Agosto, autostrada di ritorno dal nulla cosmico dei Pirenei.
“Ma nell’assurdo caso un giorno avessimo un figlio, tu come non lo chiameresti?”
‘thieu ci pensa un secondo.
“Se fosse un maschio non lo chiamerei né Ryan né Kevin. Sicuramente non Kevin. Senti come suona, non siamo mica degli Americani! Bleurk!”
Koris ridacchia pensando alla scena di “Viaggi di nozze“.
“Ma perché me lo chiedi? Pensi che…”
“Ma figurati, con quello che è successo ad aprile?”
“Però…”
“Nah, vai tranquillo”
Tranquillo, già. Koris non ci credeva nemmeno per sbaglio che potesse succedere qualcosa, del resto l’esperienza non giocava a suo favore. Forse era meglio lasciare che la medicina se ne occupasse, era già previsto di muovere almeno qualche passo su quella strada. La natura aveva già riservato sorprese spiacevoli. O forse era il caso di farsene una ragione e lasciar perdere, si è una famiglia anche in due.
Era un sabato 3 settembre quando Koris stava facendo pulizie in una casa che assomigliava più a un set di un film horror che altro… e ha dovuto sedersi altrimenti sarebbe crollata per terra. Priva di energie, con nessunissima voglia di rialzarsi. “Vabbè, ci sono sei milioni di gradi, fottuto riscaldamento climatico” si è detta. Il giorno dopo, a cercare grotte sulle colline marsigliesi, ha rischiato di nuovo il collasso, tanto da dire a ‘thieu che era meglio ripiegare. “Finirà anche sto caldo di merda che mi fa sentire una chiavica” si è ripromessa. La sera stessa, fatto increscioso: la matriciana preparata con ingredienti scelti sapeva di percolato di discarica.
“Ma non ha un gusto atroce ‘sta pasta?”
“Al contrario, io la trovo buonissima”
Ok, che sta succedendo?
Passano i giorni, il ciclo non torna, la stanchezza non se ne va. “Ma è sicuramente il caldo, dai, succede a un sacco di gente di avere un ritardo per temperatura assurda. E per lo sbalzo di alimentazione post campo speleo, di sicuro”. Finché un mercoledì sera Koris non è crollata in lacrime sul pavimento della cucina ai piedi di ‘thieu dicendo che forse c’era una remotissima possibilità che si dovesse eventualmente prendere in considerazione l’evento straordinario per quanto improbabile che il ritardo non fosse proprio solo un ritardo dovuto al caldo.
“Me n’ero accorto che non eri proprio della tua forma solita, non sono mica scemo”
“Uhm”
“In fondo si capisce se è da qualche giorno che…”
“Due settimane”
“… ah. Forse è il caso di fare un test di gravidanza”
“MA SCHERZI, MA FIGURATI, NO, NO, VOGLIO LASCIAR PASSARE ANCORA QUALCHE GIORNO. Metti che si risolve tutto da solo, è uno spreco di ansia”
Passa il congresso speleo nel Vaucluse, con Koris che a -100 all’Aven Souffleur non riesce più ad andare avanti e ancora meno a mangiare l’insalata di riso, alimento alquanto rivoltante; Koris si odia perché fino a tre settimane prima si aggirava dicendo “al congresso speleo andiamo a -400 all’Aven Autrans, usciamo sulle ginocchia ma felicissimi”. Passa l’adunata speleo nelle Causse, dove ci si barrica dietro la scusa “tanto l’Aven Lacas non è armato” per fare due grotticelle a interesse minimo, ove Koris dice no al panino ma sì a ingozzarsi di frutta secca. Arriva il giorno del primo eventuale passo per la fecondazione assistita, che Koris ha voluto mantenere nell’ottica del “metti caso che”. Un sacco di coppie di donne (molto set di una serie ambientata a Los Angeles), una dottoressa molto genitle e accomodante. A certe domande Koris temporeggia perché, fuor di metafora, si sente un po’ stronza.
“Per quanto riguarda il ciclo di solito è normale, ho qualche giorno di ritardo, non penso che…”
“Non creda, non sarebbe né la prima né l’ultima che arriva in questo ufficio con un ritardo e poi scopre che la natura ha fatto tutto da sé”
“Forse sarebbe il caso che trovassi il coraggio di fare quel test di gravidanza, non ti pare?” dice ‘thieu una volta fuori.
Koris resiste altri cinque giorni, poi si decide ad affrontare l’ansia e lo stress post-traumatico che le genera quel bastoncino rosastro. La linea di test si colora ancora prima di quella di controllo, non c’è molto spazio per i dubbi. Non si può dire che Koris la prende come nel cliché da commedia romantica, è piuttosto la sensazione che inizi un nuovo periodo sospeso che può finire in ogni modo. Per fortuna, stavolta la ginecologa è disponibile in tempi rapidi per un appuntamento, dove rapido è comunque una settimana.
“Ha sintomi di qualche genere?”
“Non dormo, sono esausta e non digerisco tutto ciò che non è crackes, mele o patate”
“Bene, è piuttosto buon segno per il prosieguo”
Koris ha letto la stessa cosa in un libro di memorie del XVIII secolo e dentro di sé impreca che la scienza medica non sia progredita da allora.
La settimana trascorre fra ansie che meriterebbero un posto apposito (un post appost, insomma). Un venerdì sera di fine settembre Koris è nella sala di attesa con altre tre donne con pance rotonde accarezzate di tanto in tanto, sentendosi un impostore e ripetendeosi “e vabbè è andata così” in maniera compulsiva, perché nel Koris-universo non erano contemplate altre ipotesi. C’è da dire che, a differenza del mese di aprile, la dottoressa trova subito tutto. Koris però non ha il coraggio di guardare.
“C’è un embrione di un centimetro e mezzo, con una piccola attività cardiaca, mi pare impiantato bene”
Koris si permette di dire che però non si sente tranquilla, vista l’esperienza pregressa.
“So che dire di stare il più tranquilli possibile non serve, cerchi di vederla in questo modo: ogni giorno senza sanguinamenti è un giorno buono e vediamo a metà ottobre”
Giorni, altri giorni, paranoie, attesa. ‘thieu è ottimista, Koris cerca di non pensare troppo ma le riesce male. Qualche uscita speleo con le energie di una lumaca sgusciata e la testa altrove. Sopportare Capo Giuseppi che dice che non bisogna stressare la collega L perché lei è incinta e si vede (Koris abbozza perché chissà se è incinta davvero, si può dire che è incinta? Boh). Siccome dorme una notta su tre e mangia come l’autrice di un blog pro-ana primi anni 2000, la vita non è facilissima. Ogni tanto vorrebbe accollarsi e piangere per farsi rassicurare da qualcuno, ma da chi, che quasi nessuno lo sa per scaramanzia? Solo ‘thieu santo subito ogni tanto si prende le Koris-sfuriate nel vano tentativo di instillare un po’ di buon senso, alla bisogna minacciando di cambiare la password del wifi (si ricorda che i forum medici e di mamminepancine continuano ad essere il male dell’internet).
Arriva metà ottobre. Questa volta la sala d’attesa è deserta, ma Koris continua col suo mantra “e vabbè è andata così”, perché quante gravidanze si interrompono prima della fine del terzo mese? Del resto non si vede nulla, ogni tanto l’acidità di stomaco sparisce, chissà che vuol dire. La dottoressa è molto più tranquilla di Koris, che si ostina a non voler vedere l’ecografia. Per altro su un addome che è più piatto di una sogliola, figurarsi se…
“Le consiglio di aprire gli occhi, dovrebbe davvero guardare”
Sullo schermo non c’è quella sorta di gamberetto informe che Koris vagamente ricorda: c’è una forma umanoide. Che sembra intenta a mettersi le dita nel naso. Perché ha una sorta di naso, e una testa ben chiusa, e quattro zampe, una vescica, un cuore che batte. E un genere stimato a otto su dieci. Insomma, non è ancora un umano, ma ci assomiglia. Koris è un po’ frastornata, le sembra strano che sia tutto a posto davvero. “Diciamo che ci sono soprattutto ragioni di non inquietudine” dice la dottoraressa.
E per quanto siamo ancora lontani dall’obiettivo finale, la forma umanoide c’è ancora. Quindi tanto vale parlarne e accettarlo.
P.S. è alquanto possibile che seguano altri post del genere, perché è un po’ che Koris se li tiene dentro. Si è ripromessa che, nel caso le cose vadano per il verso giusto, questo non diventerà un mummy-blog, visto che Koris non si vede affatto come figura genitoriale. Ma ad ogni modo, questo è un po’ il Koris-diario di viaggio e anche solo per dovere di cronaca, certi eventi vanno riportati.