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Un mese di invasione aliena

Sono passate quattro settimane da quando l’Alienottola è sbarcata su questo pianeta col favore delle tenebre. In un mese ha perso peso come una top-model anoressica, per poi scoprire le gioie di BigPharma e sfondare a inizio settimana il traguardo dei tre chili. Ora l’Aliena misura ben 49 centimetri, riempie un po’ di più le tutine taglia zero mesi (tranne quelle da 50 cm tedesche, perché i centimetri tedeschi devono essere più lunghi), si ingolla biberon a frequenza variabile e tira dei rutti degni di un metallaro alla quinta birra. Inizia ad avere delle interazioni coi due adulti irresponsabili che si trova accanto, ma solo quando ne ha voglia. Dorme più di quanto dormisse Koris alla sua età e questo è meraviglioso. Fisicamente assomiglia a Koris in maniera quasi inquietante, pur avendo dei lineamenti più dolci e un nasino a punta che le fanno rimorchiare tutte le vecchie dal verduriere. Nonostante i genitori improvvisati che si ritrova, l’Alienottola sembra abbastanza felice.

Koris sta. Questo mese è passato velocissimo e lentissimo allo stesso tempo, ci sono un sacco di cose che non ha ancora avuto il tempo di metabolizzare. Ogni tanto si stupisce di non essere più incinta, ma non si può dire che la panza smisurata le manchi (l’unica cosa che le manca è la pelle normale, c’è stato il grande ritorno dell’eczema da lebbrosa). Tuttavia non ha ancora ben inquadrato il suo ruolo di genitore#2, nonostante ormai abbia una certa destrezza nel cambiare pannolini, elargire biberon e pulire rifiuti tossici prodotti dai diversi orifizi alieni; una sera si è ritrovata a pulire un asciugamano smerdato in preda a un attacco di ridarella feroce, forse è il primo passo vero la follia.

Ogni tanto Koris pensa che niente è andato come pensava un po’ più di un anno fa. Ha vissuto una gravidanza di circa sette mesi di ansia assortita, con qualche difficoltà ad accettare che l’Aliena era lì e ci sarebbe rimasta in buono stato di conservazione. Ha lavorato fino all’ultimo o quasi, senza che nessuno apprezzasse o facesse nulla per aiutarla (e Capo Giuseppi ne dovrà rendere conto a settembre), sentendosi in colpa per lo smartworking massiccio che le ha probabilmente salvato la sanità mentale. Pensava di recuperare un po’ di energie nel mesetto di congedo pre-nascita e invece nemmeno due settimane dopo si preoupitava in ospedale col pensiero fisso “non sono pronta”. Il parto è l’unica cosa che è andata tutto sommato dritta, merito dell’ostetrica Cecilia e della sua tirocinante, nonché della santa santissima epidurale sempre sia lodata. Dal parto in poi lasciamo stare, sull’allattamento facciamo cadere la damnatio memoriae. C’è una parte di Koris che dice “tornassi indietro, farei tutto diversamente, farei meglio”, una parte che vuole una rivalsa ed è pronta a ripassare attraverso tutto questo. Fa un po’ paura.

E poi c’è l’altra Koris, quella che è rimasta in un armadio da quel giorno di inizio settembre in cui c’è stato un fantozziano leggerissimo sospetto. Quella Koris che ha ritrovato un corpo che le somiglia un po’ di più rispetto alla balena spiaggiata di un mese fa, e che si ritrova a dire “e adesso che si fa?”. Bella domanda, ma piuttosto da porsi nella forma “come si fa?”. L’altro giorno Koris si è trovata a sfogliare la guida grotte della Savoia, alla ricerca di cavità Aliena-compatibili, e le è preso un senso di straniamento. “E se non ci riesco più? E se non sono più capace?” si è detta. Momento delicato, perché qui immaginare il futuro non è semplice. Certo, si può sempre pensare in maniera razionale e dirsi che i Maiores si terranno più che volentieri Alienottola una giornata per fuggire al buranco Rampiun o alla Priamara. Oppure che non si sopportano le stronzate di Capo Giuseppi per nulla, e che la situazione economica permette di finanziare un baby-sitter per qualche sabato di discese sotterranee nelle vicinanze. Già, ma sarò davvero possibile? La Koris lasciata ad agosto 2022 ha un po’ paura della risposta.

Nel frattempo l’Aliena è piuttosto contenta di farsi trasportare nel marsupio anche in contrade extra-urbane, Koris l’ha scarrozzata per 4 km senza che fiatasse. Anche il viaggio in macchina è considerato sopportabile, a patto che gli adulti irresponsabili si ricordino di cambiarle il pannolino prima di entrare in autostrada (cosa che fino all’altro ieri non era scontata). Quindi magari qualcosina di quello che c’era prima si potrà ancora fare. Forse.

P.S. di ordine generale: questo blog, nato una sera di pochissima voglia di lavare i piatti, non si sarebbe mai sognato di mettersi a trattare di Alienottole made-by-Koris.

Koris e i Koris-pensieri confusi

Atto III: il tunnel spaziotemporale

Atto II: l’ospedale di Silent Hill

Koris è vestita con qualcosa che non è una camicia da notte con tetta ad estrazione rapida e le sembra impossibile. Assomiglia in maniera vaga a un essere umano, ma sta andando a casa e poco importa. L’Aliena viene assicurata nel marsupio, con grande sgomento di Koris che avrebbe voluto fare una prova prima e invece niente, ci si lancia così, senza rete, senza backup; del resto il passeggino per le strade marsigliesi non è un’opzione. ‘thieu si carica i sacchi fatti a caso in spalla, nella speranza di non dimenticare niente, un po’ come all’andata.

I corridoi dell’ospedale diventano all’improvviso luminosi, come se la maledizione notturna fosse stata spezzata. Koris vaga in trance perché da quelle parti non è mai passata, confinata com’era nei nove metri della sua camera. Allo stesso tempo è terrorizzata che spunti qualcuno a darle della madre degenere per aver maruspiato un’Alienottola formato tascabile, o perché non la sta portando bene o vai a sapere perché. Ma non la ferma nessuno.

E poi si aprono le porte del padiglione B, con l’uscita della maternità. Koris riconosce le voci che sentiva dalla sua camera, c’è qualcuno che si aggira per i cortili interni, passa qualche macchina, rumori ordinari che sembrano all’improvviso strani. Qualche passo incerto all’aria aperta fino ai cancelli, alla barriera per le macchina e infine l’uscita.

È una bella giornata, di quelle classiche marsigliesi con il sole che splende e un filo di vento che colora il cielo di azzurro. Nella via passa al semaforo rosso un motorino con la marmitta scassata che riporta alla realtà cittadina. Sul boulevard al fondo gli alberi hanno messo le chiome brillanti perché sì, è proprio primavera. Tutto è come al solito.

Solo che no, niente è come al solito. Koris ha l’impressione di trovarsi in una puntata di un telefilm di fantascienza in cui i protagonisti si ritrovano catapultati in una linea temporale alternativa e sono gli unici a rendersene conto. Oppure di essere stati frullati in un tunnel spaziotemporale che li ha proiettati in un futuro distopico di trent’anni dopo. I luoghi sono familiari, i suoni sono familiari e nello stesso tempo tutto è fuori posto.

Koris conosce quella strada, l’ha fatta più volte per recarsi ai controlli (e proprio un anno prima l’ha percorsa con tutt’altra diagnosi e tutt’altri auspici), eppure le sembra di percorrerla per la prima volta. Non ha più il peso della pancia che tira il bacino verso il basso, non sente più qualcosa che le comprime le costole, non sente la necessità di accorciare i passi: ha il suo corpo abituale, o almeno una buona approssimazione. Però c’è l’Aliena nel marsupio che al momento dorme e che cambia tutto. Si tratta del Koris-corpo di prima, ma non della vita di prima.

Koris continua a fermarsi ogni tre passi, ma non perché abbia il respiro corto da gestante, quanto per controllare che Alienottola infagottata lì dentro non stia soffocando. E anche per riprendere fiato all’idea che, da lì in poi, sarà tutto diverso. La parentesi dell’ospedale di Silent Hill pare essere durata un’eternità, la gravidanza è stata una sorta di sogno in uno stato sospeso e adesso… già, e adesso? Non è un pensiero triste, è un pensiero che scombussola, è quel lettino nella stanza in più che sembrava una presenza così remota ed estranea. E che ora è una realtà che non si cancella.

Arrivata in quel lettino mai visto prima, Aliena piangerà per un’ora filata senza che Koris e ‘thieu sappiano bene cosa fare. Poi si calma e sembra abituarsi. Non resta che abituarsi tutti.

Inghiottiti dal gorgo, ma è giusto così

GravidAnsia: terzo trimestre

A dirla tutta mancherebbe ancora un mese pieno alla fine dell’avventura che conduce al GranMiracoloDellaVita, ma pare che arrivati a un certo punto può succedere di tutto, metti che il parassita alieno abbia sottoscritto un contratto stile Prime con consegna anticipata. Non è rassicurante nemmeno un po’, ma meglio portarsi avanti col lavoro. Queste ultime settimane del momento magico per antonomasia sono una maledizione classica, di quelle che prendono il controllo del corpo maledetto senza alcuna pietà, ormai è loro e ne fanno quello che vogliono, tu organismo ospite subisci e stai zitto. Anzi, vai a prendere da bere che qui il demone interiore ha sete, e bada che non sia acqua santa.

Quindi eccoci all’ultima lista di cose che forse era interessante sapere prima, ma invece no, momento maggggico, non vedrai l’ora di abbracciare la tua creatura. Un po’ sì, ma soprattutto per chiederle che cazzo ha in mente e se intende continuare così anche per la vita extra-uterina (e nel caso, siamo fregati).

Baby brain: qualcuno dice che non esiste e quel qualcuno mente sapendo di mentire. Oppure è un maschio e non sa di mentire, ma mente lo stesso. O meglio, diciamo che può non capitare a tutte, però non significa che non esista. Inizia in maniera subdola a infiltrarsi fra i neuroni come una nebbia mattutina; e i segnali elettrici del cervello, non abituati a guidare in Valpadana, si perdono, si tamponano e si accartocciano. “Cos’è che stavo pensando?” oppure “perché sono entrata in questa stanza?” sono i primi campanelli d’allarme di una discesa verso un mondo di oblio che tuttavia non è condiviso. Al lavoro in certi giorni la concentrazione è un’illustre sconosciuta (sarà anche che Koris non si può dire entusiasta delle sue mansioni) e tocca farsi violenza per cercare di mantenere un filo dei pensieri. Talvolta succede anche leggendo o giocando o cerando di installare Linux Mint sul nuovo computer. Le dimenticanze si sprecano, a Koris è capitato di scrivere un post-it con la spesa, dimenticarsi di aver fatto un post-il con la spesa, quindi non leggerlo e dimenticare metà della spesa; non male per quella che è definita “la memoria storia della famiglia”. Dicono che poi passa, anche perché se non passa Koris potrebbe risolversi a gesti estremi.

Royal Rumble: “dopo la trentesima settimana i movimenti sono più rari ma più vigorosi”, anche qui qualcuno mente sapendo di mentire. Più vigorosi sì, più rari ma quando mai? L’Alienottola in dotazione a Koris non trova pace o è la reincarnazione di un maestro di kung-fu, capace che quando esce fa la presa del dito Wuxi alla malcapitata ostetrica. Siccome ormai è un’aliena ingombrante, si è saldamente ancorata con il bacino (di titanio, a giudicare dalla durezza delle ossa) sulla destra del Koris-addome, testa in basso perché la vescica è sempre comoda, schiena in fuori a creare una panza asimmetrica e poco estetica, gambe… ovunque. Il momento peggiore è quando usa il diaframma come poggiapiedi, momento che può durare svariate ore e dovrebbe essere vietata dalla convenzione di Ginevra. Ci sono poi i calci rotanti sferrati sul fianco destro che si visualizzano come veri e propri rigonfiamenti, quasi là sotto ci fosse un Alien che vuole uscire (oh, beh, in effetti è così). L’Alienottola in questione è particolarmente territoriale, appena qualcuno poggia qualcosa sul lato destro (sia esso Koris, ‘thieu, l’Amperodattilo o un professionista sanitario) si mette a scalciare come a dire “oh, questa è zona mia, fuori dalle palle”. Molto tenero, già, non lo facesse anche quando Koris sta trasportando la spesa fra le braccia o quando si sdraia per sbaglio sul lato destro. Koris è molto curiosa di vedere che razza di piedi e che muscoli delle gambe può avere un microbo del genere per sferrare calci così forti. (Nota: uno studio inglese ha stimato che i feti possono sferrare calci a 45 N, quindi non sono pacifici per nulla, se a qualcuno interessa cosa dice la scienza…)

Contrazioni queste sconosciute: dovrebbero essere le contrazioni preparatorie al parto, quelle che permettono di farsi un’idea di cosa potrebbe capitare nel preludio al momento clou. Solo che no, l’utero di Koris ha deciso che è troppo sbattimento, oppure è troppo malmenato dall’Alienottola per osare un movimento. Quindi Koris non ha idea di cosa dovrebbe sentire: c’è chi narra di dolori inenarrabili, ma in altre circostanze doveva capitare la stessa cosa e invece nada de nada. Koris ha forse una resistenza al dolore incredibile? Ci crediamo poco. Significa che l’Aliena non ha nessuna intenzione di sloggiare di lì e bisognerà tirarla fuori con l’esplosivo? La prospettiva non è molto allettante, ma staremo a vedere.

Legamenti da ottantenne: un giorno di inizio marzo Koris si è appesa nell’imbrago da speleo e ha avuto l’impressione che le ossa del bacino (suo, eh, ricordiamo che quello dell’Aliena è di titanio) stessero per fare crack. Ora, quando si porta uno sbilanciato marsupio di carne in continua crescita non c’è da stupirsi del decadimento della forma e della sostanza. Ma il crollo verticale non era atteso. Nemmeno quel sordo dolore sotto la scapola, come una pugnalata a destra, che pare essere diretta conseguenza della posizione dell’inquilina a scrocco. Insomma, questi ruggenti ottant’anni non ce li meritavamo. Ci sono giorni in cui Koris, per meglio calarsi nella parte, si deve fermare mentre sale le scale per il terzo piano. Un po’ suo malgrado (perché la sua mente razionale ha difficoltà a credere a certe stregonerie) deve ammettere che da quando ha iniziato una sorta di yoga-routine consigliata dall’ostetrica e ripetuta ogni giorno, la mobilità articolare è un po’ migliorata. La sfida ora è mantenere la razionalità e non barattare dei legamenti integri con ore di saluto al sole col culo all’aria.

Momentanea interruzione di corrente: almeno fino a nuova erogazione di zuccheri. Cosa che succedeva già nel secondo trimestre, ma qui è un racket. Koris ha dovuto istituire di nuovo la merenda della dieci del mattino e la merenda pomeridiana, altrimenti l’Aliena le taglia i viveri nel senso letterale. S’è deciso che entrambe le merende devono essere a base di frutta perché da quando la bilancia ha iniziato a segnare 60 kg Koris si sente un cetaceo di grosso calibro ed è meglio non sbracarsi. Anche se ucciderebbe per un gelato artigianale, che tanto non può mangiare per via del rischio di bacilli assortiti. A proposito, ormai è quasi ora della sua mela giornaliera…

Da un momento all’altro: perché scavallata la trentaseiesima settimana può succedere di tutto. Ma niente panico, eh. Basta essere preparati a qualunque evenienza, sia ad accogliere un lattante urlante dal mattino alla sera, sia a dover attendere che vengano a sfrattarlo dall’utero fuori tempo massimo. Si speracano le testimonianze della zia Tittina che ha partorito un vitello in forma umana di cinque chili alla quarantacinquesima settimana, e fioccano i racconti della cugina Cesira che l’ha partorito a otto mesi tondi nei bagni dell’ufficio, il giorno prima di andare in maternità. Esperienza “Trenitalia CiScusiamoPerIlDisagio” o “AmazognPraim consegna in giornata”? Impossibile saperlo, si possono avere solo aneddoti e statistiche. Visto che Koris è abbastanza indietro con la preparazione (o comunque non così avanti come vorrebbe), tutto ciò crea un clima da “sto preparando l’esame più tosto del corso di laurea e ho appena scoperto che ci sono altre due pile di dispense da studiare”. Solo che stavolta non si può rimandare al prossimo appello.

La cosa bella è che chiunque voglia rassicurare Koris dice “dai, fra poco è finita”. No, fra poco COMINCIA.

“Sto arrivando, ammerde!”

MadreNatura e MadreImpostora

Koris potrebbe cambiare un po’ argomento e dilettarvi di tutte le stronzate-minuto-per-minuto di Capo Giuseppi e colleghi assortiti, ma siccome il suo posto nel girone dei bestemmiatori è già prenotato da tempo e con trattamento premium per l’eternità, lasciamo perdere. Trattiamo piuttosto di questa esperienza antropologica chiamata “corso pre-parto”, nella fattispecie la lezione sul momento della consegna a cui sono ammessi anche i genitori-spettatori, in questo caso i portatori di cromosomi XY, i project leaders che si presentano per il kick-off meeting e per la riunione conclusiva a lavoro finito.

È alquanto probabile che in ogni corso pre-parto ci sia una figura che identificheremo col nome di MadreNatura. MadreNatura si riconosce dall’esterno perché ha una graziosa pancia tonda avvolta in tessuti bio, su cui ondeggia leggiadro un chiama-angeli che culla il piccolo squatter coi suoi campanellini. Di solito si accompagna con un co-genitore vestito da boscaiolo urbano (perché quelle scarpe scamosciate in un bosco vero durerebbero all’incirca mezzo secondo), che pare spettinato e trasandato ma in realtà è tutto voluto, cercato e spesso pagato perché biodinamico a chilometro zero. MadreNatura è la donna incinta che riesce a camminare a dieci centimetri dal suolo su una nuvoletta di zucchero perché si sente un tutt’uno con l’universo, culla di una nuova vita.

MadreNatura ha scritto il progetto nascita nell’istante stesso in cui ha appreso il suo status di donna gravida. Non vuole l’epidurale, non vuole un parto indotto, non vuole farmaci, il cesareo è un’opzione non considerata; vuole che il co-genitore sia partecipe dal travaglio e sia coinvolto nel progetto-nascita, di sicuro fa yoga e meditazione, forse pratica l’aptonomia perché la futura famiglia si senta già unita fin dall’utero. MadreNatura è la mamma per eccellenza, quella che sorride per nove mesi.

MadreNatura ha tuttavia delle idee un po’ romantiche su come dovrebbe svolgersi la pratica e scopre in loco particolari spiacevoli. In che senso il bambino deve passare per le ossa del bacino così come sono? Queste non si aprono come una porta scorrevole per lasciare che la creaturina faccia il suo trionfale ingresso al mondo? E perché il tappo mucoso è quella roba schifosa di muco e sangue, non poteva essere un tappo sagomato di sughero sardo che sigilla uno champagne bio? E che significa che un travaglio può durare anche dodici ore, la meditazione non aiuta? Insomma, MadreNatura era abbastanza convinta che bastasse una seduta di canto tantrico in una notte di luna piena perché la cicogna trasformasse un diamante grezzo sotto una foglia di cavolo e un nuovo bebè si teletrasportasse fra le sue braccia. Fa un po’ tenerezza.

Al contrario forse in non tutti i gruppi c’è la MadreImpostora. Quella che ha una piccola pancia asimmetrica sbilanciata verso destra e si infagotta in quei due-tre vestiti di una vita precedente che ancora le entrano. Non ha né chiama-angeli né carillon, perché è incinta di un feto già incazzato con la vita che preferirebbe l’Hellfest ai campanellini. È accompagnata ma forse avrebbe preferito di no perché questo concetto di famiglia non le è ben chiaro. È quella che anziché accarezzare il ventre prominente con gesti teneri, ogni tanto si infila due dita sotto le costole bisbigliando “basta! smettila!” perché il suo squatter uterino ha appena lanciato una FATALITY di gambe in direzione del diaframma. Cammina come un pinguino costipato, se c’è di mezzo una nuvoletta è probabile che sia di gas intestinale.

C’è da dire che MadreImpostora sa un sacco di dettagli tecnici sul parto e si fa poche idee romantiche (il massimo del romanticismo si riduce a “per venire al mondo si deve passare per una strettoia severa, alla peggio arrivano i soccorsi a disostruire”), forse perché si ricorda di quando Euripide fa dire a Medea “io preferirei stare tre volte accanto a uno scudo piuttosto che partorire una volta sola”. E si sente alquanto Medea perché a differenza di MadreNatura non ha alcun progetto nascita, se non un generico “tirate fuori quel demone assiro da lì, se possibile senza troppo macello”. E dopo? Ah, boh, dopo che è spadellato se ne può anche occupare il project leader che sono nove mesi che non fa un tubo, avremo anche diritto a tirare il fiato mezzo secondo? No, eh? MadreImpostora non ha niente di pronto, nessuna cameretta con mobili ipotossici eco-compatibili scolpiti da un falegname di Nazareth, nessuna valigia ricolma di morbidi vestitini e camicie da notte da Madonna sexy. E l’idea in tutta onestà le fa anche un po’ schifo. MadreImpostora ha tutti i dettagli tecnici, ma sta ancora aspettando che le consegnino il bagaglio emotivo, andato perso nei cambi di rotta di questi più di sette mesi di viaggio.

MadreImpostora sta iniziando a invidiare la spensieratezza e leggerezza di MadreNatura. Sta iniziando a invidiarla molto.

Come cantano Garfunkel and Oates “you are just giving birth now, you are not Mother Earth now”

Quel che si dice

Se ne sentono un sacco e se ne scrivono poche perché il Koris-cervello perde colpi e chissà se si riprenderà un giorno. Nel mentre l’universo circostante giudica perché essere gravida equivale a divenire una sorta di patrimonio dell’umanità, sono tutti esperti (soprattutto se dotati di Impareggiabile Parte ovvero il pysello) e devono fartelo sapere. O devono farti sapere che tu non sai perché pure Socrate è passato di moda da quei 2500 anni e poi vai a sapere cosa faceva coi ragazzini, i baNini, nessuno pensa ai baNbini. Koris sta divagando, ma sono anche le sei e mezza del mattino di sabato, un’ora perfetta per divagare in attesa della colazione.

Capo Giuseppi ne ha dette un sacco negli ultimi mesi, cosa che non lo ha reso la persona più collaborativa del pianeta, forse nemmeno del braccio galattico. Fra le sue massime ricordiamo:
“Non so gestire un’impiegata incinta, non l’ho mai fatto, non so, informati tu”
“Non posso accordarti lo smartworking perché non sarebbe giusto verso gli altri colleghi”
“La collega M non mi ha chiesto questo e lei è incinta davvero, si vede”
“Il tuo congedo per maternità mette in stress i progetti”
Dati i presupposti Koris pensava che dopo il colloquio annuale di Capo Giuseppi sarebbero rimaste poche frattaglie con cui nutrire i cinghiali; certo, Koris a quel punto avrebbe dovuto partorire nel carcere di Baumettes, ma prendendosi vent’anni per omicidio premeditato avrebbe lasciato a ‘thieu tutto il circo pappa-cacca-nanna, ricongiungendosi con la prole solo in età adulta. Era un buon piano, colpirne uno per non educarne nessuno, colpirne uno e basta, nel caso colpirne un altro e un altro ancora. Capo Giuseppi era invece nello stato “ho lasciato i testicoli nell’altra giacca”, si è abbassato le brache, ha cercato di sbolognare il lavoro organizzativo a Koris perché è mejo lei, ha fatto promesse così fuori dal mondo che anche i muri si sono messi a sghignazzare. Ha ultimato il colloquio con “vedi, devi fare dei bambini se vuoi lavorare come dici tu, mi obblighi ad organizzare meglio il lavoro”. Koris avrebbe voluto rispondergli che vorrebbe organizzargli un pacchetto all inclusive per andare in prima classe affanculo.

Anche i colleghi ne dicono un sacco. Dopo l’outing di Capo Giuseppi in riunione di laboratorio (Koris non è sicurissima che si possa dire a tutti “tizia è incinta” senza il consenso di tizia, ma la giurisprudenza non è il suo forte), chiunque si sente in dovere di pronunciarsi. La frase che va per la maggiore è “ma dove lo nascondi? Sarà un bambino piccolissimo!”, grazie caro, se stimi anche il peso e la lunghezza con la tua vista ecografica a distanza mi fai un favore. Menzione speciale per chi ha detto “devi sbrigarti a fare la maggior parte del lavoro adesso perché quando tornerai non sarai più concentrata come adesso, non sarai più la stessa”. E a Koris piacerebbe moltissimo sapere se a ‘thieu è stato fatto lo stesso commento o se è privilegio esclusivo di chi ha un utero. Sul consiglio di Capo Giuseppi “per organizzarti affidati alla disponibilità dei colleghi” non ritorniamo perché come Koris cerca di far presente che lei a inizio aprile scompare dai radar (forse eh, perché anche lì ci sono dei dubbi, visti i casini combinati dalle risorse umane) e che magari si potrebbe quanto meno discutere, si scatena un’entropia a base di “Filini facci lei”. E tanti saluti all’organizzazione.

Si dice anche che una futura mamma debba sapere tutto, o almeno, pare che ottenga magicamente la risposta a quesiti che fino a sei mesi prima non la toccavano. Allatti? Di che taglia prendi i vestiti? Epidurale? Qual è il progetto di nascita (boh, tirarlo fuori da lì garantendo mutua sopravvivenza con una ragionevole macelleria?)? Nel caso di Koris le conoscenze devono spaziare anche in campo medico. Nella fattispecie, Koris è andata dal medico generico per la vaccinazione contro la pertosse, raccomandata dalle linee guida per feti in scadenza (e anche feta in scadenza, bisogna controllare che non abbia fatto la muffa). Ne è uscita fuori una conversazione surreale a base di “non sappiamo cosa c’è dentro ai vaccini” e “non so se mi prendo questa responsabilità”. Momento migliore:
“Ma lei non sa come si chiama il vaccino che deve fare?”
Koris stava per rispondere sono anch’io dottor per cento, maniscalco al reggimento, perché se è vero che il titolo è quello, dietro c’è scritto “in fisica”, vaccini e neutrini non sono proprio la stessa cosa, la gravidanza non l’ha resa onniscente. O forse i suoi ormoni sono di pessima qualità e dispensano solo malumori al posto della divina sapienza.

Insomma, per concludere, si dice tanto che le donne gravide camminano a dieci centimetri da terra per la felicità, walking on air, sur un petit nuage. A Koris ‘sta gravidanza pare piuttosto una camminata sui carboni ardenti, una sorta di ordalia da scontare per cercare di dimostrare che non si è imbarcata in questa impresa in maniera del tutto sprovveduta. Anche se il iudicium dei pare essere già stato pronunciato a priori: sarai un genitore terribile e hai fatto ‘na cazzata.

Lento pede!

Ancora vivi ma non consenzienti

Koris non è scomparsa in Patagonia cilena dopo l’ultimo post, anche se le date potrebbero suggerirlo. Del resto il suo piano originario era “finisco il contratto a tempo determinato a ottobre 2022, poi sparisco per due mesi a fare esplorazioni speleo all’Isla Madre de Dios e tanti saluti”, poi ha dovuto aggiornarsi. Poi ha dovuto aggiornarsi ulteriormente al ribasso. Koris si consola dicendosi che tanto col meteo presente non sarebbe stato possibile andare alla Muraglia Cinese perché si necessitano parecchi gradi sottozero onde avere l’acqua gelata, quindi non si è persa niente. La cosa la consola davvero? Nemmeno un po’.

Koris è in piena astinenza e si sveglia nel cuore della notte con idee bislacche del genere “e fosse andare a fare lo Scialet Juju? Sarà davvero così ignobile?”. Quindi si alza, va a prendere la guida delle grotte del Vercors e legge che lo Scialet Juju è “un’esplorazione sportiva e impegnativa, il fiume di -300 giustifica i passaggi penosi in meandri stretti e fangosi”. Descrizione che scoraggerebbe chiunque ma non Koris che percepisce il bisogno di sentirsi allo stretto fra due lame di roccia umida, con la ferraglia che raschia. Cerca di renderne partecipe ‘thieu, che nicchia.
“Ma l’entrata della grotta che siamo andati a cercare a novembre, quella ignobile, come si chiama?”
“L’Espoir?”
“L’Espoir non è ignobile, è solo un po’ stretto”
“Il Mortier?
“Quello! Possiamo andare a fare quello lì?” (dalla guida: -396, cavità impegnativa che permette di testare la propria resistenza con un grosso sacco nei meandri; più si scende, più si fatica; attenzione alle piene)
“Non potremmo andare a fare piuttosto l’Orbito, che è largo?”
“No, voglio uscire a pezzi e brandelli e giurare di non voler più sapere niente della spelelogia dopo 15 ore con una tuta bagnata addosso. E poi avere voglia di tornare in grotta il week-end dopo”
“Mi sa che ti tocca aspettare un po’”
Aspettare, già. Accontentarsi del metadone speleo che è un’oretta sotto terra in un buco che non avresti mai considerato in condizioni normali. Ripetersi che è sempre meglio che niente. Non convincersene per nulla.

‘thieu è quello che porta avanti il progetto di genitorialità con maggior convinzione, o almeno così fa credere. E meno male che lo fa credere perché altrimenti ci sarebbe molto poco da stare allegri, già che le ragioni scarseggiano. Koris era convinta di essere in pieno sentimento da “16 anni e incinta”, prima di guardare davvero una puntata del programma di MTV e accorgersi che le squinzie in questione hanno molta più maturità nell’affrontare la cosa di Koris, che ricordiamo avere 20 anni di più. Quindi la ripartizione dei ruoli è la seguente: ‘thieu fa il project leader che pianifica e dà le direttive, Koris la sviluppatrice scoglionata che porta avanti il progetto perché ormai c’è dentro e non resta che aspettare la scadenza per consegnare una roba ai limiti della decenza. Come al lavoro, del resto.

Il lavoro, già. Il morale è a livello zerbino, ma non quello di casa, piuttosto quei tappeti all’ingresso di un negozio in disarmo o quasi atti a pulire le merde di cane sotto le suole. Koris manda mail che restano senza risposta, scrive note che restano nel dimenticatoio per un mese e più, si interroga sul senso di tutto questo e non lo trova. Capo Giuseppi insiste perché il congedo per maternità sia ritardato di tre settimane, Koris non sa se può farlo e se lo fa sarà solo per non tornare a lavorare a fine luglio, ma a metà agosto, non certo per Capo Giuseppi. Per inciso, lunedì della settimana prossima Capo Giuseppi ha previsto due ore di colloqui annuale, Koris vorrebbe solo rispondere “ma che se dovemo dì?”, sapendo che qualunque appunto viene archiviato nella cartella della gerarchia NonCeNeFregaUnCazzo, quindi perché perdere tempo? Per pigliarsi qualche colpa random del genere “i progetti non avanzano per colpa della tua maternità”, “se i colleghi non ti rispondono è perché non sei sociale”, “pesavo volessi impegnarti in questo laboratorio invece manchi di motivazione”. O anche tutte assieme, chi può dirlo. Koris non ha nessunissima voglia di vederlo in generale, e da sola anche meno.

Insomma, bah. Il Koris-cervello necessita di essere staccato da più lati, ma non si trovano scappatoie, visto che quella usuale è bloccata da una trippa in rivolta che si fa ogni giorno più ingombrante (e più orribile, ogni volta che Koris passa per errore davanti a uno specchio). Koris ha ricominciato a giocare a “The Sims”, che è sempre un brutto segnale anche se il tempo di gioco è limitato. Sarebbe bello raccontarsi che un giorno tutto questo finirà, peccato che quel giorno inizierà qualcosa di molto peggio…

La sopravvivenza è sempre sopravvalutata

GravidAnsia: secondo trimestre

Ed eccoci qui, scavallato il 50% (nel Koris-caso pure il 60% ma non diteglielo che va in panico) di questa cosiddetta avventura chiamata gravidAnsia. Ricordiamo, momento magico nella vita di una donna che porta in sé il GrandeMiracoloDellaVitaTM, per altro il secondo trimestre momento magico nel momento magico, una roba di una potenza inusitata che Gandalf, Voldemort, Aes Sedai e roba varia scansatevi proprio, un potere contro cui non può esserci vittoria. Ecco, l’ultima frase di solito non viene mai pronunciata, pur essendo quella più veritiera. Per continuare con la similitudine, il secondo trimestre è come portarsi addosso un oggetto maledetto, ad esempio un horcrux o il pugnale di Shadar Logoth: sulle prime non ti accorgi che esiste, ma col passar del tempo prende il sopravvento, si impossessa del tuo corpo e verosimilmente anche della tua anima, finché non finisce che… non sappiamo ancora come finisce. E no, non è un cliffhanger per tenervi abbonati al blog.

Ecco qui quindi la seconda carrellata più o meno noiosa di cose Koris-accadute per cui nessuno l’aveva preparata prima. O meglio, alcune sì, ma erano di molto edulclorate. Andiamo in disordine:

Thank you for smoking: non che dal nulla si inizi a fumare. Tuttavia dal nulla ci si ritrova con la capacità polmonare di un tabagista accanito. Ci si ritrova a soffiare come un mantice facendo le scale (o risalendo venti metri di pozzo), fino a doversi fermare perché “aspetta, devo riprendere fiato”. Il che è un po’ un peccato, visto che si ritrovano alcune energie che nel primo trimestre erano fantascienza pura come se venissero dai cristalli di dilitio. Però le energie sono spese per sbuffare alle ricerca di ossigeno. Dicono che sono gli ormoni e che basta prendersi il tempo di fare le cose respirando a fondo. Peccato che ogni volta che respiri a fondo qualcuno si lamenti al di sotto del diaframma…

Un certo languorino: ma non è proprio fame, è più voglia di mangiare anche le gambe del tavolo. Che arriva un giorno e non spieghi il perché, soprattutto dopo tre mesi di regime alimentare degno di un’adolescente pro-ana dei primi anni 2000. Si inizia con la commozione per aver ritrovato un appetito corretto e un apparato digestivo che depone l’ascia di guerra per tornare al lavoro. Anche troppo. Si finisce con l’avere una fame atavica degna di Ungoliant che si mangerebbe pure gli alberi sacri di Valinor. Vero, non bisogna fagocitare cibo per due, come dicono le leggende popolari, tuttavia si ha proprio l’impressione che ogni volta che si prova a resistere ai morsi della fame, l’inquilino nelle budella si mette a urlare “ehi, mi dai da mangiare?!”. Se si tenta di convincerlo che può aspettare un’ora più consona, come la cena, l’inquilino stacca il contatore. Letteralmente: Koris si è trovata ad addormentarsi a ripetizione finché non ha trovato una fonte di zuccheri da cui attingere. Zuccheri subito requisiti dal parassita. In compenso delle tanto citate voglie non si vede traccia, se escludiamo un’impennata nel consumo di carote crude. Per i formaggi non pastorizzati e puzzoni non è voglia, è astinenza.

Il fantasma: questo è valido almeno per la prima parte di questo secondo trimestre. Perché da un anatema embrionico che riduce a uno stratto l’oganismo ospite, il neo-feto è un esserino sempre parassitario, ma che si fa sentire molto meno. Almeno nel Koris-caso, ci sono stati momenti in cui non sembrava nemmeno di essere incinta, con conseguente accensione di una miccia per un’esplosione di paranoie: non c’è più, ne sono sicura, è sparito. Soprattutto quando l’internet dice che dovrebbero farsi sentire i primi movimenti e nei soliti forum (del male) c’è una sorta di gara a chi li ha sentiti prima, chi alla 14esima settimana, chi all’ottava, chi non era ancora incinta e già sentiva il pikkolo ancielo (o forse erano fagioli). E tu non senti niente e ti chiedi che significa “sentire come il battito d’ali di una farfalla”, chi cazzo mangia farfalle vive, siamo ne “Il silenzio degli innocenti”?! Oppure “come delle bolle d’aria” e allora come facciamo la differenza coi fagioli di cui sopra? Insomma, grande mistero, il feto resta un fantasma intangibile e immateriale. Almeno fino alla sera in cui Koris, convinta che ormai il fantasma si fosse dileguato, era seduta in cucina ad ascoltare i Blind Guardian mentre cuoceva il risotto, quando durante il ritornello di “Nightfall” ha sentito tre colpi. Non erano né farfalle né bolle, erano i tre colpi del fantasma che indica la sua presenza durante una seduta spiritica.

Tekken the Iron Fist Tournament: “oh, è così tenero quando si fa sentire!” dicono tutti. Già, in effetti la prima volta è tenero. Forse anche la seconda. Dalla terza in poi dipende dalla frequenza con cui si verificano i calci. Forse l’aliena in Koris-dotazione è assai irrequieta o già incazzata con la vita, ma da quando si è fatta sentire la prima volta si è trasformata in un personaggio di Tekken, il picchiaduro per Play Station per eccellenza. Calci, pugni, craniate, ogni tanto prova anche le combo. Per fortuna che essendo sola non può organizzare tornei, ma deve aver preso la placenta per un sacco da box, su cui sfoga la sua rabbia a ogni ora del giorno e della notte. Con grande sollazzo dell’organismo ospite, costretto a sorridere ogni volta che si sente dire “che carina, dà i calcetti”, li desse alla tua cintura addominale non la troveresti così carina mortaccitua. Resta ancora da scoprire se l’alienottola nascerà con la capigliatura di Paul Phoenix o meno. Va da sé che appena la combattente si prende tre ore consecutive di pace scattano le paranoie a base di “ma se non si muove starà bene o è successo qualcosa?”, fugate di solito con un calcio rotante in qualche organo sensibile.

Materasso ad acqua e cuscino scorreggione: in tutta questa attività fisica il feto è convinto di fare acqua-gym (l’alienottola fa più acqua-fight, ma lasciamo stare) in ambiente caldo e protetto. Solo che l’ambiente attorno è fottutamente senziente e c’erano organi che un tempo avevano delle funzioni, che provano a mantenerle nonostante la perturbazione in atto. Solo che la vescica è diventata un comodo materasso ad acqua su cui si appoggia mezzo chilo e più di umano work-in-progress, con conseguenze immaginabili sulla sua capacità e pressione tollerabili. L’intestino invece deve essere diventato un oggetto di carnevale molto buffo, che emette suoni strombettanti quando viene schiacciato. Il feto deve divertirsi moltissimo, l’organismo ospite un po’ meno.

Donna de panza: ed è solo l’inizio. Che poi a dirla tutta Koris fa parte di quelle che potrebbero essere incinte o solo costipate, quindi la gente non osa chiedere; non che questo tenga al sicuro dalle pressioni sociali, appena scoprono che il contenuto della panza non è gas il commento che va per la maggiore è “ma sarà un bambino piccolissimo, dove lo nascondi?” (esticazzi, non arrivo a un metro e sessanta, devo affittare una dependance se voglio incubare un feto di sei chili). La panza in questione è comparsa non dall’oggi al domani, ma quasi. Il punto di non ritorno è stato quando non si sono più chiusi i pantaloni da sci, a fine dicembre. Poi i jeans a gennaio. Poi la tuta speleo, a febbraio, anche se la sottotuta elastica tiene ancora botta. E ripetiamo, è solo l’inizio.

Nota: questo post ha un altissimo contenuto nerd, ma del resto non è che una donna smette di essere se stessa solo perché è gravida…

L’inizio della fine che sarà un inizio, ma pur sempre un inizio
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