A dirla proprio tutta, all’annuncio dell’ennesima e insopportabile ondata di caldo Koris aveva pensato di andare a sotterrarsi al Trou Qui Souffle, per un’agevole uscita di diciotto ore al sifone di Pasqua Sud. Che poi equivarrebbe a passare diciotto ore in un frigo a otto gradi, ma senza che compaia sulla bolletta dell’elettricità. Solo che una brutta persona di cui non faremo nomi parte per i Pirenei una settimana prima, quindi la logistica speleo si faceva complicata. Col caldo poi si fa tutto complicato.
Il trekking ha il grande vantaggio della logistica ridotta, pertanto pareva una buona idea approfittare del ponte del 14 luglio per andare a zampettare in montagna. ‘thieu ha deciso per l’Ubaye perché c’era già stato da giovane e spensierato e sentiva la necessità di tornarci; Koris ha smesso di prendere iniziative da quando le temperature massime hanno superato i quindici gradi, per cui ha seguito.
L’Ubaye è un luogo parecchio vicino all’Italia e molto marmottoso. Nella passeggiata al Lac d’Oronaye per occupare il pomeriggio, Koris ha visto un sacco di marmotte ed è riuscita nell’incredibile exploit di fare solo foto o mosse o fuori fuoco. Così tante marmotte, così tanta incapacità fotografica. Mentre le marmotte sculettavano fra le rocce, sul sentiero si incontravano spedizioni sponsorizzate da Decathlon con la maglia dell’OM, perché i fini montagnardi si vedono dai dettagli. Sulla via del ritorno è anche piovuto, ma solo perché ‘thieu non aveva portato il k-way e la legge di Muprhy l’ha presa per una provocazione.
Il giorno dopo ‘thieu ha insisto per affrontare i diciotto chilometri e i quasi mille metri di dislivello dell’anello col de Mary-col Marinet, sotto un sole assassino mitigato solo da un inizio trekking fra gli abeti. Koris si è lamentata dell’assenza di neve sul percorso perché in fondo è rimasta la bambina rompicazzo che vuole “a neeee!!” (soprattutto rompicazzo). Per far fronte alla calura, ha messo la testa nel torrent de Mary sperando di rinfrescarsi le idee, invano. Tuttavia l’altitudine e l’annossia hanno fatto la loro magia e a quota 2780 m Koris tende ad essere piuttosto contenta. Anche se vedere i laghi alpini a livello basso è triste e ci si ritrova quasi commossi nello scorgere che il ghiacciao de Mary non è proprio morto-morto anche se ha sicuramente visto giorni migliori, fottuto riscaldamento climatico. Koris ha anche trovato nuovi oggetti d’odio ovvero 1) i cani sciolti che rincorrono marmotte e camminatori (va bene la libertà per il tuo kanniolino/figlio peloso, magari la prossima volta lascialo a una baby sitter pelosa se non sai gestirlo), 2) gli umani che si buttano nei laghi alpini come se fossero all’acquapark, che magari non è proprio necessario sbracarsi a spiaggia in qualunque specchio d’acqua. Ma sicuramente Koris si sbaglia.
Menzione d’onore del fastidio: in campeggio, un messere si è barricato nel cesso a guardare un film a volume sparato, incurante della penuria di sanitari e della coda chilometrica e bisognosa (lett.) che si stava creando.
L’ultimo giorno i piedi di ‘thieu erano ancora in uno stato presentabile, quindi è stato d’uopo assecondare questo suo desiderio di tornare al Lac des Neufs Couleurs, dov’era già stato quando era giovane e baldo. Aveva solo dimenticato il dettaglio del dislivello assassino iniziale, molto piacevole il giorno più caldo dell’anno. Koris è sopravvissuta solo grazie alla vista delle stelle alpine e alla speranza di frescura al di sopra dei 2700 metri. Dopo aver zampettato per morene di ghiacciai pensando a panini salame&maionese, lago dopo lago con livelli d’acqua disastrosi, si arriva al Lac des Neufs Couleurs, unico posto in cui resiste una microscopica macchia di neve (e grazie al ciccio, siamo a 2841 m). Si inizia la discesa fra paesaggi pietrosi, sentieri scoscesi, nessuno in vista all’infuori di qualche rapace dalle ali nere. Giunti in vista dei primi pascoli, Koris si illude di essere quasi arrivata a valle quando arriva ciò che il libro delle passeggiate definiva “parte finale fra gli abeti”. La parte finale fra gli abeti si rivela essere una sorta d’agonia con ammutinamento di piedi e voglia di strisciare fra la polvere e il sudore. Si giunge alla macchina quando non si sperava più, dopo 15 km e 990 metri di dislivello.
Koris comunque non ha ancora riunciato a un giro su più giorni, in teoria in rifugio se il coviddi permettesse; basta trovarne uno per piedi putridi.