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Pattumeros si diventa

Per chiunque non abbia vissuto gli spensierati nonché tossici anni ’90, i Pattumeros erano dei mostriciattoli giocattolo definiti dal fabbricante “geni delle discariche”, una sorta di divinità minori della rumenta/munezza/rusco e tutte le possibili declinazioni regionali. Venivano venduti in sacchetti della spazzatura, da aprire nell’acqua ove sprigionavano sostanze ormai vietate dalla commissione europea per l’ambiente e dal buon senso, ma all’epoca nessuno se ne curava e i bambini ci tuffavano le mani dentro; poi trent’anni dopo ci lamentiamo dell’inquinamento delle falde acquifere. I Pattumeros in sé avevano un’estetica discutibile e un’utilità dubbia al di fuori della collezione, ma vuoi mettere la gioia di tirarli fuori dalla rumenta? Ne consegue che questo sarà un post per stomaci forti.

Koris non è mai stata una signorina-gnegne e la zozzura non le fa troppa paura, altrimenti non sarebbe (stata?) una speleologa. In questi otto anni ha pulito chilometri di corde che parevano uscite dal nido di un dinosauro con la diarrea, ha spazzolato tute di cui si era dimenticato il colore originario, ha lucidato ferraglia con incrostazioni di fango in reconditi ingranaggi inaccessibili. Si ricorda in particolare un’uscita alla Grotte du Barry in cui tutto (e letteralmente tutto, umani compresi) era così disgustoso e zozzo che venne imballato in sacchi della spazzatura (ok, gli umani no) e portato il giorno dopo a lavare al primo fiume disponibile perché non era pensabile portare in casa quella roba. Menzione speciale al dover pulire la tenda dalle deiezioni dei simpatici uccellini canterini o delle meno simpatiche e meno canterine lumache senza guscio, più piccole ma non per questo meno copiose. Insomma, Koris pensava di situarsi a un livello di schifo piuttosto elevato. Poi venne l’Aliena.

Il vantaggio del latte in polvere rispetto alla tetta “produzione limitata” è che i biberon sono diventati all you can eat. Lo svantaggio del latte in polvere è che avendo dei biberon all you can eat ci si illude che qualunque momento di urla feroci possa essere curato col cibo. A peggiorare le cose c’è l’incapacità di Alienottola a esprimersi altrimenti che urlando o cercando di ciucciare cose ma anche persone. Tre giorni fa l’Aliena frignava, Koris era cosciente che l’intervallo delle tre ore fra un biberon e l’altro non era ancora passato, ma non trovava altra spiegazione al pianto disperato. Ha quindi deciso di usare la stessa tecnica collaudata dall’Amperodattilo quando gatta Spin miagolava senza posa: riempirla di cibo. L’Aliena ha sembrato gradire il trattamento, ha finito il biberon, ha fatto un ruttino pro-forma e quindi è stata parcheggiata sulla sdraietta in un apparente stato di beatitudine. Koris si è illusa di avere un attimo di tempo per se stessa, poteva magari guardarsi un film. Tuttavia l’Aliena ha deciso per lei: un remake della celeberrima scena de “L’esorcista”. Ha vomitato l’intero biberon e forse più a getto d’idrante su tutina, body, asciugamano messo a inutile protezione della sdraietta e sdraietta. Non sembrava troppo turbata dall’evento, a differenza di Koris, che sperava nell’intervento di un adulto responsabile. Poi si è ricordata di essere lei, l’adulto responsabile. Ha cambiato l’Aliena, in cui la possessione demoniaca di Pazuzu sembrava passata, ha preso tutte le parti tessili vomitate e si è messa a lavarle, a mano, rimpiangendo il fango della Grotte du Barry. C’è da dire che pensava che avrebbe vomitato anche lei davanti al rigurgito alieno, invece per ora se l’è cavata solo con una pletora di pensieri suicidi. Un progresso, forse.

Si pensava che dopo lo tsunami gastrico non si poteva scendere (o salire) di più sulla scala dello schifo, ma l’Aliena ha deciso che non c’è un limite al peggio. Stanotte alle due ha richiesto attenzioni. Già che nella nostra società tecnologica nessuno si sia ancora inventato un assistente per i risvegli notturni è grave. Koris ha messo a scaldare i biberon preparato a un’ora in cui la presunta adulta era ancora in grado di intendere e di volere (circa), quindi è andata in esplorazione del pannolino alieno. Niente rifiuti tossici, Koris ha pensato di sfangarla senza troppe difficoltà con un cambio, un biberon e un rutto. Si è lanciata nel primo step col pilota automatico, mentre l’Aliena urlava perché è un esserino che tiene al proprio pudore, si vergogna se sta a culo scoperto. Alle battute finali, l’Aliena ha tirato un calcio al pannolino in via di chiusura e ha liberato le budella su qualunque cosa fosse a tiro di intestino (questa pratica ha assunto il nome in codice di “caccapulta”): pannolino, body, fasciatoio coperto da un asciugamano su Ampero-consiglio rivelatori vitale. Koris avrebbe di nuovo voluto avere un adulto responsabile da cui andare a piangere, poi si è ricordata di non averne. Ha preso l’Aliena scagazzata e ancora urlante in braccio, ha tolto l’asciugamano vittima, ha buttato il pannolino, ha cambiato il body. Appena pulite le sante chiappe chiuso il secondo pannolino, l’Aliena ha sganciato un’altra bomba tossica. Tutto da rifare, ma almeno non ci sono state vittime collaterali. Terzo pannolino, altro cambio al volo come se ci fosse un timer e una carica di esplosivo pronta ad esplodere… oh, ma è così: terzo rumore inquietante, terzo pannolino sacrificato. Koris inizia a capire Medea, si contiene sapendo di non avere a disposizione il carro alato del Sole per fuggire lontano. L’Aliena urla il suo disappunto nella notte, ma per Koris-fortuna la caccapulta è scarica; mentre si ricarica con un biberon, Koris si appunta di dover lavare a mano le vittime notturne, rimandando all’indomani e maledicendosi in più modi. Per un puro caso le macchie spariranno con una copiosa dose di sapone solido.

Non che Koris non fosse al corrente di codeste luride abitudini dei neonati e della loro propensione a produrre ingenti quantità di rifiuti organici (e di rifiuti tout court, visto il numero di pannolini consumati e no, quelli lavabili non sono una soluzione praticabile). Però non pensava che in poco più di un mese riuscisse a pulire le peggiori schifezze senza battere ciglio. Deve essere un segno inequivocabile della sua trasformazione di Pattumeros.

Koris in versione Pattumeros

Latte forzato, ziOrso e la kimika

Dall’ultimo post non sono passati così tanti giorni, eppure per Koris pare trascorso un secolo di quelli belli densi, con carestie, guerre e sconvolgimenti politici. Un secolo qualunque, tutto sommato. Koris ha cercato di seguire alla lettera il protocollo di allattamento forzato o gavage di oca da fois gras per l’Aliena, nella speranza che quest’ultima mettesse su ciccia. Non proprio facilissimo come compito.

Un po’ ovunque sui libri o nel web si racconta questa favola che l’allattamento sia un momento magggico (ma che, ancora?!) in cui madre e neonato stanno occhi negli occhi, in una bolla di tenerezza che prolunga il legame simbiotico della gravidanza e… e… e tutte ‘ste cose qui. Solo che ancora una volta ci mentono. Magari sarà bello e magggico di giorno, con la madre seduta su una comoda poltrona, in un angolo confortevole di una veranda dalla luce ambrata, che allatta al seno un neonato candidamente vestito che le sorride dal profondo dei suoi occhi blu. Il tempo dello spot di un ammorbidente, all’incirca. La verità è che avere una ventosa attaccata alle tette ogni due massimo tre ore non è il massimo della vita: la madre (ma piuttosto il genitore#2) vive il momento della poppata con lo stesso stress di una fustigazione sulla pubblica piazza, ma pure il pargolo inizia a detestare quell’essere umano si avvicina con un pasto del tutto insoddisfacente, roba da chiedere di vedere lo chef, litigare e quindi posare le peggio recensioni su tettAdvisor. Si va avanti così per giorni. Almeno questo allattamento forzato ha portato a qualcosa?

LOL, no. Quattro giorni di gavage intensivo e l’Aliena pesava tanto quanto prima, non ha preso mezzo grammo nemmeno per sbaglio. Koris ha iniziato a farsi molte domande sulle sue performance in quanto allattatrice, ma il web dice che no, la sacra diade madre-neonato si autoregola, le tette sono sacre (e non è una regola di pornHub) e se c’è l’ammmorrre c’è il latte buono e tutto va nel migliore dei modi, arcobaleni e unicorni sullo sfondo. L’ostetrica, più pragmatica, ha detto “tirati il latte, dalle il seno e quindi completa con 40 ml ogni due ore, notte e giorno, così sappiamo quanto mangia, la pesiamo di nuovo fra 48 ore”. Arcobaleni e unicorni una sega, il panorama diventa all’improvviso lo stesso di Mordor.

Koris entra in un nuovo incubo a base di tette succhiate e tette tirate, passando due giorni a mostrare le sue non-proprio-grazie al quartiere, tanto il pudore è sentimento sopravvalutato. In concomitanza, ma senza correlazione fra le due cose, Aliena ha ricevuto la visita di Orso, fresco della nomina a ziOrso (“ma funziona davvero!” sono state le prime parole pronunciate davanti alla nipote), e della di lui fidanzata. Così, mentre Koris si lanciava in questo show zinne-de-fori a zero contenuto erotico e ‘thieu era sparito per lo suo migliore, Aliena ha degnato ziOrso del suo primo sorriso, del suo primo dito in bocca e di una colossale scoreggia durante il bagnetto. Zii in estasi per tutto, puzzette comprese.

“Però belin, tu non puoi andare avanti così, fatti dare il latte artificiale” ha sentenziato Orso davanti alla performance indecente della sorella semi-nudista, che nonostante le sessioni di pompaggio intensivo produceva una quantità di latte appena sufficiente per fare un caffè macchiato. Anche l’Amperodattilo a distanza (e in astinenza) era dello stesso avviso: “un bebè ha più bisogno di una mamma che di una tetta, guarda l’esperimento delle scimmiette di Harlow: si nutrivano dalla scimmia di metallo, ma poi andavano a rifugiarsi sulla scimmia di peluche”. In questo caso il ruolo della scimmia di peluche è svolto da ‘thieu, ça va sans dire.

Koris ha tenuto botta per 48 ore, compresa una notte in cui l’Aliena urlava la sua fame al mondo e le Koris-tette erano a secco quanto le falde acquifere quest’anno; una sensazione non proprio piacevole, sapere di stare affamando la progenie e non poterci fare nulla, soprattutto alle due di notte. Giunto il momento della pesata, l’Aliena aveva preso trenta grammi scarsi. Verdetto: il latte di Koris è poco e light, ottimo per la prova costume ma non per un’Alienottola nata già piccoletta, meglio vendersi a BigPharma e passare alla kimika del latte in polvere.
“Spero che tu lo accetti e non ti senta sminuita nel tuo ruolo di madre, altrimenti puoi…”
“Ma che, scherziamo, caccia ‘sto bidone di polverina, sticazzi la tetta, l’allattamento al seno e la diade neonato-madre, viva la chimica se possiamo spezzare questa schiavitù del latte insufficiente”

Siamo alla fine di questa storia? Lo sapremo forse la settimana prossima, a meno che l’Aliena non voglia restare un bebè bonsai. Koris è abbastanza provata da questa esperienza, per lo stress e la mancanza di sonno, e sarebbe molto felice se si fosse trovata la soluzione. Per il momento Alienottola l’ha inquadrata come la stronza che cerca di nutrirla, non ha latte a sufficienza, la tortura nel cuore della notte con delle tette scarse e al mattino con il cotone nel naso, pertanto non esita a mostrare tutto il suo sdegno. Molto meglio prendere il biberon da ‘thieu, che in quanto sprovvisto di tette inadeguate è stato risparmiato dal giudizio severo di una neonata di tre settimane (la cui data di consegna stimata era fra oggi e domani).

Se arricchiamo il latte con del plutonio magari l’Aliena riesce a prendere mezz’etto

L’allattamento e l’attacco cylone

Fra tutto il pool genetico di gente circa normalmente costituita, l’Aliena ha deciso di scegliere proprio i pezzi del Koris-dna fallato che codificano per quella cosa che voi umani chiamate “crescita”. Detto fuor di metafora, l’Aliena sta bene, è vitale e ha tutti i pezzi per il momento in ordine, ma sono pezzi in miniatura che a due settimane dall’arrivo sulla Terra sembrano voler restare tali. Chissà da chi ha preso questa tendenza al bonsai almeno per ora, mah, chi può dirlo…

Per un neonato non si va molto per il sottile: non cresce perché non mangia abbastanza. Dopo un inizio di allattamento non catastrofico ma quasi, Koris si era persuasa che ormai l’Aliena aveva trovato un suo ritmo di crociera e se non reclamava il buffet non aveva fame. Del resto si dice che i neonati non si lascino morire d’inedia, anche perché non hanno ancora ben chiaro quanto questo mondo faccia schifo, magari hanno qualche illusione in materia. No?

NO. L’Aliena non mangia abbastanza, quindi non cresce, quindi non si sa quali siano le conseguenze, a parte vestire la taglia 14 anni a vita come il suo ex-organismo ospite. Però l’ex-organismo ospite ormai come si sa è una causa persa haute trois pommes, magari per l’Aliena si può ancora fare qualcosa affinché viva nell’universo dei normodotati e non in quello dei nani da giardino.

“La deve nutrire di più”
“Ma quanto di più?”
“Ogni due ore”
“Ma se dorme…?”
“La sveglia e la nutre”
“Anche di notte?”
“Di notte può fare ogni tre”
“Com’è umana lei”

Non si sa cosa pensi l’Aliena di questo trattamento di gavage, a meno che non stia prendendo appunti mentali per un futuro processo a L’Aia. Se non diventa un’oca da fois gras entro Natale, cosa che nessuno si sente di escludere, a questo punto. Non si sa nemmeno cosa ne pensi il padre, che avrebbe potuto contribuire con dei burrosi geni francesi atti alla bisogna, anziché coi rinsecchiti geni mediterranei formato tascabile. Però sappiamo cosa ne pensa Koris.

Come in tutte le circostanze della sua vita, Koris si rifà ai suoi modelli ideali e in questo caso è ancora una volta Battlestar Galactica, il primo episodio della prima stagione, per essere precisi. Si intitola “33 minuti” perché la flotta coloniale viene attaccata esattamente ogni tre minuti dai cyloni cattivoni, con le conseguenze che si possono immaginare fra mancanza di sonno, nervosismi e quant’altro. Ecco, Koris si sente catapultata in quell’episodio, con una sveglia ogni due ore che sembra annunciare l’arrivo di una catastrofe (o meglio, nel suo caso di una cacastrofe) e dieci minuti di combattimento serrato a base di “piglia sta tetta e tenitela per un tempo ragionevole”. Poi torna la calma, l’Aliena si ritira nell’iperspazio del suo lettino con le sbarre, Koris medita che era meglio morire nell’esplosione di una testata nucleare sulle Dodici Colonie di Cobol. E che ormai la sua vita è questa, e il peggio è che se l’è anche andata a cercare, so say we all. Ore passate in questo stato: ventiquattro.

Sarebbe molto carino che anche per Koris si scoprisse che c’è una nave spia nascosta nella flotta e che una volta silurata la faccenda finisce. Ma la faccenda potrebbe non essere così semplice e non c’è il capitano Adama a tirarci fuori dagli impicci. A meno che alla pesata di martedì l’Aliena non si diventata un bébé francesissimo di cinque chili, tuttavia non si può garantire che Koris arrivi viva a tale giorno…

Se almeno l’Aliena avesse un indicatore di riempimento sarebbe pù semplice…

Atto II: l’ospedale di Silent Hill

Atto I: l’arrivo dell’Aliena

La notte sta cedendo il posto al mattino in quelle ore in cui nessuno sa mai a che punto del giorno si, fra le quattro e le cinque. Koris ha ripreso l’uso della gamba sinistra e ha finalmente infilato due biscotti in una pancia disabitata, poiché l’inquilina precedente sta guardando il mondo da una culla-bacinella lì a fianco. Un folle pensiero coglie Koris ed è “fosse solo per il parto, potrei anche rifarlo”, poi si ricorda degli ultimi mesi senza formaggi e magari anche no, ecco.

Koris e Alienottola vengono sbarcate nella camera 2101, una singola grazie al consiglio dell’ostetrica Cecilia. Il suo progetto, appena ‘thieu sarà sulla strada di casa, è svenire qualche ora mentre l’Aliena non ha ancora chiare le meccaniche di questo universo, mangiare e poi fare il necessario. Un programma di tutto rispetto.

Sono le sei quando bussano alla porta e aprono la porta un nanosecondo dopo.
“Siamo l’equipe del turno di notte, veniamo a controllare la bambina per passare le consegne al turno di giotno. La bambina ha mangiato?”
“… quale bambina?” chiede Koris, ancora poco cosciente di avere un’Aliena a carico. Inizia così una lunga teoria di gente che entra ed esce dalla camera, tutti con ottime ragioni, ma l’unica ragione che Koris vorrebbe sentire è la colazione. Nel mentre si scopre che Alienottola ha la temperatura media di un rettile di piccole dimensioni, le viene quindi assegnata una sorta di lampada termica da tenere sopra la culla-bacinella; la lampada ha un sensore di temperatura col brutto vizio di perdere il segnale e mandare un fischio fastidiosissimo. Molto piacevole dopo due notti insonni.

Nel mentre Koris viene edotta su uno dei temi ansiogeni che l’aspettavano al varco, ovvero il cambio del pannolino. L’Aliena, da brava creatura di un altro pianeta, produce un rifiuto tossico di cui nessuno poteva immaginare l’esistenza. Koris si convince che non ci riuscirà mai, eppure due ore dopo si ritroverà sola a cambiare l’Aliena su un letto d’ospedale, testa a testa con una sostanza che fa desiderare un bagno nella piscina di un reattore e un mini-culo maleodorante: è sopravvissuta.

L’aspetto invece del tutto sottovalutato, anche perché “ho l’incontro con la mia ostetrica apposta il 4 maggio, arriverò preparata”, è l’allattamento. Sottovalutato nel senso che Koris non si era proprio posta il problema, in maniera piuttosto incosciente e fricchettona perché “lasciamo fare a MadreNaturaTM”. Tuttavia, quando si partorisce un’Aliena di piccolo carenaggio che produce rifiuti tossici in gran quantità, l’allattamento diventa una questione di stato. Bonus: le Koris-tette non sono pronte a diventare una fonte di alimentazione primaria, non hanno ancora realizzato di non essere più appoggiate su una panza importante e stanno ancora smaltendo il trauma del trovarsi piene di bava aliena nel post-parto immediato. Invece inizia il cosiddetto “mobbing dell’allattamento” in cui qualunque ausiliaria di puericultura si sente in dovere di fare commenti più o meno sgradevoli sull’incapacità di Koris a ficcare una tetta-imbuto nel gargarozzo di Alienottola e nutrirla come un’oca da fois gras.

“La bambina non mangia abbastanza e non prende peso” diventerà il ritornello ossessivo dei tre giorni successivi. Il primo giorno Koris vorrebbe urlare che forse sarà perché l’Aliena è sbarcata con tre settimane d’anticipo, ha bevuto sedici litri di liquido amniotico e ha rischiato di strozzarsi in uscita, magari ha bisogno di un po’ di tempo per ambientarsi sul pianeta. Invece no, le ausiliarie dicono che non è normale, che il binomio non funziona e Koris deve farci qualcosa; alla domanda “ma cosa?” nessuna risposta esaustiva, forse perché “una mamma lo sa”, anche se Koris non sa niente come Jon Snow. Questo avvelena totalmente l’arrivo di ‘thieu, che subisce lo shock di tenere Alienottola per la prima volta e la vertigine del primo pannolino cambiato in tandem.

Poi viene la notte. E di notte quel luogo di presunta gioia a base di mammine e bambini felici si trasoforma in un’atmosfera opprimente che non ha nulla da invidiare al Nowhere di Silent Hill. L’Aliena si arrostisce sotto la lampada, che a sua volta crea un microclima tropicale in camera, e in questo suo stato di spaparanzata su una spiaggia caraibica non pensa nemmeno per sbaglio a mangiare. Koris sa che dovrebbe nutrirla a ritmo serrato, ma non riesce a darle nemmeno una goccia di latte, forse vista la temperatura che percepisce Alienottola vorrebbe piuttosto una pina colada con latte di cocco. Disperata, Koris chiama una puericultrice per farsi aiutare. Grossolano errore: entra una giovincella con al collo una sorta di paramenti sacri che sembra padre Amorth in procinto di effettuare un esorcismo.
“La bambina ha mangiato?”
“No, l’ho chiamata perché non riesco a metterla al seno”
“Com’è possibile?”
Boh, forse perché Koris ha un dottorato in fisica e non in nutrizione dell’infante, ma son dettagli. Inizia un balletto a base di strizzate di tette, Aliena che si rifiuta di mettere in bocca quell’affare molliccio strapazzato (datele torto), la puericultrice-Amorth che si incazza e va a prendere un biberon di latte artificiale, ma “non ha il diritto di darglielo, solo qualche goccia per farle venire voglia”. Aliena si rompe il cazzo ad appena 24 ore di vita e si addormenta. La puericultrice-Amorth prende un’aria grave.
“La deve sorvegliare, perché già è piccola, se non mangia non se ne esce”
Koris passa la notte a guardare il ricamo di Baby Yoda andare su e giù al ritmo del respiro di Alienottola.

Arriva il mattino e porta consiglio, ma soprattutto porta ‘thieu che garantisce un minimo sindacale di serenità, nonché un pezzo di fugasse untissima e due tavolette di cioccolato. I Maiores sono in viaggio a tappe forzate da Merdopoli per adorare la nipote appena fabbricata. Koris è a pezzi come un mobile Ikea, l’Aliena continua non voler sapere niente delle sue tette, quell’affare molliccio al tuo gatto in cortile lo puoi buttare (citazioni di spessore). Ma non è tempo di inflaccidirsi perché vengono a chiamarla per imparare a fare “les soins du matin”, ovvero come pulire il viso a un neonato senza usare il Cif. Koris chiede a ‘thieu supporto morale, e del resto deve imparare anche lui.

Qui Koris si trova davanti a una puericultrice più anziana molto sbrigativa che tortura Alienottola con un cotone nel naso e infilandole a tradimento un cucchiaio di vitamina nel gargarozzo. Alla pesata l’Aliena risulta dimagrita, ma con la sua produzione industriale di cacca non dovrebbe stupire. Per fortuna dalla vecchia arriva anche il primo suggerimento sensato.
“Lei ora spedisce suo marito in farmacia a comprare gli adattatori per tette (paracapezzoli? Si chiamano così questi oggetti molto sexy?) e vediamo se la bambina mangia di più”
Quindi, rispedita Koris in camera con l’Aliena, la vecchia prende da parte ‘thieu per raccomandarsi “non stia a sentire cosa dicono le altre, l’importante è che Alienottola inizi a mangiare, il resto sono solo cazzate”
La vecchia svolge lo stesso ruolo della nutrice nelle opere del XVII secolo, quello della dispensatrice di saggi consigli pratici.

Koris mangia poco e male perché le portano il pranzo proprio mentre è assente. La stanchezza ormai è un macigno che schiaccia le spalle, il sonno nemmeno a parlarne e Koris non si è lavata da quando ha partorito. Per non parlare di quel senso di inadeguatezza fisso a metà della gola come un boccone incastrato che soffoca piano piano, incapace di andare giù. Per fortuna un’infermiera umana, accortasi dello stato mentale putrido di Koris, si offre di portare Alienottola un paio d’ore al nido perché Koris possa farsi una doccia e perdere i sensi per un po’. Koris non gliene sarà mai abbastanza grata.

A pomeriggio inoltrato arrivano i Maiores che vengono del tutto fagocitati dal gorgo dell’Aliena. L’Amperodattilo fuori controllo continua a ripetere “ma guarda un po’ cosa ci hai fatto!”, U Babbu fa un servizio fotografico degno di un paparazzo con un erede al trono. ‘thieu approfitta dello stordimento generale per farsi promettere futuri babysitteraggi, i Maiores rispondono di sì ed è quasi circonvenzione di persona non in grado di intendere e di volere. Grazie agli adattatori per tette l’Aliena riesce ad alimentarsi per più di mezzo secondo, persino le Koris-tette sembrano voler collaborare.

Però poi torna la notte. Koris pensa che stavolta potrebbe affrontarla meglio, del resto se l’Aliena inizia a mangiare le cose dovrebbero funzionare. Arriva la puericultrice-Amorth della sera prima.
“Adesso la bambina mangia?”
“Credo mi stia arrivando il latte e con gli adattatori-per-tette Alienottola si attacca meglio…”
“Non dovrebbe usare quegli affari lì”
“Ma la sua collega ha detto…”
“Se li usa troppo la bambina prenderà delle cattive abitudini”
Quali cattive abitudini? Chiederà un sigaro dopo la poppata pomeridiana? Si metterà a spacciare hashish ai compagni del nido? Vorrà fare il bagnetto solo sorseggiando Martini agitato non shackerato con un’oliva? Non è dato sapere.

Le ore passano, Koris fissa l’Aliena che dormicchia e sarebbe pronta a uccidere per avere un accesso a Netflix e svuotarsi il cervello. Decide di emulare l’Amperodattilo di trent’anni prima e scrivere tutto quello che succede durante la notte, poppate, pannolini cambiati nelle tenebre, sonno, tutto. Questo le varrà lo scherno della puericultrice-Amorth che all’aurora dice “non era necessario scrivere un romanzo”.

Rispunta il sole, il reparto maternità torna ad essere un luogi frequentabile, ma ormai i punti sanità mentale di Koris stanno andano verso lo zero. Tuttavia le 72 ore di permanenza volgono al termine, quindi magari qualcosa si può recuperare. Lo chiede alla puericultrice che passa a controllare il colorito dell’Aliena.
“Ah, ma mica lo decide lei. Se sua figlia continua a perdere peso non vi lasciamo uscire”
Grande momento di sgomento: Koris potrebbe non reggere un giorno supplementare. Vero, è una cosa molto egoistica da pensare da parte sua, visto che forse se restasse sarebbe per il bene dell’Aliena, ma si può dire che in questo frangente le due cose siano disgiunte?
“Scusi, ma non dovrebbe essere il calo fisiologico…?”
“Non ci interessa, deve prendere peso”
“Ma ci sono altri problemi, per caso?”
“No, sua figlia è perfetta ma è piccola, deve prendere peso”
Argh.

Il momento del primo bagno di Alienottola (non molto entusiasta, sulle prime) diventa un momento di stress perché alla pesata madamigella risulta essere arrivata a 2.54 kg, peso limite oltre il quale non è ben chiaro cosa succeda perché nessuno lo spiega. Koris intanto cerca di convincere tutti che forse adesso riesce ad allattare, nascondendo gli adattatori, e che magari forse l’Aliena si ripiglia. L’Amperodattilo entra furtivamente in ospedale al di fuori dell’orario di visita portando della torta alle mele e giustificandosi con “non mangiare quelle porcate di cibo ospedaliero, mangia la torta che ti fa latte”. Koris chiede consigli a destra a e manca per capire quando e quanto dovrebbe nutrire Alienottola, ma riceve pareri contrastanti fra cui “i neonati non si lasciano morire di fame, se vuole da mangiare le farà sapere”. Forse Aliena sta già seguendo una dieta per essere in forma per l’estate, a poco più di 48 ore dalla nascita, vai a sapere in questo mondo in cui ti mettono pressione quando sei appena uscito dall’utero.

Terza notte, Koris ormai ha reazioni animali e appena viene buio andrebbe a nascondersi in un angolo, soffiando a chiunque si avvicini come faceva gatta Spin nei momenti no. E a ragione, sembrerebbe. Arrivano due puericultrici del turno di notte, una potrebbe Amorth senza paramenti o magari no, ma è simpatica uguale.
“Sua figlia deve mangiare, se domani ha perso anche solo 20 grammi non la dimettiamo”
“Ma io come dovrei fare a farla mangiare? Quanto deve mangiare se al seno non ho nessuna indicazione?”
“La deve far mangiare ogni tre ore”
“Anche se non ha fame? E se dorme la sveglio?”
“Certo!”
“E per quanto tempo dovrei tenerla al seno perché sia efficace?”
“Bah, veda lei. Un quarto d’ora, venti minuti, mezz’ora…”
Argh.

Koris fa una chiamata in panico a Celia perché ogni tanto c’è bisogno di non restare soli nel buio. Quindi inizia a incoraggiare Alienottola a mangiare, sentendosi una merda perché impone questa cosa a un esserino di nemmeno tre giorni. Questa cosa non se l’era proprio immaginata, ancora meno che il parto.

Ancora l’alba, potrebbe essere l’ultima in ospedale, o forse no. Aliena è stata riempita come un’oca da ingrasso quando arriva la puericultrice a dire “la cambi e la porti alla nursery, che le diamo la vitamina K e la pesiamo”. Koris spera che il suo sordido piano di portare un’Aliena rimpinzata funzioni, ma nel momento in cui scartoccia il pannolino maledetto, la progenie produce un’onda anomala di rifiuti tossici arginata solo per puro caso. Alienottola sorride sardonica, Koris bestemmia per più ragioni. Vabbè, è andata così.

Il verdetto della bilancia dice che Aliena pesa 2.54 kg, esattamente quanto ieri. Quindi non ha perso i maledetti 20 grammi ma non li ha nemmno presi. Le puericultrici dicono “decide il pediatra, se ha fortuna ci sarà di turno qualcuno poco fiscale su ‘ste cose”. Una puericultrice si offre quindi di ispezionare come Koris allatti, cosa che non è proprio piacevole perché fa davvero sentire una mucca da produzione massiva. Per fortuna l’arrivo di ‘thieu da sì che all’ispezione la tipa sia più accomodante di quanto siata stata prima.

E poi arriva il verdetto: Alienottola sta bene, Koris anche, si va a casa. Koris potrebbe anche svenire per il sollievo, mentre banchetta a prosciutto crudo di contrabbando in attesa dei fogli per la dimissione. Ora sono tutti cazzi suoi e nessuno le spiegherà come cambiare, lavare o nutrire l’Aliena, ma sticazzi, si va a casa.

Atto III: il tunnel spaziotemporale

Immagine molto emo, ma fra mobbing e ormoni c’era poco da stare allegri

Atto I: l’arrivo dell’Aliena

Disclaimer, warning, quattro frecce lampeggianti: questo post parla di parto e dintorni, quindi se l’argomento vi è molesto o non volete assolutamente sapere, questo è il momento opportuno per fare dietrofront.

Potrebbe essere un qualunque mercoledì sera, ma per la precisione è mercoledì 19 aprile. Koris ha appena buttato una serata nel gabinetto con molta goduria guardando “Game over”, film horror indiano in versione hindi senza alcun senso, che potrebbe rasentare l’empireo del “so bad it’s good” o forse, ci vorrebbe l’avviso di un esperto come Junior. Non resta che andarsene a dormire e pregustare questo periodo di baby pensione chiamato congedo pre-parto. Sono le undici e tutto va bene.

Tutto sembra andare bene finché Koris non sente la necessità di andare a vedere cosa sta succedendo nel suo pigiama, all’improvviso umido. Sicuro sono le solite schifezze da gravidanza, del resto l’ostetrica del corso pre-parto ha sempre ripetuto “non aspettatevi che succeda come nei film in cui si allaga tutto all’improvviso come se si bucasse un palloncino”. Ahem, no. Oppure è un caso di incontinenza grave, parecchio grave; forse è auspicabile. Perché Koris non sarebbe pronta per metà maggio, figuriamoci adesso…

“‘thieu, alzati!”
Risuona il grido prima nel cesso e poi nella notte. Ormai è inutile negare l’evidenza: l’Aliena ha deciso che è giunto il momento di giungere sulla Terra e potrebbe essere complicato impedirglielo. Cosa c’è di pronto? Circa nulla, Koris aveva giusto iniziato a mettere due camicie da notte nello zaino per la maternità, pro forma, tanto per tacitare la coscienza, tanto c’è tempo. O meglio, c’era tempo, adesso non ce n’è più. Per il bagaglio dell’Aliena Koris aveva previsto di fare tanti sacchettini con abbinati body e tutine, la cruda realtà è ‘thieu che rovescia un cassetto dentro un borsone usato per una spedizione polare (sul serio). Certi elementi della lista per la maternità devono ancora arrivare per posta, facciamo senza. Nemmeno a menzionarlo, tutta la parte “confort” stile libri per ingannare l’attesa o playlist power metal per gestire le contrazioni passano del tutto in cavalleria.

“Non sono pronta” si ripete Koris nel breve tragitto fra casa e l’ospedale. Non che ci sia mai un momento ideale in cui si è pronti, ma lei non si sente pronta in maniera particolare. Contava su almeno altre due settimane di cazzegg… ahem, preparazione psicologica. ‘thieu andava in giro a dire “on attend une petite fille pour le mois de mai!” e il mese di maggio non è ancora in vista. L’Aliena è alla trentottesima settimana, una cottura al dente in pratica. Che storia è questa? “Non sono pronta”

All’ospedale Koris ha ancora la minima speranza che la rimandino a casa con l’onorevole diagnosi “madame, si è pisciata addosso”. Viene parcheggiata in un box per vedere cosa sta succedendo a casa dell’Aliena, mentre continua a perdere liquidi e dignità. Ripete in loop “je suis désolée” a ‘thieu perché sente che è un po’ colpa sua, magari se non avesse guardato quell’atroce film indiano sarebbe nel suo letto a dormire (o magari no). Il verdetto arriva verso l’una portato dall’ostetrica Cecilia.
“Sì, l’Aliena sta arrivando, si sono rotte le acque e sta iniziando la dilatazione, ora le diamo una camera”
“E io cosa dovrei fare nel mentre?”
“Aspettare. Se partorisce domani sera ci rivediamo!”

A Koris viene assegnata la camera numero, con vista sul deserto notturno della rue Saint Pierre. ‘thieu si impossessa della poltrona disponibile, lamenta che non ha pensato a prendersi un libro, quindi crolla addormentato. Koris vorrebbe moltissimo ucciderlo ma si contiene, sapendo che fra qualche ora potrà insultarlo in preda al dolore senza che nessuno la accusi di nulla. Per altro Koris è parecchio incazzata perché giusto il giorno dopo (o meglio, il giorno stesso) avrebbe dovuto incontrare la sua ostetrica per l’incontro preparatorio al parto; invece dovrà imparare sul campo, come al solito. Che due palle essere Koris.

Dalle sue nozioni provienti dal corso pre-parto monco, da letture smozzicate nonché dall’autorevolissimo “ER: medici in prima linea”, Koris sa una cosa: camminare può aiutare a velocizzare il travaglio. Lascia quindi il bell’addormentato sulla poltrona e inizia a gironzolare cercando di dare il meno fastidio possibile. I corridoi di un reparto ostetricia sono un posto assai particolare, in cui tutte sono lì per la medesima ragione o quasi. Nel suo girovagare Koris trova un armadio dei medicinali aperto e non sorvegliato (che se avesse voluto avrebbe potuto farsi overdosi di qualunque cosa), infermiere che dormicchiano, un’altra donna che arriva con i pantaloni fradici dicendo “credo di aver rotto le acque” (amen, sorella, sei nel posto giusto), un’altra che arriva in ambulanza senza sapere cosa le sta accadendo. E poi c’è la porta della sala parto 4, che si apre ogni tanto con infermieri che confabulano “bisogna richiamare l’anestesista per la terza volta, è al massimo dell’epidurale e continua ad avere dolori insopportabili”. Il che è molto rassicurante sapendo che fra qualche ora potrebbe toccare a te. Koris sente che l’OCCAZZO degli ultimi giorni si sta materializzando come un gigantesco tsunami pronto a portare devastazione.

Come tutte le primapare, Koris non aveva idea di cosa fosse davvero una contrazione, quindi perdiamoci qualche riga. Ha sentito una sorta di marea in salita, prima dolori del ciclo abbastanza standard, che col tempo iniziano a irradiarsi nelle gambe e a presentarsi con sconcertante regolarità. Ogni dieci minuti, ogni cinque, ogni quattro. Se verso le due Koris le ignorava abbastanza, all’appropinquarsi del mattino ogni tanto deve appoggiarsi al muro aspettando che passino. Altra cosa assai poco da Koris che però bisogna ammettere, gestire la respirazione con espirazioni lente aiuta a sopportare il dolore, tutto sta nel prendere i tempi giusti o sono cazzi.

L’alba sta arrivando sopra a Marseille, Koris non ha dormito nemmeno mezzo secondo (e ormai con le contrazioni sarà dura), quindi sveglia ‘thieu che viene salvato dall’ostetrica di giorno con un caffè. Koris invece sperimenta una delle esperienza più sgradevoli della giornata, ovvero la posa della flebo di antibiotici perché con la perdita di liquidi non si sa mai. Koris odia gli aghi, quindi viene bucata prima a sinistra e poi a destra perché non si riesce a prendere la vena buona.
“Vuole l’epidurale?” chiedono.
“Sì ma non subito” risponde Koris, che non ha nessuna voglia di farsi bucare ancora e che forse è meglio tenersi il dolore. Ma forse anche no, non è ben chiaro nella sua testa. Nel mentre forse è il caso di avvertire i Maiores che stanno per diventare nonni.

Si è fatta l’una del pomeriggio, il traffico marsigliese è rabbioso fuori dalla finestra. Koris rimbalza su una palla per cercare di ignorare il piccolo tirannosauro che le sta dilaniando l’utero. Si concede il lusso di una doccia bollente che le permette di sopportare ancora un’oretta di contrazioni bestemmiando una sola volta. Tuttavia ne viene da una notte insonne, non ha mangiato che un’insalata di ceci mercoledì sera e sente la barra dell’energia pericolosamente vicina allo zero. Si può portare un’Aliena in questo mondo senza energie? Non ne siamo certi. Si può mangiare o dormire con le contrazioni? Non proprio. Koris spedisce ‘thieu a cercare l’ostetrica per chiedere l’epidurale, hai visto mai aiuti a recuperare un po’ di forze.

Ore 14:30, Koris viene vestita con l’orrendo blusa ospedaliera e viene portata nella sala parto 4. La fine dei giochi potrrebbe essere vicina, il problema è non sapere quanto. Prima dell’arrivo dell’anestesista fa un briefing a ‘thieu sulla condotta da tenere: “hai visto che già mettere la flebo per me è un incubo, figurati una cannula nella spina dorsale, però l’epidurale mi serve per riposare. Quindi ti piazzi davanti a me e qualunque cosa io dica o faccia fregatene, tienimi ferma e dì ai medici di continuare”. Un po’ Ulisse con le sirene, un po’ Silente nella caverna sulla scogliera. Arriva l’anestesista ‘thieu-omonimo col team degli spacciatori di sostanze e armeggiano con la Koris-schiena, riempiendola di scotch da tappeziere e altre cose che preferiamo non sapere. Koris non sente niente o quasi, il buco della flebo è stato peggio.

Le ore si fanno indefinite, Koris è per sua ammissione fatta come una pigna. Si chiede se l’anestesia è particolarmente efficace o se è stata rinforzata con specialità locali dei quartieri nord. Tuttavia poco importa, si rifà al migliore consiglio che le è stato dato ovvero “se durante il parto ti offrono della droga, tu devi dire sì”. ‘thieu approfitta del periodo di calma per andare a recuperare tutto quello che manca nella lista dell’Aliena. Koris ogni tanto si addormenta per qualche minuto e fa micro-sogni folli.

Comincia il periodo “la pupa sta scendendo, va tutto bene, torniamo fra due ore”. Koris vive nel mondo sospeso di una stanza senza finestre dove il tempo è solo un numero sullo schermo del telefono. Ogni tanto chiama la tirocinante di ostetricia per farsi portare un succo d’uva, sentendosi in colpa perché non si dovrebbero schiavizzare i tirocinanti. ‘thieu ogni tanto sonnecchia, viene spedito a prendersi del cibo perché potrebbe esserci presto bisogno di supporto morale. Nell’attesa Koris si addormenta in una posizione bizzarra e la sua gamba sinistra si trasforma in un prosciutto senza vita. La combinazione mortale con l’epidurale fa sì che la zampa abbia problemi a svegliarsi e debba essere maneggiata come se fosse di legno; Koris non si era mai resa conto prima di quanto potesse pesare una gamba. Chi invece non si addormenta è l’Aliena, che come da programma continua a puntare i piedi sotto le Koris-costole, dove nulla può l’epidurale. Contrazioni zero, torneo di Tekken intrauterino uno.

Cambia il turno, torna l’ostetrica Cecilia assieme alla tirocinante.
“Scusate ma ci sono stati cinque parti difficili fra complicazioni e cesarei e visto che qui andava tutto bene abbiamo lasciato fare alla natura. Adesso siamo quasi a dilatazione completa, mettiamo un po’ di ossitocina per movimentare le cose e poi tiriamo fuori questa bambina. Resta da vedere se nasce il 20 prima di mezzanotte o il 21”
La tirocinante dell’ostetrica punta sul 21, che è anche il suo compleanno.
Quando l’OCCAZZO digievolve in OCCAZZISSIMO.

Dopo un’ora, col favore delle tenebre, si è pronti affinché l’Aliena inizi le manovre per l’abbandono della nave madre. ‘thieu ha perso l’uso della parola dopo aver preparato in fretta e furia il completino da mettere all’Aliena nudista al suo arrivo. Koris confida all’ostetrica Cecilia che non ha idea di quello che dovrebbe fare, perché la sua preparazione finalme per il parto doveva svolgersi qualche ora prima, ma l’ha saltata per… impegni pressanti, molto pressanti, soprattutto sul collo dell’utero.
“Non c’è problema, le spiego io. Nel mentre ne approfitto per insegnare anche alla tirocinante, imparerete in due”

E qui inizia la fase in cui niente è come ci si aspettava, o almeno, niente è come avviene nei film. Forse nei film non fanno l’epidurale o forse non la dosano bene per ragioni di spettacolo. Certo, spingere fuori dal proprio corpo un essere umano non è un’esperienza da tutti i giorni, è faticoso, ma Koris si aspettava di peggio. Ci sono state speleo-circostanze che hanno richiesto molto più sforzo e molto più autocontrollo. Alla fine è stata una questione di ritmo: aspettare la contrazione, spingere soffiando con quel muscolo addominale e solo quello, una volta, due, tre, anche quattro se la contrazione lo permette. A ogni spinta l’Aliena fa un passo verso l’esterno, si vede la testa “oh, ha un sacco di capelli! Vuole toccarla?”, la testa è fuori, un’ultima spinta per il resto…

Dopo 45 minuti, poco prima delle tre di notte, l’Aliena è di questo mondo. Però non piange. Viene poggiata un sulla pancia di Koris, è un esserino dal colorito bluastro e tutta sporca che non sembra nemmeno viva. Passano due secondi eterni, poi l’Alienottola emette un rantolo, quindi un altro. L’infermiera l’afferra e dice a ‘thieu “avanti, papà, andiamo a lavarla”. Koris resta a sbrigare le ultime formalità (non parliamo di quanto faccia un po’ schifo la placenta) cercando di non pensare al peggio, che la pupa adesso è in ottime mani e non dovrebbe accaderle nulla.
“Scusi, di solito proponiamo al papà se vuole tagliare il cordone ombelicale, ma la bambina ne aveva due giri attorno al collo, bisognava fare in fretta. Ora starà bene”
“E pensare che io glielo avevo anche detto di lasciar perdere il cordone, che a casa abbiamo pieno di corde con cui potrà giocare quando sarà più grande…”

‘thieu torna abbastanza livido, senza l’Aliena. Alla domanda “va tutto bene?” risponde un vago “sì, sì”. E poi arriva lei, l’Alienottola, così rosa e sveglia che sembra l’abbiano cambiata con un’altra. Viene affibiata a Koris che non sa bene cosa farne, si guardano tutte e due, dubbiose. Koris si chiede se dovrebbe cercare di allattarla (con cosa? Come si fa? Aiuto!), Alienottola in risposta sbava e poi, non paga del casino combinato poco prima, si mette a rigirarsi fra le micro-mani i cavi degli elettrodi. Nel mentre l’ostetrica Cecilia è molto intenerita dalla tutina coi ricci e dalla giacchettino, lo stesso che Koris indossava quando aveva la stessa età dell’Aliena.

Dopo quasi nove mesi, la frettolosa Aliena è diventata realtà, grazie a un po’ di sforzo da parte di Koris e all’ostetrica Cecilia che assieme alla tirocinante ha fatto un gran lavoro. Ora sono tutti affari di Koris e ‘thieu. OCCAZZO.

Atto II: l’ospedale di Silent Hill

Una delle esperienze più bizzarre delle Koris vita, ma forse non la peggiore

Quel che si dice

Se ne sentono un sacco e se ne scrivono poche perché il Koris-cervello perde colpi e chissà se si riprenderà un giorno. Nel mentre l’universo circostante giudica perché essere gravida equivale a divenire una sorta di patrimonio dell’umanità, sono tutti esperti (soprattutto se dotati di Impareggiabile Parte ovvero il pysello) e devono fartelo sapere. O devono farti sapere che tu non sai perché pure Socrate è passato di moda da quei 2500 anni e poi vai a sapere cosa faceva coi ragazzini, i baNini, nessuno pensa ai baNbini. Koris sta divagando, ma sono anche le sei e mezza del mattino di sabato, un’ora perfetta per divagare in attesa della colazione.

Capo Giuseppi ne ha dette un sacco negli ultimi mesi, cosa che non lo ha reso la persona più collaborativa del pianeta, forse nemmeno del braccio galattico. Fra le sue massime ricordiamo:
“Non so gestire un’impiegata incinta, non l’ho mai fatto, non so, informati tu”
“Non posso accordarti lo smartworking perché non sarebbe giusto verso gli altri colleghi”
“La collega M non mi ha chiesto questo e lei è incinta davvero, si vede”
“Il tuo congedo per maternità mette in stress i progetti”
Dati i presupposti Koris pensava che dopo il colloquio annuale di Capo Giuseppi sarebbero rimaste poche frattaglie con cui nutrire i cinghiali; certo, Koris a quel punto avrebbe dovuto partorire nel carcere di Baumettes, ma prendendosi vent’anni per omicidio premeditato avrebbe lasciato a ‘thieu tutto il circo pappa-cacca-nanna, ricongiungendosi con la prole solo in età adulta. Era un buon piano, colpirne uno per non educarne nessuno, colpirne uno e basta, nel caso colpirne un altro e un altro ancora. Capo Giuseppi era invece nello stato “ho lasciato i testicoli nell’altra giacca”, si è abbassato le brache, ha cercato di sbolognare il lavoro organizzativo a Koris perché è mejo lei, ha fatto promesse così fuori dal mondo che anche i muri si sono messi a sghignazzare. Ha ultimato il colloquio con “vedi, devi fare dei bambini se vuoi lavorare come dici tu, mi obblighi ad organizzare meglio il lavoro”. Koris avrebbe voluto rispondergli che vorrebbe organizzargli un pacchetto all inclusive per andare in prima classe affanculo.

Anche i colleghi ne dicono un sacco. Dopo l’outing di Capo Giuseppi in riunione di laboratorio (Koris non è sicurissima che si possa dire a tutti “tizia è incinta” senza il consenso di tizia, ma la giurisprudenza non è il suo forte), chiunque si sente in dovere di pronunciarsi. La frase che va per la maggiore è “ma dove lo nascondi? Sarà un bambino piccolissimo!”, grazie caro, se stimi anche il peso e la lunghezza con la tua vista ecografica a distanza mi fai un favore. Menzione speciale per chi ha detto “devi sbrigarti a fare la maggior parte del lavoro adesso perché quando tornerai non sarai più concentrata come adesso, non sarai più la stessa”. E a Koris piacerebbe moltissimo sapere se a ‘thieu è stato fatto lo stesso commento o se è privilegio esclusivo di chi ha un utero. Sul consiglio di Capo Giuseppi “per organizzarti affidati alla disponibilità dei colleghi” non ritorniamo perché come Koris cerca di far presente che lei a inizio aprile scompare dai radar (forse eh, perché anche lì ci sono dei dubbi, visti i casini combinati dalle risorse umane) e che magari si potrebbe quanto meno discutere, si scatena un’entropia a base di “Filini facci lei”. E tanti saluti all’organizzazione.

Si dice anche che una futura mamma debba sapere tutto, o almeno, pare che ottenga magicamente la risposta a quesiti che fino a sei mesi prima non la toccavano. Allatti? Di che taglia prendi i vestiti? Epidurale? Qual è il progetto di nascita (boh, tirarlo fuori da lì garantendo mutua sopravvivenza con una ragionevole macelleria?)? Nel caso di Koris le conoscenze devono spaziare anche in campo medico. Nella fattispecie, Koris è andata dal medico generico per la vaccinazione contro la pertosse, raccomandata dalle linee guida per feti in scadenza (e anche feta in scadenza, bisogna controllare che non abbia fatto la muffa). Ne è uscita fuori una conversazione surreale a base di “non sappiamo cosa c’è dentro ai vaccini” e “non so se mi prendo questa responsabilità”. Momento migliore:
“Ma lei non sa come si chiama il vaccino che deve fare?”
Koris stava per rispondere sono anch’io dottor per cento, maniscalco al reggimento, perché se è vero che il titolo è quello, dietro c’è scritto “in fisica”, vaccini e neutrini non sono proprio la stessa cosa, la gravidanza non l’ha resa onniscente. O forse i suoi ormoni sono di pessima qualità e dispensano solo malumori al posto della divina sapienza.

Insomma, per concludere, si dice tanto che le donne gravide camminano a dieci centimetri da terra per la felicità, walking on air, sur un petit nuage. A Koris ‘sta gravidanza pare piuttosto una camminata sui carboni ardenti, una sorta di ordalia da scontare per cercare di dimostrare che non si è imbarcata in questa impresa in maniera del tutto sprovveduta. Anche se il iudicium dei pare essere già stato pronunciato a priori: sarai un genitore terribile e hai fatto ‘na cazzata.

Lento pede!

Ancora vivi ma non consenzienti

Koris non è scomparsa in Patagonia cilena dopo l’ultimo post, anche se le date potrebbero suggerirlo. Del resto il suo piano originario era “finisco il contratto a tempo determinato a ottobre 2022, poi sparisco per due mesi a fare esplorazioni speleo all’Isla Madre de Dios e tanti saluti”, poi ha dovuto aggiornarsi. Poi ha dovuto aggiornarsi ulteriormente al ribasso. Koris si consola dicendosi che tanto col meteo presente non sarebbe stato possibile andare alla Muraglia Cinese perché si necessitano parecchi gradi sottozero onde avere l’acqua gelata, quindi non si è persa niente. La cosa la consola davvero? Nemmeno un po’.

Koris è in piena astinenza e si sveglia nel cuore della notte con idee bislacche del genere “e fosse andare a fare lo Scialet Juju? Sarà davvero così ignobile?”. Quindi si alza, va a prendere la guida delle grotte del Vercors e legge che lo Scialet Juju è “un’esplorazione sportiva e impegnativa, il fiume di -300 giustifica i passaggi penosi in meandri stretti e fangosi”. Descrizione che scoraggerebbe chiunque ma non Koris che percepisce il bisogno di sentirsi allo stretto fra due lame di roccia umida, con la ferraglia che raschia. Cerca di renderne partecipe ‘thieu, che nicchia.
“Ma l’entrata della grotta che siamo andati a cercare a novembre, quella ignobile, come si chiama?”
“L’Espoir?”
“L’Espoir non è ignobile, è solo un po’ stretto”
“Il Mortier?
“Quello! Possiamo andare a fare quello lì?” (dalla guida: -396, cavità impegnativa che permette di testare la propria resistenza con un grosso sacco nei meandri; più si scende, più si fatica; attenzione alle piene)
“Non potremmo andare a fare piuttosto l’Orbito, che è largo?”
“No, voglio uscire a pezzi e brandelli e giurare di non voler più sapere niente della spelelogia dopo 15 ore con una tuta bagnata addosso. E poi avere voglia di tornare in grotta il week-end dopo”
“Mi sa che ti tocca aspettare un po’”
Aspettare, già. Accontentarsi del metadone speleo che è un’oretta sotto terra in un buco che non avresti mai considerato in condizioni normali. Ripetersi che è sempre meglio che niente. Non convincersene per nulla.

‘thieu è quello che porta avanti il progetto di genitorialità con maggior convinzione, o almeno così fa credere. E meno male che lo fa credere perché altrimenti ci sarebbe molto poco da stare allegri, già che le ragioni scarseggiano. Koris era convinta di essere in pieno sentimento da “16 anni e incinta”, prima di guardare davvero una puntata del programma di MTV e accorgersi che le squinzie in questione hanno molta più maturità nell’affrontare la cosa di Koris, che ricordiamo avere 20 anni di più. Quindi la ripartizione dei ruoli è la seguente: ‘thieu fa il project leader che pianifica e dà le direttive, Koris la sviluppatrice scoglionata che porta avanti il progetto perché ormai c’è dentro e non resta che aspettare la scadenza per consegnare una roba ai limiti della decenza. Come al lavoro, del resto.

Il lavoro, già. Il morale è a livello zerbino, ma non quello di casa, piuttosto quei tappeti all’ingresso di un negozio in disarmo o quasi atti a pulire le merde di cane sotto le suole. Koris manda mail che restano senza risposta, scrive note che restano nel dimenticatoio per un mese e più, si interroga sul senso di tutto questo e non lo trova. Capo Giuseppi insiste perché il congedo per maternità sia ritardato di tre settimane, Koris non sa se può farlo e se lo fa sarà solo per non tornare a lavorare a fine luglio, ma a metà agosto, non certo per Capo Giuseppi. Per inciso, lunedì della settimana prossima Capo Giuseppi ha previsto due ore di colloqui annuale, Koris vorrebbe solo rispondere “ma che se dovemo dì?”, sapendo che qualunque appunto viene archiviato nella cartella della gerarchia NonCeNeFregaUnCazzo, quindi perché perdere tempo? Per pigliarsi qualche colpa random del genere “i progetti non avanzano per colpa della tua maternità”, “se i colleghi non ti rispondono è perché non sei sociale”, “pesavo volessi impegnarti in questo laboratorio invece manchi di motivazione”. O anche tutte assieme, chi può dirlo. Koris non ha nessunissima voglia di vederlo in generale, e da sola anche meno.

Insomma, bah. Il Koris-cervello necessita di essere staccato da più lati, ma non si trovano scappatoie, visto che quella usuale è bloccata da una trippa in rivolta che si fa ogni giorno più ingombrante (e più orribile, ogni volta che Koris passa per errore davanti a uno specchio). Koris ha ricominciato a giocare a “The Sims”, che è sempre un brutto segnale anche se il tempo di gioco è limitato. Sarebbe bello raccontarsi che un giorno tutto questo finirà, peccato che quel giorno inizierà qualcosa di molto peggio…

La sopravvivenza è sempre sopravvalutata
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