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L’allattamento e l’attacco cylone

Fra tutto il pool genetico di gente circa normalmente costituita, l’Aliena ha deciso di scegliere proprio i pezzi del Koris-dna fallato che codificano per quella cosa che voi umani chiamate “crescita”. Detto fuor di metafora, l’Aliena sta bene, è vitale e ha tutti i pezzi per il momento in ordine, ma sono pezzi in miniatura che a due settimane dall’arrivo sulla Terra sembrano voler restare tali. Chissà da chi ha preso questa tendenza al bonsai almeno per ora, mah, chi può dirlo…

Per un neonato non si va molto per il sottile: non cresce perché non mangia abbastanza. Dopo un inizio di allattamento non catastrofico ma quasi, Koris si era persuasa che ormai l’Aliena aveva trovato un suo ritmo di crociera e se non reclamava il buffet non aveva fame. Del resto si dice che i neonati non si lascino morire d’inedia, anche perché non hanno ancora ben chiaro quanto questo mondo faccia schifo, magari hanno qualche illusione in materia. No?

NO. L’Aliena non mangia abbastanza, quindi non cresce, quindi non si sa quali siano le conseguenze, a parte vestire la taglia 14 anni a vita come il suo ex-organismo ospite. Però l’ex-organismo ospite ormai come si sa è una causa persa haute trois pommes, magari per l’Aliena si può ancora fare qualcosa affinché viva nell’universo dei normodotati e non in quello dei nani da giardino.

“La deve nutrire di più”
“Ma quanto di più?”
“Ogni due ore”
“Ma se dorme…?”
“La sveglia e la nutre”
“Anche di notte?”
“Di notte può fare ogni tre”
“Com’è umana lei”

Non si sa cosa pensi l’Aliena di questo trattamento di gavage, a meno che non stia prendendo appunti mentali per un futuro processo a L’Aia. Se non diventa un’oca da fois gras entro Natale, cosa che nessuno si sente di escludere, a questo punto. Non si sa nemmeno cosa ne pensi il padre, che avrebbe potuto contribuire con dei burrosi geni francesi atti alla bisogna, anziché coi rinsecchiti geni mediterranei formato tascabile. Però sappiamo cosa ne pensa Koris.

Come in tutte le circostanze della sua vita, Koris si rifà ai suoi modelli ideali e in questo caso è ancora una volta Battlestar Galactica, il primo episodio della prima stagione, per essere precisi. Si intitola “33 minuti” perché la flotta coloniale viene attaccata esattamente ogni tre minuti dai cyloni cattivoni, con le conseguenze che si possono immaginare fra mancanza di sonno, nervosismi e quant’altro. Ecco, Koris si sente catapultata in quell’episodio, con una sveglia ogni due ore che sembra annunciare l’arrivo di una catastrofe (o meglio, nel suo caso di una cacastrofe) e dieci minuti di combattimento serrato a base di “piglia sta tetta e tenitela per un tempo ragionevole”. Poi torna la calma, l’Aliena si ritira nell’iperspazio del suo lettino con le sbarre, Koris medita che era meglio morire nell’esplosione di una testata nucleare sulle Dodici Colonie di Cobol. E che ormai la sua vita è questa, e il peggio è che se l’è anche andata a cercare, so say we all. Ore passate in questo stato: ventiquattro.

Sarebbe molto carino che anche per Koris si scoprisse che c’è una nave spia nascosta nella flotta e che una volta silurata la faccenda finisce. Ma la faccenda potrebbe non essere così semplice e non c’è il capitano Adama a tirarci fuori dagli impicci. A meno che alla pesata di martedì l’Aliena non si diventata un bébé francesissimo di cinque chili, tuttavia non si può garantire che Koris arrivi viva a tale giorno…

Se almeno l’Aliena avesse un indicatore di riempimento sarebbe pù semplice…

Atto III: il tunnel spaziotemporale

Atto II: l’ospedale di Silent Hill

Koris è vestita con qualcosa che non è una camicia da notte con tetta ad estrazione rapida e le sembra impossibile. Assomiglia in maniera vaga a un essere umano, ma sta andando a casa e poco importa. L’Aliena viene assicurata nel marsupio, con grande sgomento di Koris che avrebbe voluto fare una prova prima e invece niente, ci si lancia così, senza rete, senza backup; del resto il passeggino per le strade marsigliesi non è un’opzione. ‘thieu si carica i sacchi fatti a caso in spalla, nella speranza di non dimenticare niente, un po’ come all’andata.

I corridoi dell’ospedale diventano all’improvviso luminosi, come se la maledizione notturna fosse stata spezzata. Koris vaga in trance perché da quelle parti non è mai passata, confinata com’era nei nove metri della sua camera. Allo stesso tempo è terrorizzata che spunti qualcuno a darle della madre degenere per aver maruspiato un’Alienottola formato tascabile, o perché non la sta portando bene o vai a sapere perché. Ma non la ferma nessuno.

E poi si aprono le porte del padiglione B, con l’uscita della maternità. Koris riconosce le voci che sentiva dalla sua camera, c’è qualcuno che si aggira per i cortili interni, passa qualche macchina, rumori ordinari che sembrano all’improvviso strani. Qualche passo incerto all’aria aperta fino ai cancelli, alla barriera per le macchina e infine l’uscita.

È una bella giornata, di quelle classiche marsigliesi con il sole che splende e un filo di vento che colora il cielo di azzurro. Nella via passa al semaforo rosso un motorino con la marmitta scassata che riporta alla realtà cittadina. Sul boulevard al fondo gli alberi hanno messo le chiome brillanti perché sì, è proprio primavera. Tutto è come al solito.

Solo che no, niente è come al solito. Koris ha l’impressione di trovarsi in una puntata di un telefilm di fantascienza in cui i protagonisti si ritrovano catapultati in una linea temporale alternativa e sono gli unici a rendersene conto. Oppure di essere stati frullati in un tunnel spaziotemporale che li ha proiettati in un futuro distopico di trent’anni dopo. I luoghi sono familiari, i suoni sono familiari e nello stesso tempo tutto è fuori posto.

Koris conosce quella strada, l’ha fatta più volte per recarsi ai controlli (e proprio un anno prima l’ha percorsa con tutt’altra diagnosi e tutt’altri auspici), eppure le sembra di percorrerla per la prima volta. Non ha più il peso della pancia che tira il bacino verso il basso, non sente più qualcosa che le comprime le costole, non sente la necessità di accorciare i passi: ha il suo corpo abituale, o almeno una buona approssimazione. Però c’è l’Aliena nel marsupio che al momento dorme e che cambia tutto. Si tratta del Koris-corpo di prima, ma non della vita di prima.

Koris continua a fermarsi ogni tre passi, ma non perché abbia il respiro corto da gestante, quanto per controllare che Alienottola infagottata lì dentro non stia soffocando. E anche per riprendere fiato all’idea che, da lì in poi, sarà tutto diverso. La parentesi dell’ospedale di Silent Hill pare essere durata un’eternità, la gravidanza è stata una sorta di sogno in uno stato sospeso e adesso… già, e adesso? Non è un pensiero triste, è un pensiero che scombussola, è quel lettino nella stanza in più che sembrava una presenza così remota ed estranea. E che ora è una realtà che non si cancella.

Arrivata in quel lettino mai visto prima, Aliena piangerà per un’ora filata senza che Koris e ‘thieu sappiano bene cosa fare. Poi si calma e sembra abituarsi. Non resta che abituarsi tutti.

Inghiottiti dal gorgo, ma è giusto così

Atto II: l’ospedale di Silent Hill

Atto I: l’arrivo dell’Aliena

La notte sta cedendo il posto al mattino in quelle ore in cui nessuno sa mai a che punto del giorno si, fra le quattro e le cinque. Koris ha ripreso l’uso della gamba sinistra e ha finalmente infilato due biscotti in una pancia disabitata, poiché l’inquilina precedente sta guardando il mondo da una culla-bacinella lì a fianco. Un folle pensiero coglie Koris ed è “fosse solo per il parto, potrei anche rifarlo”, poi si ricorda degli ultimi mesi senza formaggi e magari anche no, ecco.

Koris e Alienottola vengono sbarcate nella camera 2101, una singola grazie al consiglio dell’ostetrica Cecilia. Il suo progetto, appena ‘thieu sarà sulla strada di casa, è svenire qualche ora mentre l’Aliena non ha ancora chiare le meccaniche di questo universo, mangiare e poi fare il necessario. Un programma di tutto rispetto.

Sono le sei quando bussano alla porta e aprono la porta un nanosecondo dopo.
“Siamo l’equipe del turno di notte, veniamo a controllare la bambina per passare le consegne al turno di giotno. La bambina ha mangiato?”
“… quale bambina?” chiede Koris, ancora poco cosciente di avere un’Aliena a carico. Inizia così una lunga teoria di gente che entra ed esce dalla camera, tutti con ottime ragioni, ma l’unica ragione che Koris vorrebbe sentire è la colazione. Nel mentre si scopre che Alienottola ha la temperatura media di un rettile di piccole dimensioni, le viene quindi assegnata una sorta di lampada termica da tenere sopra la culla-bacinella; la lampada ha un sensore di temperatura col brutto vizio di perdere il segnale e mandare un fischio fastidiosissimo. Molto piacevole dopo due notti insonni.

Nel mentre Koris viene edotta su uno dei temi ansiogeni che l’aspettavano al varco, ovvero il cambio del pannolino. L’Aliena, da brava creatura di un altro pianeta, produce un rifiuto tossico di cui nessuno poteva immaginare l’esistenza. Koris si convince che non ci riuscirà mai, eppure due ore dopo si ritroverà sola a cambiare l’Aliena su un letto d’ospedale, testa a testa con una sostanza che fa desiderare un bagno nella piscina di un reattore e un mini-culo maleodorante: è sopravvissuta.

L’aspetto invece del tutto sottovalutato, anche perché “ho l’incontro con la mia ostetrica apposta il 4 maggio, arriverò preparata”, è l’allattamento. Sottovalutato nel senso che Koris non si era proprio posta il problema, in maniera piuttosto incosciente e fricchettona perché “lasciamo fare a MadreNaturaTM”. Tuttavia, quando si partorisce un’Aliena di piccolo carenaggio che produce rifiuti tossici in gran quantità, l’allattamento diventa una questione di stato. Bonus: le Koris-tette non sono pronte a diventare una fonte di alimentazione primaria, non hanno ancora realizzato di non essere più appoggiate su una panza importante e stanno ancora smaltendo il trauma del trovarsi piene di bava aliena nel post-parto immediato. Invece inizia il cosiddetto “mobbing dell’allattamento” in cui qualunque ausiliaria di puericultura si sente in dovere di fare commenti più o meno sgradevoli sull’incapacità di Koris a ficcare una tetta-imbuto nel gargarozzo di Alienottola e nutrirla come un’oca da fois gras.

“La bambina non mangia abbastanza e non prende peso” diventerà il ritornello ossessivo dei tre giorni successivi. Il primo giorno Koris vorrebbe urlare che forse sarà perché l’Aliena è sbarcata con tre settimane d’anticipo, ha bevuto sedici litri di liquido amniotico e ha rischiato di strozzarsi in uscita, magari ha bisogno di un po’ di tempo per ambientarsi sul pianeta. Invece no, le ausiliarie dicono che non è normale, che il binomio non funziona e Koris deve farci qualcosa; alla domanda “ma cosa?” nessuna risposta esaustiva, forse perché “una mamma lo sa”, anche se Koris non sa niente come Jon Snow. Questo avvelena totalmente l’arrivo di ‘thieu, che subisce lo shock di tenere Alienottola per la prima volta e la vertigine del primo pannolino cambiato in tandem.

Poi viene la notte. E di notte quel luogo di presunta gioia a base di mammine e bambini felici si trasoforma in un’atmosfera opprimente che non ha nulla da invidiare al Nowhere di Silent Hill. L’Aliena si arrostisce sotto la lampada, che a sua volta crea un microclima tropicale in camera, e in questo suo stato di spaparanzata su una spiaggia caraibica non pensa nemmeno per sbaglio a mangiare. Koris sa che dovrebbe nutrirla a ritmo serrato, ma non riesce a darle nemmeno una goccia di latte, forse vista la temperatura che percepisce Alienottola vorrebbe piuttosto una pina colada con latte di cocco. Disperata, Koris chiama una puericultrice per farsi aiutare. Grossolano errore: entra una giovincella con al collo una sorta di paramenti sacri che sembra padre Amorth in procinto di effettuare un esorcismo.
“La bambina ha mangiato?”
“No, l’ho chiamata perché non riesco a metterla al seno”
“Com’è possibile?”
Boh, forse perché Koris ha un dottorato in fisica e non in nutrizione dell’infante, ma son dettagli. Inizia un balletto a base di strizzate di tette, Aliena che si rifiuta di mettere in bocca quell’affare molliccio strapazzato (datele torto), la puericultrice-Amorth che si incazza e va a prendere un biberon di latte artificiale, ma “non ha il diritto di darglielo, solo qualche goccia per farle venire voglia”. Aliena si rompe il cazzo ad appena 24 ore di vita e si addormenta. La puericultrice-Amorth prende un’aria grave.
“La deve sorvegliare, perché già è piccola, se non mangia non se ne esce”
Koris passa la notte a guardare il ricamo di Baby Yoda andare su e giù al ritmo del respiro di Alienottola.

Arriva il mattino e porta consiglio, ma soprattutto porta ‘thieu che garantisce un minimo sindacale di serenità, nonché un pezzo di fugasse untissima e due tavolette di cioccolato. I Maiores sono in viaggio a tappe forzate da Merdopoli per adorare la nipote appena fabbricata. Koris è a pezzi come un mobile Ikea, l’Aliena continua non voler sapere niente delle sue tette, quell’affare molliccio al tuo gatto in cortile lo puoi buttare (citazioni di spessore). Ma non è tempo di inflaccidirsi perché vengono a chiamarla per imparare a fare “les soins du matin”, ovvero come pulire il viso a un neonato senza usare il Cif. Koris chiede a ‘thieu supporto morale, e del resto deve imparare anche lui.

Qui Koris si trova davanti a una puericultrice più anziana molto sbrigativa che tortura Alienottola con un cotone nel naso e infilandole a tradimento un cucchiaio di vitamina nel gargarozzo. Alla pesata l’Aliena risulta dimagrita, ma con la sua produzione industriale di cacca non dovrebbe stupire. Per fortuna dalla vecchia arriva anche il primo suggerimento sensato.
“Lei ora spedisce suo marito in farmacia a comprare gli adattatori per tette (paracapezzoli? Si chiamano così questi oggetti molto sexy?) e vediamo se la bambina mangia di più”
Quindi, rispedita Koris in camera con l’Aliena, la vecchia prende da parte ‘thieu per raccomandarsi “non stia a sentire cosa dicono le altre, l’importante è che Alienottola inizi a mangiare, il resto sono solo cazzate”
La vecchia svolge lo stesso ruolo della nutrice nelle opere del XVII secolo, quello della dispensatrice di saggi consigli pratici.

Koris mangia poco e male perché le portano il pranzo proprio mentre è assente. La stanchezza ormai è un macigno che schiaccia le spalle, il sonno nemmeno a parlarne e Koris non si è lavata da quando ha partorito. Per non parlare di quel senso di inadeguatezza fisso a metà della gola come un boccone incastrato che soffoca piano piano, incapace di andare giù. Per fortuna un’infermiera umana, accortasi dello stato mentale putrido di Koris, si offre di portare Alienottola un paio d’ore al nido perché Koris possa farsi una doccia e perdere i sensi per un po’. Koris non gliene sarà mai abbastanza grata.

A pomeriggio inoltrato arrivano i Maiores che vengono del tutto fagocitati dal gorgo dell’Aliena. L’Amperodattilo fuori controllo continua a ripetere “ma guarda un po’ cosa ci hai fatto!”, U Babbu fa un servizio fotografico degno di un paparazzo con un erede al trono. ‘thieu approfitta dello stordimento generale per farsi promettere futuri babysitteraggi, i Maiores rispondono di sì ed è quasi circonvenzione di persona non in grado di intendere e di volere. Grazie agli adattatori per tette l’Aliena riesce ad alimentarsi per più di mezzo secondo, persino le Koris-tette sembrano voler collaborare.

Però poi torna la notte. Koris pensa che stavolta potrebbe affrontarla meglio, del resto se l’Aliena inizia a mangiare le cose dovrebbero funzionare. Arriva la puericultrice-Amorth della sera prima.
“Adesso la bambina mangia?”
“Credo mi stia arrivando il latte e con gli adattatori-per-tette Alienottola si attacca meglio…”
“Non dovrebbe usare quegli affari lì”
“Ma la sua collega ha detto…”
“Se li usa troppo la bambina prenderà delle cattive abitudini”
Quali cattive abitudini? Chiederà un sigaro dopo la poppata pomeridiana? Si metterà a spacciare hashish ai compagni del nido? Vorrà fare il bagnetto solo sorseggiando Martini agitato non shackerato con un’oliva? Non è dato sapere.

Le ore passano, Koris fissa l’Aliena che dormicchia e sarebbe pronta a uccidere per avere un accesso a Netflix e svuotarsi il cervello. Decide di emulare l’Amperodattilo di trent’anni prima e scrivere tutto quello che succede durante la notte, poppate, pannolini cambiati nelle tenebre, sonno, tutto. Questo le varrà lo scherno della puericultrice-Amorth che all’aurora dice “non era necessario scrivere un romanzo”.

Rispunta il sole, il reparto maternità torna ad essere un luogi frequentabile, ma ormai i punti sanità mentale di Koris stanno andano verso lo zero. Tuttavia le 72 ore di permanenza volgono al termine, quindi magari qualcosa si può recuperare. Lo chiede alla puericultrice che passa a controllare il colorito dell’Aliena.
“Ah, ma mica lo decide lei. Se sua figlia continua a perdere peso non vi lasciamo uscire”
Grande momento di sgomento: Koris potrebbe non reggere un giorno supplementare. Vero, è una cosa molto egoistica da pensare da parte sua, visto che forse se restasse sarebbe per il bene dell’Aliena, ma si può dire che in questo frangente le due cose siano disgiunte?
“Scusi, ma non dovrebbe essere il calo fisiologico…?”
“Non ci interessa, deve prendere peso”
“Ma ci sono altri problemi, per caso?”
“No, sua figlia è perfetta ma è piccola, deve prendere peso”
Argh.

Il momento del primo bagno di Alienottola (non molto entusiasta, sulle prime) diventa un momento di stress perché alla pesata madamigella risulta essere arrivata a 2.54 kg, peso limite oltre il quale non è ben chiaro cosa succeda perché nessuno lo spiega. Koris intanto cerca di convincere tutti che forse adesso riesce ad allattare, nascondendo gli adattatori, e che magari forse l’Aliena si ripiglia. L’Amperodattilo entra furtivamente in ospedale al di fuori dell’orario di visita portando della torta alle mele e giustificandosi con “non mangiare quelle porcate di cibo ospedaliero, mangia la torta che ti fa latte”. Koris chiede consigli a destra a e manca per capire quando e quanto dovrebbe nutrire Alienottola, ma riceve pareri contrastanti fra cui “i neonati non si lasciano morire di fame, se vuole da mangiare le farà sapere”. Forse Aliena sta già seguendo una dieta per essere in forma per l’estate, a poco più di 48 ore dalla nascita, vai a sapere in questo mondo in cui ti mettono pressione quando sei appena uscito dall’utero.

Terza notte, Koris ormai ha reazioni animali e appena viene buio andrebbe a nascondersi in un angolo, soffiando a chiunque si avvicini come faceva gatta Spin nei momenti no. E a ragione, sembrerebbe. Arrivano due puericultrici del turno di notte, una potrebbe Amorth senza paramenti o magari no, ma è simpatica uguale.
“Sua figlia deve mangiare, se domani ha perso anche solo 20 grammi non la dimettiamo”
“Ma io come dovrei fare a farla mangiare? Quanto deve mangiare se al seno non ho nessuna indicazione?”
“La deve far mangiare ogni tre ore”
“Anche se non ha fame? E se dorme la sveglio?”
“Certo!”
“E per quanto tempo dovrei tenerla al seno perché sia efficace?”
“Bah, veda lei. Un quarto d’ora, venti minuti, mezz’ora…”
Argh.

Koris fa una chiamata in panico a Celia perché ogni tanto c’è bisogno di non restare soli nel buio. Quindi inizia a incoraggiare Alienottola a mangiare, sentendosi una merda perché impone questa cosa a un esserino di nemmeno tre giorni. Questa cosa non se l’era proprio immaginata, ancora meno che il parto.

Ancora l’alba, potrebbe essere l’ultima in ospedale, o forse no. Aliena è stata riempita come un’oca da ingrasso quando arriva la puericultrice a dire “la cambi e la porti alla nursery, che le diamo la vitamina K e la pesiamo”. Koris spera che il suo sordido piano di portare un’Aliena rimpinzata funzioni, ma nel momento in cui scartoccia il pannolino maledetto, la progenie produce un’onda anomala di rifiuti tossici arginata solo per puro caso. Alienottola sorride sardonica, Koris bestemmia per più ragioni. Vabbè, è andata così.

Il verdetto della bilancia dice che Aliena pesa 2.54 kg, esattamente quanto ieri. Quindi non ha perso i maledetti 20 grammi ma non li ha nemmno presi. Le puericultrici dicono “decide il pediatra, se ha fortuna ci sarà di turno qualcuno poco fiscale su ‘ste cose”. Una puericultrice si offre quindi di ispezionare come Koris allatti, cosa che non è proprio piacevole perché fa davvero sentire una mucca da produzione massiva. Per fortuna l’arrivo di ‘thieu da sì che all’ispezione la tipa sia più accomodante di quanto siata stata prima.

E poi arriva il verdetto: Alienottola sta bene, Koris anche, si va a casa. Koris potrebbe anche svenire per il sollievo, mentre banchetta a prosciutto crudo di contrabbando in attesa dei fogli per la dimissione. Ora sono tutti cazzi suoi e nessuno le spiegherà come cambiare, lavare o nutrire l’Aliena, ma sticazzi, si va a casa.

Atto III: il tunnel spaziotemporale

Immagine molto emo, ma fra mobbing e ormoni c’era poco da stare allegri

Atto I: l’arrivo dell’Aliena

Disclaimer, warning, quattro frecce lampeggianti: questo post parla di parto e dintorni, quindi se l’argomento vi è molesto o non volete assolutamente sapere, questo è il momento opportuno per fare dietrofront.

Potrebbe essere un qualunque mercoledì sera, ma per la precisione è mercoledì 19 aprile. Koris ha appena buttato una serata nel gabinetto con molta goduria guardando “Game over”, film horror indiano in versione hindi senza alcun senso, che potrebbe rasentare l’empireo del “so bad it’s good” o forse, ci vorrebbe l’avviso di un esperto come Junior. Non resta che andarsene a dormire e pregustare questo periodo di baby pensione chiamato congedo pre-parto. Sono le undici e tutto va bene.

Tutto sembra andare bene finché Koris non sente la necessità di andare a vedere cosa sta succedendo nel suo pigiama, all’improvviso umido. Sicuro sono le solite schifezze da gravidanza, del resto l’ostetrica del corso pre-parto ha sempre ripetuto “non aspettatevi che succeda come nei film in cui si allaga tutto all’improvviso come se si bucasse un palloncino”. Ahem, no. Oppure è un caso di incontinenza grave, parecchio grave; forse è auspicabile. Perché Koris non sarebbe pronta per metà maggio, figuriamoci adesso…

“‘thieu, alzati!”
Risuona il grido prima nel cesso e poi nella notte. Ormai è inutile negare l’evidenza: l’Aliena ha deciso che è giunto il momento di giungere sulla Terra e potrebbe essere complicato impedirglielo. Cosa c’è di pronto? Circa nulla, Koris aveva giusto iniziato a mettere due camicie da notte nello zaino per la maternità, pro forma, tanto per tacitare la coscienza, tanto c’è tempo. O meglio, c’era tempo, adesso non ce n’è più. Per il bagaglio dell’Aliena Koris aveva previsto di fare tanti sacchettini con abbinati body e tutine, la cruda realtà è ‘thieu che rovescia un cassetto dentro un borsone usato per una spedizione polare (sul serio). Certi elementi della lista per la maternità devono ancora arrivare per posta, facciamo senza. Nemmeno a menzionarlo, tutta la parte “confort” stile libri per ingannare l’attesa o playlist power metal per gestire le contrazioni passano del tutto in cavalleria.

“Non sono pronta” si ripete Koris nel breve tragitto fra casa e l’ospedale. Non che ci sia mai un momento ideale in cui si è pronti, ma lei non si sente pronta in maniera particolare. Contava su almeno altre due settimane di cazzegg… ahem, preparazione psicologica. ‘thieu andava in giro a dire “on attend une petite fille pour le mois de mai!” e il mese di maggio non è ancora in vista. L’Aliena è alla trentottesima settimana, una cottura al dente in pratica. Che storia è questa? “Non sono pronta”

All’ospedale Koris ha ancora la minima speranza che la rimandino a casa con l’onorevole diagnosi “madame, si è pisciata addosso”. Viene parcheggiata in un box per vedere cosa sta succedendo a casa dell’Aliena, mentre continua a perdere liquidi e dignità. Ripete in loop “je suis désolée” a ‘thieu perché sente che è un po’ colpa sua, magari se non avesse guardato quell’atroce film indiano sarebbe nel suo letto a dormire (o magari no). Il verdetto arriva verso l’una portato dall’ostetrica Cecilia.
“Sì, l’Aliena sta arrivando, si sono rotte le acque e sta iniziando la dilatazione, ora le diamo una camera”
“E io cosa dovrei fare nel mentre?”
“Aspettare. Se partorisce domani sera ci rivediamo!”

A Koris viene assegnata la camera numero, con vista sul deserto notturno della rue Saint Pierre. ‘thieu si impossessa della poltrona disponibile, lamenta che non ha pensato a prendersi un libro, quindi crolla addormentato. Koris vorrebbe moltissimo ucciderlo ma si contiene, sapendo che fra qualche ora potrà insultarlo in preda al dolore senza che nessuno la accusi di nulla. Per altro Koris è parecchio incazzata perché giusto il giorno dopo (o meglio, il giorno stesso) avrebbe dovuto incontrare la sua ostetrica per l’incontro preparatorio al parto; invece dovrà imparare sul campo, come al solito. Che due palle essere Koris.

Dalle sue nozioni provienti dal corso pre-parto monco, da letture smozzicate nonché dall’autorevolissimo “ER: medici in prima linea”, Koris sa una cosa: camminare può aiutare a velocizzare il travaglio. Lascia quindi il bell’addormentato sulla poltrona e inizia a gironzolare cercando di dare il meno fastidio possibile. I corridoi di un reparto ostetricia sono un posto assai particolare, in cui tutte sono lì per la medesima ragione o quasi. Nel suo girovagare Koris trova un armadio dei medicinali aperto e non sorvegliato (che se avesse voluto avrebbe potuto farsi overdosi di qualunque cosa), infermiere che dormicchiano, un’altra donna che arriva con i pantaloni fradici dicendo “credo di aver rotto le acque” (amen, sorella, sei nel posto giusto), un’altra che arriva in ambulanza senza sapere cosa le sta accadendo. E poi c’è la porta della sala parto 4, che si apre ogni tanto con infermieri che confabulano “bisogna richiamare l’anestesista per la terza volta, è al massimo dell’epidurale e continua ad avere dolori insopportabili”. Il che è molto rassicurante sapendo che fra qualche ora potrebbe toccare a te. Koris sente che l’OCCAZZO degli ultimi giorni si sta materializzando come un gigantesco tsunami pronto a portare devastazione.

Come tutte le primapare, Koris non aveva idea di cosa fosse davvero una contrazione, quindi perdiamoci qualche riga. Ha sentito una sorta di marea in salita, prima dolori del ciclo abbastanza standard, che col tempo iniziano a irradiarsi nelle gambe e a presentarsi con sconcertante regolarità. Ogni dieci minuti, ogni cinque, ogni quattro. Se verso le due Koris le ignorava abbastanza, all’appropinquarsi del mattino ogni tanto deve appoggiarsi al muro aspettando che passino. Altra cosa assai poco da Koris che però bisogna ammettere, gestire la respirazione con espirazioni lente aiuta a sopportare il dolore, tutto sta nel prendere i tempi giusti o sono cazzi.

L’alba sta arrivando sopra a Marseille, Koris non ha dormito nemmeno mezzo secondo (e ormai con le contrazioni sarà dura), quindi sveglia ‘thieu che viene salvato dall’ostetrica di giorno con un caffè. Koris invece sperimenta una delle esperienza più sgradevoli della giornata, ovvero la posa della flebo di antibiotici perché con la perdita di liquidi non si sa mai. Koris odia gli aghi, quindi viene bucata prima a sinistra e poi a destra perché non si riesce a prendere la vena buona.
“Vuole l’epidurale?” chiedono.
“Sì ma non subito” risponde Koris, che non ha nessuna voglia di farsi bucare ancora e che forse è meglio tenersi il dolore. Ma forse anche no, non è ben chiaro nella sua testa. Nel mentre forse è il caso di avvertire i Maiores che stanno per diventare nonni.

Si è fatta l’una del pomeriggio, il traffico marsigliese è rabbioso fuori dalla finestra. Koris rimbalza su una palla per cercare di ignorare il piccolo tirannosauro che le sta dilaniando l’utero. Si concede il lusso di una doccia bollente che le permette di sopportare ancora un’oretta di contrazioni bestemmiando una sola volta. Tuttavia ne viene da una notte insonne, non ha mangiato che un’insalata di ceci mercoledì sera e sente la barra dell’energia pericolosamente vicina allo zero. Si può portare un’Aliena in questo mondo senza energie? Non ne siamo certi. Si può mangiare o dormire con le contrazioni? Non proprio. Koris spedisce ‘thieu a cercare l’ostetrica per chiedere l’epidurale, hai visto mai aiuti a recuperare un po’ di forze.

Ore 14:30, Koris viene vestita con l’orrendo blusa ospedaliera e viene portata nella sala parto 4. La fine dei giochi potrrebbe essere vicina, il problema è non sapere quanto. Prima dell’arrivo dell’anestesista fa un briefing a ‘thieu sulla condotta da tenere: “hai visto che già mettere la flebo per me è un incubo, figurati una cannula nella spina dorsale, però l’epidurale mi serve per riposare. Quindi ti piazzi davanti a me e qualunque cosa io dica o faccia fregatene, tienimi ferma e dì ai medici di continuare”. Un po’ Ulisse con le sirene, un po’ Silente nella caverna sulla scogliera. Arriva l’anestesista ‘thieu-omonimo col team degli spacciatori di sostanze e armeggiano con la Koris-schiena, riempiendola di scotch da tappeziere e altre cose che preferiamo non sapere. Koris non sente niente o quasi, il buco della flebo è stato peggio.

Le ore si fanno indefinite, Koris è per sua ammissione fatta come una pigna. Si chiede se l’anestesia è particolarmente efficace o se è stata rinforzata con specialità locali dei quartieri nord. Tuttavia poco importa, si rifà al migliore consiglio che le è stato dato ovvero “se durante il parto ti offrono della droga, tu devi dire sì”. ‘thieu approfitta del periodo di calma per andare a recuperare tutto quello che manca nella lista dell’Aliena. Koris ogni tanto si addormenta per qualche minuto e fa micro-sogni folli.

Comincia il periodo “la pupa sta scendendo, va tutto bene, torniamo fra due ore”. Koris vive nel mondo sospeso di una stanza senza finestre dove il tempo è solo un numero sullo schermo del telefono. Ogni tanto chiama la tirocinante di ostetricia per farsi portare un succo d’uva, sentendosi in colpa perché non si dovrebbero schiavizzare i tirocinanti. ‘thieu ogni tanto sonnecchia, viene spedito a prendersi del cibo perché potrebbe esserci presto bisogno di supporto morale. Nell’attesa Koris si addormenta in una posizione bizzarra e la sua gamba sinistra si trasforma in un prosciutto senza vita. La combinazione mortale con l’epidurale fa sì che la zampa abbia problemi a svegliarsi e debba essere maneggiata come se fosse di legno; Koris non si era mai resa conto prima di quanto potesse pesare una gamba. Chi invece non si addormenta è l’Aliena, che come da programma continua a puntare i piedi sotto le Koris-costole, dove nulla può l’epidurale. Contrazioni zero, torneo di Tekken intrauterino uno.

Cambia il turno, torna l’ostetrica Cecilia assieme alla tirocinante.
“Scusate ma ci sono stati cinque parti difficili fra complicazioni e cesarei e visto che qui andava tutto bene abbiamo lasciato fare alla natura. Adesso siamo quasi a dilatazione completa, mettiamo un po’ di ossitocina per movimentare le cose e poi tiriamo fuori questa bambina. Resta da vedere se nasce il 20 prima di mezzanotte o il 21”
La tirocinante dell’ostetrica punta sul 21, che è anche il suo compleanno.
Quando l’OCCAZZO digievolve in OCCAZZISSIMO.

Dopo un’ora, col favore delle tenebre, si è pronti affinché l’Aliena inizi le manovre per l’abbandono della nave madre. ‘thieu ha perso l’uso della parola dopo aver preparato in fretta e furia il completino da mettere all’Aliena nudista al suo arrivo. Koris confida all’ostetrica Cecilia che non ha idea di quello che dovrebbe fare, perché la sua preparazione finalme per il parto doveva svolgersi qualche ora prima, ma l’ha saltata per… impegni pressanti, molto pressanti, soprattutto sul collo dell’utero.
“Non c’è problema, le spiego io. Nel mentre ne approfitto per insegnare anche alla tirocinante, imparerete in due”

E qui inizia la fase in cui niente è come ci si aspettava, o almeno, niente è come avviene nei film. Forse nei film non fanno l’epidurale o forse non la dosano bene per ragioni di spettacolo. Certo, spingere fuori dal proprio corpo un essere umano non è un’esperienza da tutti i giorni, è faticoso, ma Koris si aspettava di peggio. Ci sono state speleo-circostanze che hanno richiesto molto più sforzo e molto più autocontrollo. Alla fine è stata una questione di ritmo: aspettare la contrazione, spingere soffiando con quel muscolo addominale e solo quello, una volta, due, tre, anche quattro se la contrazione lo permette. A ogni spinta l’Aliena fa un passo verso l’esterno, si vede la testa “oh, ha un sacco di capelli! Vuole toccarla?”, la testa è fuori, un’ultima spinta per il resto…

Dopo 45 minuti, poco prima delle tre di notte, l’Aliena è di questo mondo. Però non piange. Viene poggiata un sulla pancia di Koris, è un esserino dal colorito bluastro e tutta sporca che non sembra nemmeno viva. Passano due secondi eterni, poi l’Alienottola emette un rantolo, quindi un altro. L’infermiera l’afferra e dice a ‘thieu “avanti, papà, andiamo a lavarla”. Koris resta a sbrigare le ultime formalità (non parliamo di quanto faccia un po’ schifo la placenta) cercando di non pensare al peggio, che la pupa adesso è in ottime mani e non dovrebbe accaderle nulla.
“Scusi, di solito proponiamo al papà se vuole tagliare il cordone ombelicale, ma la bambina ne aveva due giri attorno al collo, bisognava fare in fretta. Ora starà bene”
“E pensare che io glielo avevo anche detto di lasciar perdere il cordone, che a casa abbiamo pieno di corde con cui potrà giocare quando sarà più grande…”

‘thieu torna abbastanza livido, senza l’Aliena. Alla domanda “va tutto bene?” risponde un vago “sì, sì”. E poi arriva lei, l’Alienottola, così rosa e sveglia che sembra l’abbiano cambiata con un’altra. Viene affibiata a Koris che non sa bene cosa farne, si guardano tutte e due, dubbiose. Koris si chiede se dovrebbe cercare di allattarla (con cosa? Come si fa? Aiuto!), Alienottola in risposta sbava e poi, non paga del casino combinato poco prima, si mette a rigirarsi fra le micro-mani i cavi degli elettrodi. Nel mentre l’ostetrica Cecilia è molto intenerita dalla tutina coi ricci e dalla giacchettino, lo stesso che Koris indossava quando aveva la stessa età dell’Aliena.

Dopo quasi nove mesi, la frettolosa Aliena è diventata realtà, grazie a un po’ di sforzo da parte di Koris e all’ostetrica Cecilia che assieme alla tirocinante ha fatto un gran lavoro. Ora sono tutti affari di Koris e ‘thieu. OCCAZZO.

Atto II: l’ospedale di Silent Hill

Una delle esperienze più bizzarre delle Koris vita, ma forse non la peggiore

GravidAnsia: terzo trimestre

A dirla tutta mancherebbe ancora un mese pieno alla fine dell’avventura che conduce al GranMiracoloDellaVita, ma pare che arrivati a un certo punto può succedere di tutto, metti che il parassita alieno abbia sottoscritto un contratto stile Prime con consegna anticipata. Non è rassicurante nemmeno un po’, ma meglio portarsi avanti col lavoro. Queste ultime settimane del momento magico per antonomasia sono una maledizione classica, di quelle che prendono il controllo del corpo maledetto senza alcuna pietà, ormai è loro e ne fanno quello che vogliono, tu organismo ospite subisci e stai zitto. Anzi, vai a prendere da bere che qui il demone interiore ha sete, e bada che non sia acqua santa.

Quindi eccoci all’ultima lista di cose che forse era interessante sapere prima, ma invece no, momento maggggico, non vedrai l’ora di abbracciare la tua creatura. Un po’ sì, ma soprattutto per chiederle che cazzo ha in mente e se intende continuare così anche per la vita extra-uterina (e nel caso, siamo fregati).

Baby brain: qualcuno dice che non esiste e quel qualcuno mente sapendo di mentire. Oppure è un maschio e non sa di mentire, ma mente lo stesso. O meglio, diciamo che può non capitare a tutte, però non significa che non esista. Inizia in maniera subdola a infiltrarsi fra i neuroni come una nebbia mattutina; e i segnali elettrici del cervello, non abituati a guidare in Valpadana, si perdono, si tamponano e si accartocciano. “Cos’è che stavo pensando?” oppure “perché sono entrata in questa stanza?” sono i primi campanelli d’allarme di una discesa verso un mondo di oblio che tuttavia non è condiviso. Al lavoro in certi giorni la concentrazione è un’illustre sconosciuta (sarà anche che Koris non si può dire entusiasta delle sue mansioni) e tocca farsi violenza per cercare di mantenere un filo dei pensieri. Talvolta succede anche leggendo o giocando o cerando di installare Linux Mint sul nuovo computer. Le dimenticanze si sprecano, a Koris è capitato di scrivere un post-it con la spesa, dimenticarsi di aver fatto un post-il con la spesa, quindi non leggerlo e dimenticare metà della spesa; non male per quella che è definita “la memoria storia della famiglia”. Dicono che poi passa, anche perché se non passa Koris potrebbe risolversi a gesti estremi.

Royal Rumble: “dopo la trentesima settimana i movimenti sono più rari ma più vigorosi”, anche qui qualcuno mente sapendo di mentire. Più vigorosi sì, più rari ma quando mai? L’Alienottola in dotazione a Koris non trova pace o è la reincarnazione di un maestro di kung-fu, capace che quando esce fa la presa del dito Wuxi alla malcapitata ostetrica. Siccome ormai è un’aliena ingombrante, si è saldamente ancorata con il bacino (di titanio, a giudicare dalla durezza delle ossa) sulla destra del Koris-addome, testa in basso perché la vescica è sempre comoda, schiena in fuori a creare una panza asimmetrica e poco estetica, gambe… ovunque. Il momento peggiore è quando usa il diaframma come poggiapiedi, momento che può durare svariate ore e dovrebbe essere vietata dalla convenzione di Ginevra. Ci sono poi i calci rotanti sferrati sul fianco destro che si visualizzano come veri e propri rigonfiamenti, quasi là sotto ci fosse un Alien che vuole uscire (oh, beh, in effetti è così). L’Alienottola in questione è particolarmente territoriale, appena qualcuno poggia qualcosa sul lato destro (sia esso Koris, ‘thieu, l’Amperodattilo o un professionista sanitario) si mette a scalciare come a dire “oh, questa è zona mia, fuori dalle palle”. Molto tenero, già, non lo facesse anche quando Koris sta trasportando la spesa fra le braccia o quando si sdraia per sbaglio sul lato destro. Koris è molto curiosa di vedere che razza di piedi e che muscoli delle gambe può avere un microbo del genere per sferrare calci così forti. (Nota: uno studio inglese ha stimato che i feti possono sferrare calci a 45 N, quindi non sono pacifici per nulla, se a qualcuno interessa cosa dice la scienza…)

Contrazioni queste sconosciute: dovrebbero essere le contrazioni preparatorie al parto, quelle che permettono di farsi un’idea di cosa potrebbe capitare nel preludio al momento clou. Solo che no, l’utero di Koris ha deciso che è troppo sbattimento, oppure è troppo malmenato dall’Alienottola per osare un movimento. Quindi Koris non ha idea di cosa dovrebbe sentire: c’è chi narra di dolori inenarrabili, ma in altre circostanze doveva capitare la stessa cosa e invece nada de nada. Koris ha forse una resistenza al dolore incredibile? Ci crediamo poco. Significa che l’Aliena non ha nessuna intenzione di sloggiare di lì e bisognerà tirarla fuori con l’esplosivo? La prospettiva non è molto allettante, ma staremo a vedere.

Legamenti da ottantenne: un giorno di inizio marzo Koris si è appesa nell’imbrago da speleo e ha avuto l’impressione che le ossa del bacino (suo, eh, ricordiamo che quello dell’Aliena è di titanio) stessero per fare crack. Ora, quando si porta uno sbilanciato marsupio di carne in continua crescita non c’è da stupirsi del decadimento della forma e della sostanza. Ma il crollo verticale non era atteso. Nemmeno quel sordo dolore sotto la scapola, come una pugnalata a destra, che pare essere diretta conseguenza della posizione dell’inquilina a scrocco. Insomma, questi ruggenti ottant’anni non ce li meritavamo. Ci sono giorni in cui Koris, per meglio calarsi nella parte, si deve fermare mentre sale le scale per il terzo piano. Un po’ suo malgrado (perché la sua mente razionale ha difficoltà a credere a certe stregonerie) deve ammettere che da quando ha iniziato una sorta di yoga-routine consigliata dall’ostetrica e ripetuta ogni giorno, la mobilità articolare è un po’ migliorata. La sfida ora è mantenere la razionalità e non barattare dei legamenti integri con ore di saluto al sole col culo all’aria.

Momentanea interruzione di corrente: almeno fino a nuova erogazione di zuccheri. Cosa che succedeva già nel secondo trimestre, ma qui è un racket. Koris ha dovuto istituire di nuovo la merenda della dieci del mattino e la merenda pomeridiana, altrimenti l’Aliena le taglia i viveri nel senso letterale. S’è deciso che entrambe le merende devono essere a base di frutta perché da quando la bilancia ha iniziato a segnare 60 kg Koris si sente un cetaceo di grosso calibro ed è meglio non sbracarsi. Anche se ucciderebbe per un gelato artigianale, che tanto non può mangiare per via del rischio di bacilli assortiti. A proposito, ormai è quasi ora della sua mela giornaliera…

Da un momento all’altro: perché scavallata la trentaseiesima settimana può succedere di tutto. Ma niente panico, eh. Basta essere preparati a qualunque evenienza, sia ad accogliere un lattante urlante dal mattino alla sera, sia a dover attendere che vengano a sfrattarlo dall’utero fuori tempo massimo. Si speracano le testimonianze della zia Tittina che ha partorito un vitello in forma umana di cinque chili alla quarantacinquesima settimana, e fioccano i racconti della cugina Cesira che l’ha partorito a otto mesi tondi nei bagni dell’ufficio, il giorno prima di andare in maternità. Esperienza “Trenitalia CiScusiamoPerIlDisagio” o “AmazognPraim consegna in giornata”? Impossibile saperlo, si possono avere solo aneddoti e statistiche. Visto che Koris è abbastanza indietro con la preparazione (o comunque non così avanti come vorrebbe), tutto ciò crea un clima da “sto preparando l’esame più tosto del corso di laurea e ho appena scoperto che ci sono altre due pile di dispense da studiare”. Solo che stavolta non si può rimandare al prossimo appello.

La cosa bella è che chiunque voglia rassicurare Koris dice “dai, fra poco è finita”. No, fra poco COMINCIA.

“Sto arrivando, ammerde!”

Uova di Pasqua

Koris ha vissuto questa Pasqua toccata-e-fuga a Merdopoli come se fosse un uovo di cui tutti aspettano la sorpresa. Solo che la sorpresa, per fortuna, si farà attendere ancora un po’. Poco. Troppo poco per essere pronti psicologicamente, troppo per non avere una voglia matta di tornare a piegarsi a libro o gestire la propria vescica senza un’Alienottola che la usi come cuscino. Ma non soffermiamoci troppo sul particolare in questa sede onde evitare ulteriori crisi di panico.

L’Alienottola è passata da “un body e una tutina” a “guardaroba da fashion blogger” grazie alla parte italica della famiglia, in particolare dell’Amperodattilo in versione nonnAmper. Ha un sacco di roba con dinosauri, ricci in onore di ‘thieu e anche qualcosa di rosa tanto per ricordarle che è un’opzione. Menzione speciale a Orso in versione ziOrso che ha regalato un paio di occhiali da sole microscopici, nonché all’Orso-fidanzata e alla tutina con le zampe da papera che è meravigliosa. Per la quota vintage nel lotto ci sono anche due gilè classe 1986 dell’era Koris che sono stati conservati attraverso i secoli.

L’Amperodattilo, oltre alla sua abituale produzione industriale di cibo, ha cercato di instaurare un dialogo con l’Aliena per interposta panza di Koris, accarezzata come il piede di San Pietro in Vaticano. Cerca di immaginare quali vie prenderà la genetica dell’Aliena, auspicandosi che recuperi gli occhi azzurri per via paterna, ma le zampe lunghe da Amperodattilo. Ogni tanto tira fuori le foto di baby-Koris-emissaria-di-Satana e baby-Orso-paciocchino, facendo inferenze sull’Alienottola. Koris cerca di immaginarsi a gestire un mini-umano e… vabbè, lasciamo perdere. Il pressing maggiore dell’Amperodattilo continua a essere sul nome della creaturina zampettante, tutt’ora sospeso, con multipli suggerimenti. Poi si è scoperta l’esistenza del nome Ombeline e la componente ligure ha deciso che poteva essere la scelta definitva in questo periodo di incertezza:
“Come ti chiami?”
“S’Ombeline”

U Babbu è quello che porta un filo di razionalità ed è da qui che si comprende la gravità della situazione.
“Mi confermate che oggi è proprio il giorno di Pasqua?”
“Sì, perché?”
“Quelle cazzo di uova che mi avete fatto comprare devo andarle a prendere in cantina anche se abbiamo finito di mangiare?”
Quando Koris manifesta dubbi sull’Aliena-management, U Babbu si limita a dire “vedrai, sarà una grande avventura”; viste le avventure di cui è esperto U Babbu, c’è da chiedersi se sarà un poema epico con tanto di visita agli inferi. Attende con ansia che gli addetti ai lavori vengano a montare sul terrazzo la pergo-tenda, detta dall’Amperodattilo anche pendo-terga. Sta colonizzando il terrazzo limitrofo a colpi di piante come se fosse un presidente russo qualsiasi; qualora i condomini dovessero fare rimostranze, ‘thieu ha proposto di dire che si sente minacciato e ha bisogno di difendersi con truppe vegetali.

Orso cerca di abituarsi psicologicamente al ruolo di zio, promettendo di venire a Marseille quando l’Alienottola sarà in libera uscita e “sto un paio d’ore, le faccio qualche smorfia, qualche foto, poi appena si riempie di cacca la riconsegno ai responsabili”. Pare allo stesso tempo intrigato e intimorito dalla Koris-panza semovente, ogni tanto la tocca ma poi si ritrae, soprattutto se l’inquilina tira fuori una zampa.
“Ma è tutta dura!”
“Ha le ossa, pensavi che fosse un lombrico?”

Koris e ‘thieu tengono botta, anche se sono un po’ frastornati, sempre con l’aria di chi sta preparando un esame enorme fuori tempo massimo. Ma almeno, con un lettino montanto e un guardaroba fornito, l’Alienottola non dovrà più né dormire in un cassetto, né essere arrotolata in una vecchia maglietta.

In compenso ora il cassetto è pieno e bisogna pensare a una cabina armadio se va avanti così…

Discostruzioni

Mentre Koris era troppo occupata a tirare insulti grossi a divinità a caso, ree di non prendersi cura di Capo Giuseppi in modo adeguato, l’hardisk del laptop Blatto decideva che era il momento giusto per entrare nell’empireo informatico e iniziare a lanciare errori di I/O. Koris ha una certa esperienza in sciagure informatiche e sa che gli errori di I/O prima e il filesystem in sola lettura poi non sono sintomi di qualcosa di buono. Al termine di un backup matto e disperatissimo, ha iniziato a farsi domande: Blatto è un laptop ricondizionato di gamma bassa giunto alla veneranda età di otto anni, cambiando disco quanto può durare ancora? Non sarà meglio lasciarlo andare al suo tristo destino e abbracciare un nuovo ricondizionato da battaglia (no, nonostante l’arrivo del gheming leptop Arael c’è bisogno di un laptop da battaglia, Arael ha un certo valore di mercato che lo preserva dalle turpitudini)? Al che Koris si è detta che la sua reazione è molto strana, se si fosse trattato del macbook Trillian non l’avrebbe lasciato andare nemmeno dopo un’esplosione termonucleare. Forse vuol dire che si cresce; o forse vuol dire che nella vita c’è posto per un unico grande amore, e quell’amore è Trillian.

‘thieu è tornato dalla conferenza fiorentina nel cuore della notte, dopo una mini-odissea fra aerei, scioperi dei controllori di volo e treni. Satollo di gelati e prosciutti, la prima cosa che ha fatto è stata scrafazzarsi su un marciapiede non si sa come. Da quando si è svegliato ogni tanto acchiappa Koris a tradimento e le strofina la trippa. Tanto poi la squatter mica se la prende col genitore#1, fa le sue rimostranze all’organismo ospite. Si medita vendetta tremenda vendetta e potrebbe essere a base di pannolini ripieni.

Koris si è svegliata (per modo di dire, visto che l’Alienottola in versione ninja l’ha fatta stare in ansia per una buona parte della notte) col pensiero fisso che questo aprile potrebbe essere l’ultimo mese che passano in due, senza un mini-terzo incomodo urlante. La curva dell’occazzo ha subito un’impennata en la forma exponencial. Anche bene perché il congedo per maternità è così vicino da poterlo quasi toccare e sta arrivando il momento in cui Koris potrà tornare a fregarsene di toxoplasmosi e listeria, nonché magari a piegarsi a libro senza una baionetta sotto le costole; però soprattutto OCCAZZO.

Forse con l’eco di questo ohcazzo nelle meningi, forse perché Orso ha fatto recapitare una sdraietta immobilizza-mini-demoni e si è raccomandato di controllare che ci fossero tutti i pezzi, si è decretato che forse all’alba del nono mese è giunto il momento di smettere di cazzeggiare e montare qualcosa. ‘thieu si è battuto contro le istruzioni teutoniche del treppiede della sdraietta, ha litigato con una rete-porta oggetti e ha rifilato il tutto a Koris, che è riuscita a mettere assieme i pezzi; ora conta di affidarle la fantolina in nome di sua lealtà alemanna. Visto che ormai il duo-e-mezzo era lanciato, s’è deciso di montare anche il letto con le sbarre forgiate da Odino o così si spera, visto come si muove l’Alienottola. Ad oggi in loco il guardaroba lascia molto a desiderare (è tutto o quasi in Italia fra le Ampero-zampe I-love-shopping-per-il-baby), ma almeno c’è un’alterantiva all’uso di un cassetto a mò di culla.

La situazione è dunque la seguente: nella stanza in cui è ancora montato Arael il gheming leptop (“questo posto poteva diventare una server house o un rifugio da otaku”, pensiero fisso), ora troneggiano anche sdraietta e lettino. Koris ogni volta che entra è sotto shock, finisce per fare una sorta di pellegrinaggio per chinarsi sul mini-materasso e si dice “fra meno di un mese e mezzo qui dentro potrebbe esserci una bestiolina urlante”. Quindi Koris fugge, dimentica di qualunque cosa dovesse fare in quella stanza. Poi ci rientra, la scena si ripete. Diamoci ventiquattr’ore di adattamento.

E insomma, forse è il caso di comprarsi un nuovo laptop da configurare al più presto. Almeno per arginare per qualche minuto l’occazzo.

“Sono il tuo baby-Cthulhu e il mio didietro ha appena dato il peggio di sé nel letto che avevi amorosamente preparato”

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