a uno stage di speleologia nel vicino dipartimento del Vaucluse, dove gli speleologi sono gente seria e agli stage ti spaccano le reni. Il secondo errore esiziale è stato dirlo a ‘thieu. È quindi cominciato un tira e molla infinito a base di “non vado”, “la logisitica è complicata”, “ci devo andare da sola e non so guidare”, “mi hanno messo in un gruppo di livello smodato, muoio” da una parte e un più monotono “ma no, vai, puoi solo imparare cose” dall’altra. Poi Koris ha notato che fra le iscritte c’era la sua QuasiOmonima nonché angelo custode e si è decisa ad andare. Certa che sarebbe finita malissimo.
All’andata in auto c’era solo da andare fieri di se stessi. In compagnia di Barbero che dall’autoradio parlava di banchieri, Koris ha superato indenne le strade buie nel mezzo del nulla del Luberon, ha fatto la spesa per il suo sostentamento minimo a Apt ed è arrivata in anticipo sulla tabella di marcia ai quattro gloriosi gradi del plateau di Albion. Ha persino trovato parcheggio senza a) frantumare la macchina arancione di ‘thieu b) dover percorrere sedici chilometri a piedi.
All’ostello è stata accolta dalla speleologa in capo, soprannominata LaCamionista, una donna dall’aspetto di una massaia e dal piglio di un generale prussiano di pessimo umore. Koris era l’una allieva presente, ciò nonostante è stata messa d’ufficio a preparare la non-meglio-identificata-zuppa per l’indomani assieme agli altri speleo-capi. A sentirli parlare fra loro di gente che si frantuma piedi a -400 uscendo con le proprie forze, bivacchi in Laos e pozzi senza fondo risaliti a mani nude, Koris era sempre più certa che non sarebbe sopravvissuta o, nel migliore dei casi, avrebbe fatto una figura di cacca. Ciò ha generato una notte quasi insonne in un unico castello occupato in una camerata da sei che ricordava molto Full Metal Jacket.
L’indomani sono arrivate anche le altre speleo allieve, in maggioranza donne, cosa quasi mai vista prima, ora prendiamo gli speleologi maschi in minoranza e li facciamo pisciare seduti. Dopo colazione, LaCamionista ha annunciato che si sarebbe presa cura dei tre bimbetti presenti (non per mangiarli, strano), mentre gli altri avrebbero pescato a caso la grotta in cui avrebbero armato pozzi fino alle sei di sera e cazzi loro se non uscivano in tempo.
Koris, in una perfetta imitazione di Harry Potter allo Smistamento, ha scelto il suo bigliettino ripetendo fra sé e sé “non Autrans, per piacere, non Autrans, non Autrans!”. Perché Autrans ha i pozzi grossi e cattivi e anche se sono facili da armare no, proprio no, non è cosa.
Koris ha aperto il suo biglietto.
“Bourinet”
Ah, pfiu, allora scialla, tuttapposto. Per altro anche la QuasiOmonima aveva tirato lo stesso, quindi squadra femmina, supervisore zen e uscita in scioltezza. Illuse.
Dopo aver girato come la merda nei tubi non poco per trovare la grotta, perché la descrizione era vecchia di sei secoli, il Bourinet ha accolto i tre con un orifizio di una larghezza alquanto relativa. Boh, magari si sarebbe allargato dopo (spoiler: no). La QuasiOmonima ha iniziato ad armare, Koris-fancazzista si è detta che forse, se la tiravano per le lunghe, non avrebbe finito il sacco di corda in tempo e Koris non avrebbe dovuto scendere su corde armate da se medesima.
“No, no, tanto ci si può scambiare, fate un pozzo per una e vi scambiate il sacco”
“Poteva andare peggio, poteva essere largo” si è ripetuta Koris mentre faceva contorsioni sulla calcite per passare e spremendosi le meningi per piazzare cinghie, fix, moshettoni e quant’altro nel poco che offriva la grotta. Arrivata a uno slargo (molto relativo), KorisBuonOcchio si è resa conto che dopo una strettoia c’era un pozzo più largo. Ha quindi atteso l’arrivo del supervisore con un sorrisone da chi stava per rifilare un bidone.
“Che fai qui?”
“Aspetto la QuasiOmonima per darle il sacco e passare davanti”
“No, no, vai pure.”
“Ma poi si annoia…”
“Vai avanti”
“Maaaaa…”
“Vai, su!”
Koris non si sbagliava, c’era effettivamente un pozzo più largo del resto. Con un’eventuale continuazione attraversando il pozzo volando, ma Koris non ci ha voluto credere. Con molti sforzi di volontà, molta persuasione da parte del supervisore e molte maledizioni a ‘thieu in quanto assente (a cosa serve avere un principe azzurro se non viene nel momento del bisogno, signora mia, che tempi!), Koris è riuscita ad armare il pozzo e a scendere. Scesi dieci metri, qualcosa non quadrava, niente era evidente, il pozzo non suonava giusto.
“Non lo so, ho come l’impressione di non essere nel posto giusto…”
“Infatti, ti ho lasciato scendere perché era pedagogico”
“Ah”
“Infatti il pozzo è da attraversare”
“Merda!”
“Hai già armato un corrimano aereo?”
“No, me ne sono sempre ben guardata”
“Ah, vabbè, sarà la prima volta, allora”
Koris non vuole sapere come ha fatto. Però ha fatto. Al netto del terrore, ma ha fatto. Era abbastanza affamata (“facciamo come se fossimo in esplorazione, niente pausa pic-nic e mangiucchiamo ogni tanto”) e fiera di se stessa quando le è piovuto un pezzo di silice su una spalla, dall’alto del pozzo. Che ha preso l’imbrago e la parte più imbottita della tuta, quindi non ha fatto danni. Solo non è proprio da inserire nella top ten degli speleo-momenti.
Il disarmo e l’uscita si sono risolti con una collezioni di lividi nei passaggi diversamente larghi del Bourinet. C’è stata anche un’esercitazione di salvataggio su corda, quell’esercizio un po’ porno di cui tutti gli speleologi passano momenti di intimità a gambe annodate. All’uscita il supervisore ha commentato.
“Si vede che sei abituata ad uscire con gente più esperta di te. Però sai fare, ora è il tuo turno di passare davanti”
Koris in effetti si è resa conto che quando c’è ‘thieu sta così bene nella sua confort zone di capricci, quindi che vada davanti lui. Però forse è il momento di smettere.
All’ostello una truppa di speleologi affamati ha spazzolato una quantità immensa di patatine, salame, salatini e qualunque cosa potesse fungere da aperitivo per accompagnare la birra (tranne tre individue di cui non faremo nomi che hanno cercato di sbronzarsi a succo di mela). Poi LaCamionista è arrivata a portare in tavola la zuppa, un calderone in cui galleggiavano pezzi di carne di dubbia provenienza, carote, porri, sedano, farro e verdure che erano capitate lì per caso. La carne non proveniva dagli speleo-bimbi, si tiene a sottolineare.
La serata doveva concludersi con un briefing tecnico, invece si è conclusa con un sacco di gente che è andata a tirare fuori dal pantano la macchina di quelli che erano finiti a Autrans. Altro fatto degno di nota, lo SmartPhogn di Koris ha lasciato le sue sofferenze terrene, nonostante non sia stato maltrattato dalle strettoie del Bourinet. Ciò ha generato un sacco di disagio logistico. A palate.
Segue notte altrettanto poco sonnolenta perché la camerata riempita si era trasformata in una stalla e, incredibile ma vero, anche le ragazze russano.
L’indomani Koris era abbastanza convinta che sarebbe andata a godersi in sole facendo esercizio di corda in falesia. Altro grossolano errore.
“Koris, QuasiOmonima, voi andate sottoterra al Jackie”
E vabbè, che sarà mai una grotta di più? Questa volta il supervisore è un aitante professore di ginnastica part time, che per metà anno insegna ginnastica e l’altra metà sparisce in posti esotici come la Colombia. Koris, hai sbagliato tutto nella vita. E stai per sbagliare ancora.
Koris si era fatta la riflessione che i pozzi brutti&cattivi stanno di solito più in basso, quindi se armava i primi pozzi non c’era alcuno stress, tutto liscio e filiamo a casa tranquilli. Certo, come no.
Il primo pozzo è in effetti andato secondo i pieni. E anche il secondo sembrava andare secondo i piani, finché Koris non ci ha messo il culo dentro: due chiodi e 24 metri di vuoto sotto le chiappe. La configurazione ideale per correre da ‘thieu e dirgli di salvarla. Solo che errore 404: ‘thieu not found.
“C’è un pozzo enorme!”
“Uh, sì, proprio insondabile!”
“Ma io non so fare…”
“Ma sì che sai fare. Inizia col metterti comoda e non far strisciare troppo la corda, poi ti dico perché.”
C’è voluto del tempo e coraggio, una secchiata di coraggio. Però è andata anche questa. Una demolizione della confort zone in piena regola. Koris è arrivata al fondo del pozzo in preda alla ridarella isterica, che una roba così non l’aveva mai fatta.
“Ora te lo posso dire: la corda era una otto millimetri”
Ecco, armare un pozzo da sola da 24 metri di vuoto su uno spaghetto non aveva mai pensato di farlo. Fai te la vita.
Il resto del Jackie, dopo il momento di intensa emozione, è passato senza inghippi. Armo veloce, supervisori che pisciano nei pozzi, disarmo rapido e via veloci di ritorno in ostello ad occupare la lavatrice per lavare le corde. Che poi arrivano gli altri e ti fanno lavare la roba nella bacinella enorme, nonché ex abbeveratoio per le mucche. Bella la vita dello speleologo.
Koris, fiera di sé e piena di buone intenzioni, alle 17 ha salutato tutti per tornare in quel di Marseille. Era convinta che sarebbe stato un rientro facile, basta fare la strada al contrario e ascoltare Barbero (sì, Koris si era portata la scorta). Ma non aveva fatto i conti col GPS, che ci teneva proprio a farle visitare i villaggi di Simiane La Rotonde, Oppedette e altri posti campagnoli che quando Koris è sbarcata ad Apt le sembrava di essere arrivata a New York e, quando ha raggiunto l’autostrada a Pertuis, voleva baciare la terra. E la sera aveva male a muscoli che non sapeva di possedere. Senza contare i lividi.
Però, se tutto ciò ha instillato in Koris un dubbio di sicurezza di sé, forse è stato un vero stage utile. Devastante, ma utile, se Koris trova il coraggio di passare davanti.
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