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Osteria numero mille

Koris scoprì la segreta cantica delle osterie in terza media, quando il compagno MM prese la nota sul registro più gloriosa della storia delle note dalla professoressa di lettere, ovvero “l’alunno MM canta a squarciagola le osterie in classe”. Da allora Koris si esibisce in simili gorgheggi quando qualcosa non va ma non si può dire apertamente. Il confinamento giova molto a questa pratica, perché in smartuorching nessuno può sentirti cantare.

“Koris, certo che potresti lavorare”. Uh, proprio. Al netto del vpn di Neutroland che è spinto da criceti obesi con l’enfisema, vista la velocità. E il database delle sezioni d’urto che ha tempi di riflessione geologici. E la tipa di FarFarAway che non capisce una gran cippa di minchia granché alle deconvoluzioni e allora fa proposte del cazzo inutili, volte solo a perdere tempo. Koris ha cercato di spiegarle che no, non si può fare la deconvoluzione di una cosa oscillante e il geniaccio se n’è uscito con “allora lisciamo le oscillazioni!”. La fisica, nel mentre, si buttava dalla finestra. Insomma, non c’è soluzione se non “Osteria numero mille”.

Koris dovrebbe trovarsi un/a/um tirocinante per la primavera e pensava di averla trovata nella persona di una tizia super motivata… che alla vigilia del colloquio ha scritto “ho trovato altrove, bye”. Doh. Koris aveva altri due candidati, di cui uno colloquiato oggi. Oltre alla verve degna di un verme piatto in un momento di pigrizia, il messere aveva le idee chiarissime, fra cui voler andare a lavorare come tecnico in un’azienda ma anche fare un dottorato, e non sapere se era al primo o al secondo anno. Ok, va bene, avanti il prossimo. Poi Koris fa pensieri da vecchia acida come “ai miei tempi ti mandavano a cacare per molto meno”. Ma si limita a canticchiare “Osteria numero mille”.

Vista la sua situazione precaria, Koris avrebbe voluto fare qualche application per darsi almeno una parvenza di stabilità. Però, dopo aver sguinzagliato le sue spie, Koris ha scoperto che nonostante gli annunci siano pubblicati, tutte le assunzioni sono bloccate più o meno dappertutto a causa coviddi. E poi c’è sempre la mitica politica del diminuire la massa salariale, quelle parole che fanno partire “il furore dilaga in città” e la voglia di esproprio proletario. Che poi si chiede di lavorare, mica di farsi mantenere aux frais de la princesse. Anche qui, “Osteria numero mille”.

E niente, come alla fine di ogni post, ci saranno tempi migliori nel frattempo porcatroia, tempi in cui si vivrà un po’ più in là della giornata e magari ci si addormenterà con un minimo di soddisfazione. Nel mentre “Osteria numero mille”.

Angolo motivazionale di Koris, a cui a breve verrà aggiunta “Osteria numero mille”

Esattamente quando sono invecchiata?

L’altro giorno il CapoGatto ha convocato Koris in una riunione a cui Koris pensava di essere aliena.
“Voglio che scrivi un soggetto di tirocinio per piccoli fisici che finiscono la magistrale, quelli che si credono invincibili e ottimisti e invece non sanno un cazzodiniente di questo ingrato mondo della ricerca di particelle imbarazzanti”
“Un tirocinio in cosa?”
“Legato al tuo progetto di ricerca sugli isotopi che pappano neutroni di alta energia”
“Sì, ok, nel senso che io lo scrivo assieme alla Capa, lo pubblichiamo a nome suo e poi seguito il malcapitato/a/um assieme?”
“No, no: tu scrivi, tu pubblichi il soggetto a tuo nome e tu seguito il malcapitato/a/um fino alla discussione della magistrale, con tanto di correzione del rapporto (che qui in Francia ci pesa il culo, mica facciamo una tesi vera, n.d.K.)”
“Cioè dovrei fare tutto come un vero adulto funzionale e metterci pure il mio nome, nonché la mia faccia da deretano, e avere a che fare con gente dell’università piena di sé che ne saprà di certo più di me?”
“Sì”
“Cazzo”

Quando è successa questa cosa, esattamente? Nel senso, in quale momento Koris è diventata degna di essere una responsabile vera, un adulto nel mondo della ricerca, qualcuno di responsabile capace di prendersi carico di qualcuno?

Non che non lo abbia già fatto, eh. Solo che Koris ha sempre partecipato in maniera abusiva, era quella che non figurava da nessuna parte sulle firme ufficiali pur avendo cambiato accademici pannolini a tirocinanti e dottorandi in fasce. Quella che riceveva le mail notturne “PLEASE HELP ME” di Santuzzo, un po’ balia, un po’ confidente, molto sorella maggiore severa e consolatrice. Quella che al limite si ritagliava un posticino nei ringraziamenti, che non sempre compariva durante le discussioni, che parlava solo in virtù dell’esperienza e dell’esserci passata prima.

Era anche un ruolo tutto sommato comodo, per quanto ingrato. Come fare la baby sitter al vicino di sopra: poche responsabilità, nessuna garanzia di successo, solo un po’ (troppa) fiducia da parte di chi non si voleva sciroppare il bébé di turno. Ecco, Koris se si sforza un po’ ha ancora molti vividi ricordi di quando la tirocinante era lei (anche se all’epoca più che scegliere fra varie offerte era stata più un rimorchiare il professore dopo lezione e farsi portare da quelli che facevano analisi dati, ovvero gli OPERisti allo sbaraglio), non sa mica se è pronta a diventare l’incubo di qualcuno. O di possedere l’occhio di chi corregge perché sa e non solo perché ha percorso la stessa strada della dannazione. O di avere anche solo un grammo di autorità, visto che comunque in laboratorio è l’ultima arrivata con un
contratto pericolante.

Insomma, questa cosa che invecchiando si devono prendere delle responsabilità di giovani implumi non va proprio giù alla sindrome dell’impostore.

Campanga di sensibilizzazione all’abbandono del dottorando

È estate, la stagione in cui gli animaletti domestici che normalmente trotterellano attorno ai padroni diventano una palla al piede. C’è chi abbandona il cane in autostrada, chi apre la porta di casa al gatto per filarsela alla chitecella, lasciandolo gironzolare senza meta.
Anche i relatori/supervisors/directeurs de thèse se ne vanno in vacanza e abbandonano i loro dottorandi. I quali si comportano a metà fra cani e gatti: si aggirano con lo sguardo perso di chi non ha più niente nella vita, alla ricerca di chi può dare loro una ciotola di accademici croccantini per accollarsi definitivamente.
Santuzzo Panda, il dottorando di questo cortile, è stato abbandonato tempo fa dal suo relatore ufficiale e da qualche settimana anche dal suo correlatore. Santuzzo vaga disperato per i corridoi perché a settembre vuole andare a una conferenza, ma nessuno gli dà udienza. Santuzzo sta attraversando la parte esitva del suo personale inferno dottorale.
Solo che nel suo vagabondare ha incontrato Koris. E, come un animaletto senza padrone, ha iniziato a seguirla a casa.
Koris, avendo un background da bestiola dottoranda abbandonata, è particolarmente sensibile al fenomeno e reagisce come una dodicenne qualsiasi:
“Era tanto triste, tutto solo… possiamo tenerlo?”
“Se vuoi tenerlo te ne occupi tu. Guarda che un dottorando è un impegno, non è un giocattolo”
“Non c’è problema! Penserò a tutto io!”
Solo che fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Un mare di stupidaggini che faceva anche Koris quando era PhD-Koris, ma di cui si è ovviamente dimenticata con la vecchiaia.
Mercoledì pomeriggio Santuzzo si è presentato in ufficio pigolando.
“Ti ho mandato una mail, perché c’è un picco che non dovrebbe esserci?”
Koris era in tutt’altre faccende affaccendata, la mail era stata mandata cinque nanosecondi prima, nessuno l’aveva vista e Koris non aveva la minima idea di che razza di picco si stesse parlando. Per un attimo ha pensato che era così occupata che poteva rispondere come Roy Batty il Replicante quattro anni fa. Ovvero, a scelta: “sparisci, ho da fare” oppure “non è un mio problema”. Ma il Koris-cuore, benché stantio, non è di ghiaccio e tanto meno di circuiti stampati. E poi non si risponde male a un dottorando abbandonato.
Koris ha quindi mollato quello che stava facendo per guardare il grafico in allegato alla mail. C’era in effetti una gobba dove non avrebbe dovuto esserci.
“Ci sarà un errore da qualche parte”
“Sì, ma dove?!”
“In che senso dove?”
“Nelle tue simulazioni o nel mio modello?”
A questo punto Koris si immagina un mini-Bazilla, con barba e corna, che si arrampica sulla Koris-spalla e si mette a saltellare dimenando un forcone.
“Al DAMS! Gli studenti sono approssimativi e si sbagliano sempre! Digli di andare a rincontrollare i suoi conti. O cominci a amputare qualche arto…”
(Nota di colore: si mormorava nei corridoi dell’università di Boulogne che invece Bazilla come relatore fosse un adorabile buontempone, diversissimo dall’iracondo professore che si mostrava in aula)
Tuttavia l’approccio Bazilla funzionava bene quando Koris insegnava. Koris è anche eminentemente affetta dalla sindrome dell’impostore a un livello piuttosto acuto. Koris non se l’è sentita di dire a Santuzzo che era colpa sua.
“Facciamo che rivediamo entrambi tutto e ne parliamo”
Koris ha passato il resto della serata oppressa dal dubbio esistenziale, chiedendosi se si stesse dimenticando parti essenziali della Bethe-Bloch, che in fondo l’esame della Salamella chi minchia se lo ricorda più, che sono troppo vecchia per queste cose. Da lì a naufragare in un mare di inadeguatezza fisica, il passo è stato breve. Ripetere in loop per tutta la notte “i Maiores me lo dicevano che dovevo fare lettere e non fisica”, prego.
Stamttina Santuzzo manda una mail a un’ora in cui solo un dottorato in preda a crisi mistiche può vegliare.
“Avevo fatto un errore in un integrale! Ecco il grafico corretto”
Il grafico corretto aveva dei marker a fiorellini. Se Koris avesse inviato al Replicante un grafico del genere, le andava bene se rispondeva come il sergente maggiore Hartmann. Il mini-Bazilla sulla spalla ha pungolato Koris con il forcone.
“Allora, signorinah, la vogliamo smettere di pistolare coi sensi di colpa? Sono gli studenti che sbagliano. SEMPRE!”
Nel mentre Santuzzo, da cucciolo felice, si è precipitato di nuovo in ufficio da Koris dicendo “facciamo altre millemilioni di simulazioni! Facciamo tutto!”. Koris ha dovuto ridimensionare i suoi sogni di gloria accademica in nome del tempo di calcolo a disposizione. Santuzzo nel mentre si è fatto rassicurare sul “ma secondo te ce la faccio a discutere fra un anno? Ma secondo te mi accettano l’articolo? Ma secondo te il mio relatore mi odia?”. Perché se quattro anni fa ci fosse stato qualcuno a rassicurare PhD-Koris nell’abbandono estivo, forse la storia sarebbe andata diversamente.
Comunque, forse Koris non è emotivamente pronta ad essere assunta nell’aurea sfera dei relatori. Almeno finché non imparerà a dare retta al mini-Bazilla. Ma fra cinque giorni Koris parte, non senza aver instradato Santuzzo su cosa fare durante la sua assenza. Perché in sé il dottorando non è cattivo: il bastardo sei tu che lo abbandoni!

P.S. Post dedicato a Celia, a Sangue di Porco e a tutte le (ormai ex) dottorande-Pokémon che si sono aggirate da queste parti. E anche all’Orso che c’è dentro fino al collo.

P.P.S. Nessun dottorando è stato maltrattato per la stesura di questo post.

Marcia dentro, reloaded

Conversazioni a colazione prima delle sette del mattino.
“Siamo in un triste momento di carestia di carta igienica”
“Quando esco cerco di ricordarmi di comprarla”
“Qualora ti dimenticassi, hai sempre lezione di laboratorio di elettronica questo pomeriggio, no? Gli studenti faranno ben delle relazioni, possiamo utilizzarle”
“Per altro sono studenti del primo anno, quindi mi toccherà avere pazienza”
“Ancora meglio! Carta igienica di qualità vergine!”
“Sai, talvolta sai essere veramente infetta. Per questo ti adoro”
Infetta è la parola giusta. O anche putrida. Deve essere una sorta di contagio in tenere età: chiunque abbia avuto un incontro/scontro un Bazilla durante la carriera universitaria (“Questo compito fa così schifo che lo ho usato come portacenere”, “Se mi bruciate i diodi, io brucio voi”, “Cosa state pistolando su quel circuito? Ora comincio a tagliare qualche arto!”) marcisce dentro. E con esso la pietà per gli studentelli e le relazioni di laboratorio.
Nel mentre Koris medita che il Fato sa essere piuttosto ironico, per non dire che piglia proprio per il culo: dopo aver subito Bazilla che le fece tranguiare transistor a forza giù per il gargarozzo, prima si ritrova a doverli insegnare ai Mostri, poi si innamora di un ricercatore in microelettronica. Destino burlone.

Boccheggiando verso sud

Marseille, ore nove. Non si sa quanti gradi ci siano, la risposta bonus è “troppi”. Koris boccheggia in un ufficio che è una sauna, col post-doc che usa il curry come deodorante e il Dottorando Tirannico-Forforoso che arriva in jeans e tiene le finestre chiuse, quando a gennaio arrivava in shorts e faceva circolare una corrente siberiana. Forse si è convertito alla dieta del sudore. Koris invece ha una gonna-burqua lunga fino ai piedi, perché i pantaloni significherebbero morte ma le gambe non sono in uno stato presentabile.
Tacchettina non pervenuta, cosa che fa sperare nell’esistenza di una benevola divinità onnipotente. La Capa ha giusto messo il becco in ufficio per sentire che aria (al curry) che tira. Koris la ha assaltata.
“Ci sarebbero ancora da interrogare i tuoi da venerdì”
“Ah, di certo non lo farò io, ci penserà qualcun altro”
Eccerto, non sia mai. Che poi se lo dicevi prima lo si faceva venerdì pomeriggio e vissero tutti felici e contenti. Vabbé, lasciamo stare.
Koris ha le gambe bruciate alle ginocchia dopo la spiaggia di sabato e martirizzate da qualunque arbusto durante l’arrampicata di domenica. Bisognerebbe essere onesti e dirsi che con queste temperature sarebbe bene andare ad arrampicare in montagna. Ma montagna vera, eh, non nell’interno in cui si prospettano 35-40 gradi, fra i campi riarsi e asciutti in cui si hanno le allucinazioni di rapanelli mannari. Ma non è più un Koris-problema, il rapanello mannaro.
Il vero Koris-problema è una camminata con zaino troppo pensante per ritrovarsi a fare una via lunga con lo zaino troppo pesante. Il bello dei cambiamenti di programma sul luogo, il meno bello di dover condividere un litro e mezzo d’acqua con l’arrampicatore occasionale. E alla quarta sosta forse non si vede il rapanello mannaro, ma il climber-cammello forse sì.

Arête du Vallon. Voi siete qui. Sulla roccia bianca. Al sole.

Koris ha passato la giornata di ieri, magicamente festiva per ragioni sconosciute (o perché siamo stati teletrasportati al 14 luglio e nessuno ci ha detto nulla), spiaggiata sul divano e abbracciata alla bottiglia dell’acqua per reintegrare i liquidi perduti il giorno prima. Poi Koris ha (ri)scoperto che l’acqua può essere messa in frigo e diventare fresca. Le gioie della vita che si ritrovano dopo un anno vissuto senza elettrodomestici. In cotanto flemmetico cazzeggio, puntata di “Game of Thrones” lamentabile (dal francese “lamentable”, perché non ci viene aggettivo migliore), Koris scontenta. Ancor più scontenta quando la sera cerca di guardare “Ironclad”, con Marco Antonio, Tywin Lannister e Agamennone che si menano in armatura, e la connessione non va. Vita infame.
Orso detta contrordini sui ritorni a casa, probabilmente è il suo nuovo passatempo per aggiungere un po’ di pepe all’esistenza. Della sorella. Che nel 2014 non si sono ancora incrociati, bisognerebbe farlo, prima o poi.
“Ma sei sicuro che ora ti sei deciso?”
“Oltre ogni ragionevole dubbio”
Il problema sono i dubbi irragionevoli e quando si ha a che fare coi relatori di tesi, i dubbi irragionevoli prolificano come batteri in uno yogurt scaduto.
Koris ha appena visto passare uno in corridoio che reggeva qualcosa che poteva essere un poster o un cero da altare. A giudicare dalla calura, si opta per una messa nera nel seminterrato.

Student Wars: la derivata colpisce ancora

Tanto tempo fa, in una galassia lontana, lontana…

(Eh, sarebbe bello)
Musica, titoli di testa.
Le forze ribelli dei Mostriciattoli sono asserragliate sul pianeta ghiacciato di St. Jérome. Ghiacciato perché le finestre tutte aperte del pianerottolo creano un vortice d’aria a 20 gradi sottozero nonostante sia giugno. Sono le otto e mezza e Darth Koris capisce che è l’ora di sferrare l’attacco a questi maledetti fancazzisti, che bisogna pur giustificare lo stipendio mensile in qualche modo.
Mosto Lampadato decide di tentare una sortita per andare a farsi li cazzi sua nell’altra sala esperienze al suo compare, Mostro Petomane. Solo che i droidi-sonda imperiali di Darth Koris lo intercettano in tempo zero e le torpedinieri stellare piombano alle spalle dei malcapitati cazzeggiatori ribelli. Darth Koris inchioda Mostro Lampadato per estorcergli informazioni.
“Posso chiederti cosa tu stia facendo qui, quando il tuo gruppo lavora nell’altra sala?”
“Chiedo una roba al mio compagno”
“Una roba? E di cosa si tratterebbe, di grazia?”
Mostro Lampadato cerca di opporre resistenza, ma il Lato Oscura della Forza è potente in Darth Koris che, grazie ai suoi poteri mentali (traducibili con un’occhiataccia significante “ti strappo la pelle dal culo e ci faccio una custodia per la reflex”), lo riporta da dove viene. Mentre infuria la battaglia, Mostro Sensuale ha una liason dangereuse con la ciambrana della porta. In un impeto di passione, cercando verosimilmente di sedurla, struscia la sua Impareggiabile Parte (copyright “Shogun”) su lei. Non avvedendosi degli occhi di Darth Koris su di sé. La battaglia infuria a colpi di AT-AT e svariati urli, Mostro Sensuale perisce sotto il fuoco amic del perculamento da parte dei compagni ribelli.
Mostriciattola TeI (“Timida e Introversa”, sinonimo di “Si fa quel si può”, eufemismo di “Non si può cavare sangue da una rapa”) viene distaccata dal suo gruppo, isolata, perduta in compagnia della sua sola calcolatrice, in un mare di derivate impossibili. Le appare in sogno la sua antica maestra Tac-Chet Tina che le suggerisce:
“TeI, fai rotta nel sistema Aula-A-Fianco e lì fatti insegnare a fare le derivate, tanto io sono a Lione, di voi me ne lavo le mani e non è in alcun modo un mio problema”
Nel sistema Aula-A-Fianco Mostricciatola TeI si imbatte in Maestra Koris (eh, quando è presente solo un docente su cinque tocca interpretare più ruoli), scongiurandola di iniziarla alla Forza, alla Matematica e alle Derivate. Sapendo che doveva occuparsene Tac-Chet Tina, Maestra Koris sulle prime non vuole sapere, poi si fa muovere da pietà. Inizia un duro addestramento a base di derivate dei quozienti, elevamenti a potenza e spade laser.
“Quindi la derivata di x alla n è n che moltiplica x alla n meno uno”
“Quello che ho scritto!”
“No, tu hai scritto n che moltiplica x alla n alla meno uno”
“E non è la stessa cosa?”
Maestra Koris ogni tanto diventa verde e sbotta massime del calibro “Fare o non fare: non c’è provare” oppure “La matematica non è un’arte figurativa”.
Fine primo tempo, è mezzogiorno e mezza, tutti a mangiare.
Secondo tempo. La scena si trasferisce nella Città Fra le Nuvole, perché dopo mangiato i processi digestivi fanno sì che la testa di ognuno sia altrove. Darth Koris, avendo stretto un patto con i suoi colleghi imperiali disertori, aspetta rinforzi nel pomeriggio, sperando che la responsabilità di tutta la baracca non ricada ancora una volta sulle sue spalle. Mostro Lecchino, ad insaputa dei compagni, cerca di stipulare un accordo con Darth Koris per poter fare l’orale del suo gruppo nell’ora a lui più propizia. Solo che ogni volta che Darth Koris si presenta per dare battaglia Mostro Lecchino non è mai pronto e Darth Koris ha deciso che la pazienza è demodé.
Nello stesso Maestro Koris ha lo stesso problema con Mostriciattola TeI, che si presenta per l’ottava volta in lacrime incapace di districarsi fra i misteri della Forza e delle Derivate. “Quando un dottorato in fisica avrai, paziente più non sarai!” le sbotta a un certo Maestro Koris.
Nel frattempo Mostro Ansiogeno subisce un attacco a sorpresa da parte di Darth Koris.
“Visto che qui non c’è nessuno vi interrogo io. Sono pronti i vostri risultati sperimentali?”
“No, c’è una cosa che non mi torna”
“E cosa non vi torna?”
“Ah, non lo so proprio, dovrei guardarci”
“Voi lo sapete che rischiate un cazziatone con questo genere di risposte, vero?”
Nel frattempo si scopre che Mostro Lecchino in realtà deve la sua fedeltà solo a Tac-Chet Tina e non a Darth Koris. La quale si vendica all’orale in maniera terribile. Sorte analoga subisce Mostro Sensuale e il compare suo, perché la tecnica della decimazione non guarda in faccia nessuno, le forze dell’Imper nemmeno.
Alla fine anche Mostriciattola TeI di affaccia al temuto scontro con Darth Koris, nonostante Maestra Koris se ne sia andata scuotendo la testa e mormorando “derivatas ante porcos!“.
“Io avrei anche fatto il calcolo delle incertezze con le derivate, ma non mi quadra”
Darth Koris si erge in tutta la sua bassezza, scarpe da ginnastica e respiro di chi un cazziatone in canna di una potenza tale che il Lato Oscuro diventa biondo.
“E le derivate?”
“Beh, le ho fatte con Maestra Koris, quindi devono essere giuste”
Darth Koris avverte un tremito nella Forza.
“E la formula di partenza?”
“Ah, quella non può essere sbagliata, me la ha data Tac-Chet Tina!”
Al sentir nominare il rivale, Darth Koris inchioda ancora una volta Mostriciattole TeI e ingiunge di farle vedere la formula usata.
Crescendo musicale.
Tensione.
Alla formula manca un pezzo. Darth Koris vorrebbe lanciare un urlo. “Dolore, sofferenza, morte io sento… qualcosa di terribile è avvenuto. La giovane Koris soffre molto, soffre tremendamente” mormora Maestra Koris nella stanza a fianco.
Mostriciattola TeI cerca di farsi piccola piccola proponendo di rifare tutto da capo. Darth Koris le mozza una mano sibilando:
“No, te le faccio io e poi tu fai i conti”
Mostriciattola TeI cade in cupo cunicolo di disperazione e morte certa.
Darth Koris medita lo sterminio dei Mostriciattoli superstiti quando giunge la missiva “finiamo di interrogarli martedì”. Benissimo, tutti ibernati nella grafite e spediti fuori dalle palle, che sono le cinque e mezza e anche Darth Koris non ne ha più voglia, specialmente il venerdì.
Musica, titoli di coda.

Conclusione: otto ore di lezione danno le allucinazioni a chiunque. Tant’è che oggi Koris ha deciso di abbandonare il suo senso del dovere e se n’è andata a Sugiton, ove ha fatto il primo bagno della stagione, in barba al detto dell’Amperodattilo “San Pé ne vo un cun lé” (“San Pietro ne vuole uno con sé”, ovvero fare il bagno prima del giorno di San Pietro dovrebbe generare annegamenti; il solito detto che porta sfigazza).

Cantami o diodo

Koris ha deciso di prendere certe cose in ridere, complice una sessione di arrampicata serale come non se ne vedevano da tempo. Camminare sui soffitti fa diventare zen, forse il problema di Bazilla e del suo mandare la gente al DAMS era quello. No, Bazilla camminava sui soffitti ma in stile “L’esorcista” o peggio, quando si ha il cuore di catrame non ci si può intenenrire. Koris invece è così sordidamente soddisfatta di sé stessa che nemmeno il ritorno deli ultracorpi, alias il Replicante, nella sua casella di posta può perturbarla.
E invece di incazzarsi, da fedele cronista, riporta alcune perle del “l’elettronica secondo noi” dettate dai Mostriciattoli, quelli di mezzo.

“Prof, ma il transistor può essere considerato un quadrupolo?”
“Quanti terminali ha un transistor?” (qui il Bazilla-diavolo sulla spalla di Koris dimena vorticosamente il forcone)
“Connettore, base e emettitore”
“E quindi?”
“Quindi è un quadrupolo!”

“Scusi, ma non è veramente necessario connettere il generatore, no? Voglio dire, il circuito funziona lo stesso, vero?”
“Certo, del resto la crisi energetica mondiale è un argomento per filosofi”
“Ah, allora ho ragione, il generatore non è necessario!”
Koris sta valutando di farsi un cartello con scritto “Sarcasmo” da sollevare alla bisogna.

“Ma si possono sommare più di due resistenze in parallelo”
“Cosa dovrebbe vietarlo?”
“Non lo so, si parla sempre di sommare due resistenze, che ne so io se si può. Magari esplode”

“Il circuito non funziona”
“Sarà mal fatto”
“Ma no, è fatto bene. Solo non abbiamo messo il potenziometro perché non lo abbiamo trovato nei componenti, ma tanto si può fare senza, secondo noi”
Naturalmente, il potenziometro si mette perché è blu e pertanto molto stiloso.

“Il circuito non funziona”
“Arridajela. Sarà mal fatto”
“Ma no!”
“Tanto per dire, ci vuole una resistenza di cento ohm qui e una di cento chilo-ohm qui”
“Beh, e non sono la stessa cosa?”
Come Orso che, in gioventù, portando un secchiello da mezzo chilo di mascarpone all’Amperodattilo, domandò “Ti basta mezz’etto?”. Ma Orso non era al quarto anno di università.

“Ma anche volendo, come sappiamo quali resistenze sono quelle buone? A caso?”
“C’è il codice di colori
“Ah, questo?- indicando le scatole dei cavi elettrici -Giallo, verde e blu?”
“No, quelli sono i cavi, il codice di colore delle resistenze. Lo avete lì sul muro”
“Eh, non sono i cavi?”
“… io ci rinuncio”

“Non funziona!”
“Uhmpf” (il Bazilla comincia a prendere il sopravvento, alla Mr Hyde)
“Non sappiamo perché”
“E questo è un diodo o una resistenza?”
“Boh!”
“Bisogna porsi delle domande della vita! Andate a cercare un diodo e vedere di metterlo giusto” (“… o vi taglio le mani” suggerisce il Bazilla-demone gongolante sulla spalla di Koris)

Stasera urgerà un’altra arrampicata per dissipare la tensione causata dai Mostriciattoli.

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