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La prima volta della hérisson-team

Era un Santo Stefano come tutti gli altri, satolli di cibo dal giorno prima e sommersi di regali appena spacchettati. O meglio, era un Santo Stefano quasi come tutti gli altri, perché in tutti gli altri Santi Stefani non c’era una baby Aliena strisciante a sbavare per metri e ad aggiudicarsi il 90% dei regali. Insomma, mica cotiche come differenze.

Come ogni Santo Stefano (questa volta sì), urge trovare un modo per smaltire il numero di calorie a sei cifre ingurgitato il giorno prima. ‘thieu se ne esce con un classico “andiamo a fare una passeggiata”. Facile a dirsi, ma andare a passeggiare senza meta non è mai cosa; l’anno scorso si era andati in cerca di Valpisello, stanziando mezza giornata per poi trovarla in un tempo più che ragionevole. Visto che alle grotte di Valinor piace giocare a nascondino con le coordinate GPS, meglio arrivarci preparati. Dopo aver rinunciato ad andare verso est per terrore del traffico rivierasco, si decide: andiamo a cercare la grotta degli Alzabecchi.

Segue una lunga operazione cartografica di triangolazione per far quadrare carta, descrizione di accesso alla grotta che può voler dire tutto e niente (“prendere la strada sterrata che parte dalla terza casa sulla sinistra” e poi cosa?), Google Maps e l’intuito. Segue quindi un’inedita preparazione di una baby-merenda a base di yogurt e biscotti, più pannolini assortiti perché la vita è dura e la caccapulta è sempre sicura. Quindi si carica in macchina un GPS, una cartina, uno zaino stipato, due adulti, un’Aliena e uno zaino porta-bambini e via verso le colline deserte dell’entroterra.

Si arriva in loco che i 14 gradi della costa sono diventati 10 gradi scarsi. “Dici che la pupa si surgela?” chiede genitore#2 in uno sprazzo di coscienza, “ma no, la copriamo bene” risponde l’impavido genitore#1. Si issa l’Alienottola sulle capienti spalle di genitore#1 e si parte giù per il sentiero che passa in un bosco di castagni. Gli adulti affondano a tratti fino al ginocchio nelle foglie secche. L’Alienottola sopravvive a rami bassi, rovi, scossoni; ogni tanto si toglie il ciuccio e pontifica in una lingua sconosciuta, ogni tanto rutta perché vuole dimostrare di essersi ben integrata nella hérisson-team.

Koris sbaglia clamorosamente strada a un bivio, si trova nella parte sbagliata del vallone, intima al resto della squadra di aspettare, scende in un rigagnolo a secco con la grazia di un cinghiale autoctono solo per scoprire, GPS alla mano, che la grotta sta oltre una muraglia di falesie basse ma invalicabili. Pive nel sacco, si torna indietro perché è dicembre, le ore di luce sono scarse e magari l’Aliena si surgela al calar delle tenebre.

Ci si ritrova al bivio di cui prima. ‘thieu fa notare che la grotta dista solo 650 metri, hai visto capita una botta di culo. “Però non abbiamo luce, dobbiamo fare in fretta” aggiunge. Ci si avvia di buon passo dopo essersi sincerati che l’Aliena è viva e non in forma di sofficino Findus. Koris, non cammellata con carico di responsabilità, marcia davanti. Si riconosce a spizzichi e bocconi la descrizione simbolista ed ermetica dell’accesso alla grotta. Ed eccolo lì, proprio 650 metri dopo, un bell’ingresso rotondo e nero che soffia aria calda. “Aspetta che faccio sentire ad Aliena l’aria calda” dice genitore#1. Si torna alla macchina che ormai sono calate le tenebre, i gradi sono diventati 7 e l’Alienottola passa gli ultimi dieci metri che la separano dallo yogurt a lamentarsi per il choffame.

E poi mentre si scende per i tornanti e l’Aliena satolla sonnecchia, Koris realizza che è accaduto: è la prima volta che Alienottola partecipa a una sorta di uscita speleo. Certo, un’uscita in superficie, ma pur sempre con un fine speleologico. E sì, ci vorrà ancora del tempo perché l’esserino strisciante e ruttante possa davvero mettere piede in grotta, tuttavia il ghiaccio è stato rotto, quel momento che dal 21 aprile sembrava non arrivare mai invece è qui, è successo. Un piccolo passo a cavacecio per l’Aliena, un grande primo passo per la hérisson-team.

Il ricco in grotta ha un suo perché e ha molto a che fare con ‘thieu

Acque internazionali, baby vampiri e accessori inessenziali

Alienottola è stata trasbordata in Italia dai Maiores per una settimana. Al seguito i due accessori inessenziali chiamati Koris e ‘thieu, di nessuna utilità agli occhi dei due nonni adoranti. Approfittando dell’Orso-assenza, Aliena ha dormito nella fu Koris-cameretta (“ho chiesto a tuo fratello se non è un problema che dorma nella sua camera…” “tanto per cominciare, è la nostra camera e al limite l’ho occupata per prima io” “Vabbè è uguale” “col cazzo che è uguale!”) acconciata in versione bebè per l’occasione. L’Amperodattilo ha potuto prepararle deliziosi manicaretti a base di verdure ma soprattutto conditi con parmigiano. U Babbu si è esibito nel suo solito impromptu di filastrocche e cover di opere liriche, nonché di dialoghi più o meno platonici fra peluches. Hanno rincorso Mago Aspirio (al secolo, l’aspirapolvere) per il corridoio, hanno imitato il vento soffiando nella girandola, hanno dialogato coi pini marittimi e bacchiato un ulivo. Il baby-transito instestinale è diventato argomento di conversazione e dibattito, secondo in interesse solo a quello di Luigi XIV. Aliena li ha ricompensati mettendosi a saltare ogni volta presa in braccio, forse posseduta dallo stesso spirito che colpì baby-Koris 36 anni or sono. Inoltre le sta spuntando un dente che potrebbe essere un canino, molto appropriato per Halloween.

Approfittando del calo demografico a Merdopoli, Koris è riuscita a iscrivere Alienottola a una sessione di acquaticità nella piscina comunale. Così alle otto del mattino (dopo aver incontrato un ex compagno delle medie reso irriconoscibile dal fardello degli anni, che tuttavia ha subito riconosciuto Koris), Aliena ha avuto a disposizione una vasca quasi tutta per sé, da condividere solo con un’altra bambina e non con i soliti altri undici. Ha inoltre riscattato l’immagine della famiglia nella piscina in cui Koris ha rischiato di annegare e in cui Orso era professionista del bordo vasca. Tutto sembrava concludersi per il meglio quando lo sciagurato genitore#2 si è accorto di aver dimenticato il pannolino di ricambio, costringendo la povera Aliena ad andare a casa imballata in un asciugamano (in cui ha ovviamente pisciato).

I due accessori inessenziali, Koris e ‘thieu, si sono avventurati a Merdopoli per cercare qualche vestito per la prole della giusta taglia per rimpiazzare la pletora di body 3 mesi, che ormai strizzano l’Aliena come le tenute da fitness anni ’80; non si può dire che siano stati molto virtuosi nel compito “I love shopping per il baby”, ma almeno hanno strappato una sufficienza. Ne hanno approfittato per andare un po’ in grotta, ove i resti della parassitosi e le schede d’armi folkloristiche lo permettevano. Ora hanno bisogno di una vacanza, complice il cambio dell’ora con un bebè non facilmente regolabile.

Il prossimo transito italico è previsto per Natale, la sopravvivenza dei due accessori inessenziali non è garantita.

Vi terremo informati sul dente vampiro di Alienottola

Hotel La Terasse, baby luxury resort

Col roboante titolo di “Hotel La Terasse” i Maiores si riferivano al terrazzo di casa Koris, di ragguardevoli dimensioni e fornito di piante di ogni tipo, ombrelloni, tavoli e da quest’anno una pergotenda eco-climatica (qualunque cosa voglia dire). All’epoca di baby-Koris all’evenienza compariva anche una piscinetta a destinazione infantile, sfruttata tuttavia da tutti i membri della famiglia. L’Hotel La Terasse ha subito diverse trasformazioni nel corso degli anni, ma conserva un suo fascino, soprattutto in caso di anticicloni assassini in arrivo.

Onde evitare di ritrovarsi un’Alienottola arrostita a cottura lenta in un appartamento marsigliese, Koris ha prenotato una suite con pacchetto all inclusive all’Hotel La Terasse. Per l’Aliena, mica per sé, visto che i Maiores ormai non hanno occhi che per l’umana formato tascabile. Al di là del confine l’Aliena ha trovato la suite già approntata con letto queen-size e zanzariera che nei giorni seguenti si è rivelata essere un giocattolo meraviglioso in cui abbozzolarsi, con buona pace di Koris e le sue paranoie da soffocamento. Amici e parenti dei Maiores hanno portato altri doni, perché il vizio è bello se non deve metterlo a posto l’Amperodattilo.

L’Alienottola ha giovato del trattamento spa, lasciandosi fare il bagnetto sulla terrazza da chiunque lo desiderasse (pare che i bagnetti degli under 1 siano attrazioni più ambite di Disneyland), stando in acqua ben al di là del limite temporale consigliato. Quindi ha ricevuto massaggi con crema idratante sotto l’ombrellone più manicure, una roba che se scritta sulla brochure di un resort farebbe lievitare il prezzo di 500 euri sani sani. Passando quasi il 100% delle ore di luce all’esterno, l’Aliena si è anche abbronzata, con tanti saluti alla teoria per cui neonati dovrebbero stare in casa per evitare il sole.

Ha fatto un sacco di esperienze nuove: a zonzo sulla macchina di U Babbu, in passeggino per le vie di Merdopoli (dormendo perché è l’effetto Merdopoli), a fare shopping con ziOrso e fidanzata come personal shoppers (“ma ci siete andati in legione!” “Legio prima alienottica! Nonno aquilifer!”). E a spiaggia, ovviamente. Nonostante tutti i libri di puericultura dicono che è normale per i poppanti avere paura del mare, Alienottola è rimasta solo un po’ perplessa, per poi farsi tenere in ammollo in un mar Ligure purtroppo orribilmente caldo. I Maiores si sono dedicati al servizio fotografico, Orso alla scelta dell’outfit per la spiaggia, Koris si è immedesimata nel galleggiante nonché sostegno per doccia. Nemmeno a dirlo, nelle sue due serate balneari Aliena è diventata subito l’idolo del litorale, gratificando i presenti con non una, ma ben due caccapulte.

La vacanza ha inoltre giovato allo sviluppo cerebrale dell’under-6 mesi, visto che è tornata a Marseille con una skill: il rotolamento compulsivo. Per non parlare delle pernacchie, le risatine col naso arricciato per cui l’Amperodattilo ucciderebbe, il rituale “uno, due, tre, bum!” di cui U Babbu è l’unico sacerdote, la destrezza con cui afferrare giocattoli, capelli e dita altrui. Se fosse rimasta ancora una settimana, l’Aliena avrebbe imparato a camminare recitando Omero. In compenso si sono fatti progetti faraonici per l’anno prossimo.

Pur senza godere del pacchetto all inclusive, Koris ha beneficiato del periodo per rilassarsi un minimo, nonostante l’Aliena la svegliasse ogni giorno fra le sei e le sette perché il mattino ha l’oro in bocca. Ha fatto due escursioni in grotta, di cui una grotta ghiacciata senza ghiaccio, e fallite altre due perché la vita è ingrata, anche se non del tutto. Ha mangiato focacce e gelati, è tornata a spiaggia dopo due anni, ha nuotato. Aveva altri progetti per le giornate fuori grotta, ma va bene così.

Ora, rientrati dopo le vacanze e dopo la canicola in una piovosa Marseille, Koris rimpiange di non avere i Maiores e tutto il personale dell’hotel La Terasse a portata di zampa. Però le sue batterie si sono ricaricate un minimo. Anche perché questa sarà l’ultima settimana prima che ricominci il grande circo di Capo Giuseppi.

Hotel La Terasse secondo l’AI

Bilanci di mezza estate

Ed ecco Koris di ritorno per un fly-by marsigliese in un clima che tutto sommato è anche piacevole. A livello di temperature, si intende, perché i motorini sui marciapiedi e l’onnipresente puzza di piscio non le mancavano per nulla. Il viaggio è stato un altro esodo farcito di ingorghi assortiti nonostante un tentativo di partenza intelligente, ma le alternative si prospettavano peggio e s’è scelto il minore dei mali. Alienottola ha dormito per la maggior parte del tempo, limitandosi a piangere una volta imboccata la bretella marsigliese, causa pannolino pieno; il suo personale modo di dire che Marseille la fa cacare.

Fra maltempo, giorni alieni e gente non motivata, in quasi tre settimane Koris ha fatto solo sei uscite speleo, di cui due -200 e un -70 infame. Avrebbe voluto fare di più, ma non avrebbe potuto e non per colpa dell’Aliena. Però alla fine o così o niente, per cui tocca adattarsi. Il che pone delle domande per l’anno prossimo, ma l’anno prossimo è ancora molto lontano. Per dire, l’Alienottola potrebbe trasformarsi da un adorabile fagottino disposto a farsi trasportare sui sentieri di Issarbe a un demone minore di quindici mesi dedito solo a portare caos e distruzione. Lo scopriremo solo col tempo, del resto l’anno scorso di questi tempi l’Aliena era un agglomerato di cellule clandestine che non si erano ancora fatte notare, nessuno immaginava che tempo dodici mesi e andava in scena “biberon fra le mucche a Camp Long”. Almeno l’obiettivo di non rientrare con un quarto incomodo nascosto nelle budella pare essere stato raggiunto.

‘thieu parla poco e non s’è capito bene perché, ma data la scarsa loquacità non si capirà.

Koris è abbastanza stravolta e l’idea che settembre stia arrivando a grandi passi la getta nel panico. Ma le Koris-paturnie sono così numerose da meritare un post a parte e poi se Koris ci pensa troppo si mette a piangere come se fosse lei a dover compiere quattro mesi a breve. Tutto è piuttosto confuso e Koris si aggrappa al calendario che segna ancora “metà agosto” per rimandare lo scontro frontale con le paturnie. Nel mentre forse avrebbe bisogno di un reboot del campo speleo in una dimensione alternativa in cui Aliena non è una presenza tangibile e ‘thieu non ha perduto l’uso della favella. Però, almeno per quanto riguarda Aliena, Koris è conscia di una cosa: mentirebbe se dicesse che non le manca il campo speleo dell’anno scorso, in cui doveva pensare solo al suo grosso culo, ma l’anno scorso le mancava qualcuno.

Ad ogni modo, c’è ancora mezzo mese di agosto e un transito in Italia, quindi prendamoci ancora un po’ di tempo.

Continuiamo a cazzeggiare

Speleo part-time, fauna umana e Alienotta da viaggio

Koris sta passando le sue tradizionali vacanze sui Pirenei Atlantici e soprattutto sotto i Pireinei Atlantici, anche se un po’ meno sotto del solito per via di un’Alienottola che per il momento non è adatta alla vita sottoterra. La vacanza era iniziata con i peggiori auspici, per via di una partenza diversamente intelligente il sabato, con ingorgo demoniaco in autostrada, vagabondare senza meta per le vie di Arles, ingorghi e rallentamenti assortiti fra Montpellier e Narbonne, dieci ore di tragitto anziché sette. L’Aliena, sempre sia lodata, ha dormito per la maggior parte del tempo, ha fatto una caccapulta in terra catara facendo finta di non essere stata lei ed è arrivata a destinazione senza lamentarsi. Santa subito, almeno lei.

Quest’anno anziché la speleo intensiva e gelida, Koris deve accontentarsi di un giorno su due in grotta, che resta comunque gelida. Il giorno seguente è dedicato ad un’Aliena che si rotola sui tappeti, gioca col sonaglino a forma di ranocchia perché è pur sempre francese, si osserva le mani con curiosità e tira i capelli. Ogni tanto l’Aliena viene scarrozzata nel marsupio, dove alterna stati di veglia a saluti benedicenti come un papa portato a spasso. Ha iniziato a fare notti complete, mangia una quantità di latte variabile secondo l’umore e passa le serate in tenda in compagnia di una banda di speleologi, appoggiata fra sacchi e moschettoni. La vita non sembra farle troppo schifo, almeno finché non decide che la sua socialità si è esaurita e pretende di essere portata a nanna.

La grotta, l’ormai famoso BB26, va ancora avanti. Koris non era sicurissima di riuscire ad affrontare il gigantesco pozzo dei Tre Zii, 110 metri di profondità diviso in P40, P35 e P50, soprattutto dopo aver alloggiato un’Alienottola per otto mesi e mezzo nelle sue budella. Fra gravidanza e post-parto, l’ultima volta che Koris è scesa a -200 era… agosto 2022, data in cui pensava che per l’autunno seguente avrebbe fatto cose folli come l’Aven Autrans e la Muraille de Chine (e data in cui un’embrione di Aliena prese possesso dei luoghi e costrinse a cambiare i programmi). Mica era certa che sarebbe scesa e risalita integra. Ma invece pare che andare a -200 sia come andare in bicicletta, non si disimpara, al massimo si ansima come il lupo de “La spada nella roccia” e ci si demoralizza perché ci vuole mezz’ora di più per risalire dal fondo. Però si esce vivi, affamati, sotto una pioggia torrenziale e ci si accorge solo tornati a casa che si è surgelati e che per scongelarsi urge una doccia. Ora a -200 il BB26 sembra scendere ancora, l’acqua parrebbe indicare che si va verso il tanto sognato fiume sotterraneo, ci vorrebbero squadre che vanno ad esplorare il fondo, non fosse che…

… i problemi di effettivi persistono. Ora che Koris e ‘thieu non sono più un team ma fanno part-time, è ancora peggio. Il BB26 è troppo esigente anche se nessuno lo ammette, tuttavia ci sono sempre le scuse buone per rifiutare: ho judo, devo accompagnare la nonna a fare la traversata de La Pierre Saint Martin, ho il pisello che pende a destra stamattina. Fra un po’ si fa prima ad addestrare Alienottola come baby-speleo e fare esplorazioni in famiglia. Menzione speciale per il nuovo acquisto di quest’anno, il Furio Zoccano dell’Ile-de-France (e come te sbaji), che si crede di essere l’uomo tanto atteso per risolvere qualunque situazione (spoiler: no, magna tranquillo). Vanta una trentennale esperienza speleo, ha fatto tutto e visto tutto e comunque meglio di te, i figli Antoine-Luc e Antoine-Jules sono andati in grotta che avevano tre settimane quindi l’Alienottola è già in ritardo (esticazzi, monsieur?), il suo panino deve essere lungo esattamente 20 cm, il suo zaino ha una collocazione ideale nella tenda comune e se viene spostato il feng-shui del luogo è irrimediabilmente perturbato. Fautore del mansplaining sotterraneo (il giorno in cui scopriremo perché avere un cazzo dia il diritto di spiegare la vita sarà sempre troppo tardi), Koris lo lascerebbe volentieri incastrato nel meandro dei Due Piedi Sinistri, non fosse che il menadro è già stretto e dover passare su un corpo putrefatto sarebbe scomodo. Alla fine il Furio transalpino è sceso una volta sola al BB26, si è dimenticato di mettere in carica la lampada e adesso accampa scuse più o meno plausibili per non replicare l’esperienza. Meno male che doveva essere l’uomo con tutte le soluzioni stile coltellino svizzero.

Comunque c’è ancora una settimana, poi si fanno armi e bagagli e la rotta procede per Merdopoli, da un Amperodattilo in pieno delirio di “I love shopping per il baby”.

Avanti, Alienottola, che bisogna rimettere in piedi il family-team

E le grotte, nel mentre? Speleo e gravidanza

Post un po’ fuori dalla consuetudine del blog, quindi stavolta in prima persona. Ho iniziato a cercare informazioni sulla possibilità di conciliare speleologia e gravidanza, col risultato che… beh, senza grandi risultati. Del resto gli speleologi sono una comunità a se stante, le speleo-femmine sono poco comuni, le speleo-femmine incinte una rarità. A parte le esperienze scambiate di persona e qualche citazione in resoconti speleo, l’unica fonte che ho trovato era un forum inglese del 2008, ora purtroppo sparito dal web. Nemmeno a dirlo, la bibliografia è molto più vasta in tema di arrampicata: per fortuna certi aspetti sono traducibili, altri purtroppo no (tanto per dirne una, la corda in arrampicata è un attrezzo di sicurezza, mentre in speleo è usata per la progressione, il che cambia tutto). Quindi mi sono detta “perché non raccontare come l’ho vissuta io?”, hai visto mai qualche futura speleologa si faccia le stesse domande.

Disclaimer: non è necessario dirlo, questo post non ha nessuna velleità di essere uno studio medico controllato in alcun modo e tanto meno vuole dare direttive in tal senso. Si tratta di un’esperienza personale vissuta da me, nelle mie condizioni fisiche e per quanto riguarda questa gravidanza (si ricorda al gentile pubblico che non solo ogni donna è differente, ma anche ogni gravidanza è differente). Secondo dato di cui vale la pena tenere conto: non ho deciso “yeah, proviamo a fare speleo, questa esperienza nuova!” appena ho visto le due linee rosse sul test di gravidanza. Pratico da otto anni, ho all’attivo più di trecento escursioni e non sempre nei luoghi più confortevoli, ho una formazione del soccorso speleo francese. Insomma, non sono una professionista, ma non sono nemmeno una novellina che ha messo l’imbrago l’altro ieri. Soprattutto ho imparato la lezione fondamentale in grotta che è “saper rinunciare”, ancora più importante in circostanze particolari come quando si è incinta. Bonus: ho avuto il vantaggio di essere sempre accompagnata in grotta dal futuro-papà che è sempre stato molto attento alle mie necessità (talvolta anche troppo…) e pronto a fare dietrofront al minimo segno. Per chi pratica in un gruppo un po’ meno disponibile potrebbe essere più difficile, immagino.

Messe in chiaro queste due cosette, andiamo con ordine…

P41 Tonton Chat, Gouffre BB26, La Pierre Saint Martin

Primo trimestre: sono rimasta incinta durante il campo di esplorazione estivo e com’è ovvio per le prime due-tre settimane non mi sono accorta di niente, ho continuato a uscire senza dubitare di nulla e senza risparmiarmi fatiche come portare pesi su lunghe distanze, armare, aiutare gente meno esperta nelle manovre.

I problemi sono iniziati con la quarta settimana e il vero e proprio ritardo del ciclo, sotto forma di idiosincrasie alimentari che non mi lasciavano mangiare quasi nulla, accompagnate da perenne acidità di stomaco. Nonostante sia fra le fortunate che non hanno dovuto correre in bagno a vomitare l’anima, la sotto-alimentazione si è tradotta in una fatica debilitante che, combinata agli ormoni, hanno reso le uscite in grotta difficoltose e poco piacevoli. Il tutto è peggiorato da una sorta di distacco corpo-cervello, perché la testa sa che puoi scendere quel P100 come hai fatto altre volte, ma il corpo non ne vuole sapere di ingurgitare anche solo un boccone di più di quel panino al prosciutto, pertanto è più saggio lasciar perdere.

Sul piano psicologico avevo molta paura che il movimento della risalita coi bloccanti potesse portare a un aborto spontaneo per distacco dell’embrione, tuttavia la cosa non sembra fondata. Per le arrampicatrici si dice che il vero pericolo in tal senso sia rappresentato dalle cadute: nella risalita su corda non si cade per definizione, si resta appesi. L’unico consiglio valido che mi sento di dare è evitare di portarsi dietro sacchi di venti chili appesi all’imbrago.

Ho iniziato a stare meglio verso la fine del primo trimestre (forse anche rassicurata dallo svolgimento della gravidanza non-patologica) e anche la pratica speleo ne ha giovato. Tuttavia la fatica accumulata non è sparita per magia e mi sono ritrovata molto meno in forma di quanto non fossi in estate. Il lato positivo è che si comincia ad abituarsi un po’. Qualcosa che in poche si aspettano è l’aumento di volume del seno, che può farsi doloroso a seconda del pettorale, ricordo che dopo ogni risalita dovevo allargarlo al più presto perché era una tortura, nonostante abbia sempre avuto delle tette minuscole.

Aven Souffleur, Saint Christol d’Albion (settimana 4 / 6 SA)
Scialet du Gampaloup, Vercors (settimana 12 / 14 SA)

Secondo trimestre: ne ho discusso anche con altre speleo-femmine, il secondo trimestre è senza dubbio il momento migliore. I problemi col cibo hanno iniziato a risolversi (ho ricominciato a mangiare la pasta, evviva!), il passaggio allo stadio fetale mi dava l’impressione di una maggior protezione, la botta di ormoni in circolo ha iniziato a diventare la norma. Per quanto questo mi abbia permesso di essere più a mio agio sottoterra, mi sono ritrovata a dover affrontare un fastidiosissimo respiro corto durante le risalite e a dovermi fermare più spesso di quanto non volessi. Ho dovuto imparare a rallentare il ritmo per evitare di ritrovarmi senza fiato, sentendomi scarsissima perché fino a tre mesi prima risalivo pozzi fischiettando, in velocità e con un sacco appeso alle chiappe.

Questo è stato il periodo in cui il futuro-papà mi ha proibito di avventurarmi in qualunque strettoia a suo dire troppo severa, nonostante la mia pancia ancora pressoché inesistente. Ho smesso di affrontare meandri che non si passassero “di faccia” e ho avuto l’accortezza di cercare di strisciare sulla schiena nei passaggi più bassi; c’è da dire che anche prima della gravidanza non mi divertivo a sbattere l’addome su qualunque concrezione sporgesse dalla parete, quindi non è cambiato granché. Ho smesso di armare le cavità per diminuire il rischio di cadute o di movimenti che sollecitassero troppo gli addominali, ma ho continuato a disarmare quando mi sentivo a mio agio, peso dei sacchi permettendo.

L’imbrago ha iniziato a stringere a secondo trimestre inoltrato e sono stata molto felice di avere un modello confortevole con sottocoscia e cinghie larghe (Varonia II di MTDE, ma uso lo stesso da sempre, non l’ho cambiato per l’occasione). Una cosa che ha iniziato a darmi fastidio è stata portare la saccoccia alla cintura, che essendo attaccata sull’anca tirava sulla pancia; c’è da dire che ho la brutta abitudine di metterci un sacco di roba fra equipaggiamenti di emergenza e batterie di ricambio, quindi il minimo è stato togliere almeno il mezzo litro d’acqua abituale. Inoltre chi dice “allargare l’imbrago” dice anche “inizio dell’aumento di peso”, con muscoli che potrebbe non aver fatto in tempo ad adattarsi. A fine secondo trimestre mi sono spesso trovata a dover scegliere marce di avvicinamento brevi e pochi pozzi onde evitare di ritrovarmi a pezzi a fine giornata.

Nota più divertente: è il periodo in cui si iniziano ad avvertire i movimenti fetali. In grotta mi pareva di avere qualcuno che mi sgambettasse dentro all’imbrago e puntasse i piedi contro le cinghie…!

Grotte de la Duganelle, Causses (settimana 20 / 22 SA)
Aven de la Solitude, Var (settimana 23 / 25 SA)

Terzo trimestre: mi avevano avvertito che dal punto di vista speleo il terzo trimestre sarebbe stato difficile. Il problema numero uno è stato l’aumento di peso quasi repentino, senza che i muscoli si abituassero. Ricordo di essere rimasta sorpresa dalla velocità con cui la corda filava nel discensore, come se i 10 kg di più si fossero fatti sentire all’improvviso. Ormai le uscite speleo non hanno altro obiettivo se non mettere il naso sottoterra per pensare ad altro, fare più di un P20 sembra complicato. Ho dovuto abbandonare la mia tuta XS per metterne una del mio compagno, altrimenti non sarei riuscita a chiuderla.

Ho capito che era il momento di prendersi una pausa dalla speleologia alla trentunesima settimana, quando mi sono seduta nell’imbrago e ho sentito le ossa del bacino chiedere pietà sotto il peso della pancia ingombrante. Siccome non mi sentivo più a mio agio, ho detto basta, a malincuore. Forse se avessi avuto a disposizione delle grotte orizzontali facili non troppo lontano da casa avrei continuato ancora una settimana o due, ma i lunghi tragitti in macchina mi portavano un mal di schiena fastidiosissimo, quindi non è stato fattibile. Certo, il morale ne ha un po’ risentito.

Baume des mulots, Var (settimana 28 / 30 SA)

E poi? Ho partorito una bambina sana un po’ prima del termine, a 37 SA e quatre giorni. Sono stata fortunata e ho avuto un parto tutto sommato semplice. La speleologia mi ha aiutato a gestire mentalmente il travaglio: è un passaggio obbligato e sgradevole, ma tocca mettersi il cuore in pace, di lì bisogna passarci per tornare in superficie! Adesso, a quasi due settimane dal parto, fisicamente sto abbastanza bene, non so se sia merito dell’essere rimasta attiva o solo fortuna. La mia testa non desidera altro che poter rientrare nella tuta di prima, rimettere il casco e ributtarsi in un -200 con meandri, tuttavia credo toccherà andare per gradi e organizzarsi…

Lo ripeto ancora una volta: questo non è un post di raccomandazioni mediché né una sorta di pubblicità “la speleologia vi farà vivere la gravidanza in serenità”. E ancor meno una vanteria da WonderWoman sono-la-mejo: ho fatto quello che ho fatto perché me lo sentivo e perché mi faceva stare bene, ho detto stop quando sentivo il limite avvicinarsi, ho rinunciato forse a torto in alcune circostanze (ad esempio in un P30 di un solo tiro durante il secondo trimestre, forse potevo farlo). Per me è andata bene così, come per altre può andare bene appendere l’imbrago nell’armadio subito dopo il test di gravidanza o andare in grotta fino alla quarantesima settimana. Come dice l’arrampicatrice Caroline Ciavaldini nei due video “New life” e “Baby steps” (che mi hanno aiutato a comprendere e riflettere su alcuni aspetti), bisogna trovare un equilibrio fra essere felici ed essere egoisti.

P. S. Nelle foto sono sempre io, le ha fatte l’ormai ex-futuro-papà.

Spéléologie et grossesse

Pour une fois, je décide de traduire un post en français, au cas il puisse rendre service à d’autres femmes-spéléos…

J’avais commencé à chercher des infos sur le thème “spéléo et grossesse”, mais sans grands résultats. On sait que la communité spéléo est un peu fermée, les spéléo-femmes ne sont pas nombreuses, les spéléos-femmes enceintes sont encore plus rares. A l’exceptions des échanges avec peu d’autres personnes et quelques citations dans les comptes-rendus de sortie, la seule source que j’ai trouvé est un ancien forum anglais de 2008, hélas disparu de ces jours. Evidemment la biblio est bien plus vaste si on parle d’escalade: heuresement on peut piquer des bonnes idées, mais ce n’est quand même pas pareil (pour en citer un, la corde en escalade est un moyen de sécurité, en spéléo un moyen de progression). Donc je me suis dite “je pourrais raconter ma propre expérience”, elle pourrait peut-être aider quelques spéléo-femmes dans les mêmes conditions.

Avertissement: ce n’est peut-être pas nécessaire de le dire, mais ce récit n’a aucune volonté d’être une étude à caractère médicale et donc je ne veux pas donner de conseil en tel sens. Il s’agit de mon expérience personnelle, dans ma forme physique et pour cette grossesse en particulier (je préfère répéter que non seulement chaque femme est différente, mais chaque grossesse est différente). Deuxième point important: je n’ai pas décidé du jour au lendemain “allez, je vais tester la spéléo, je n’ai jamais fait!” dès que j’ai vu les deux lignes rouges sur le test de grossesse. Je fais de la spéléo depuis huit ans, j’ai fait plus de trois cents sorties et pas toujours dans le confort, je suis volontaire du Spéléo Secours Français. Je ne suis pas une professionnelle, mais je ne suis pas non plus une débutante qui a mis trois fois un baudrier. De plus j’ai appris la notion fondamentale de la spéléo, “savoir renoncer”, encore plus importante étant enceinte. Point bonus: j’ai l’avantage de faire de la spéléo avec le futur papa qui a toujours été très attentif à mes nécessités (parfois même trop…) et prêt à faire demi-tour au moindre signe d’inconfort. J’imagine qu’en pratiquant dans un groupe l’histoire pourrait être plus compliquée. Encore une chose: le français n’étant pas ma langue maternelle, il est possible qu’il y aura plein de fautes et de syntaxes bizarres.

Ceci dit, allons-y…

P41 Tonton Chat, Gouffre BB26, La Pierre Saint Martin

Premier trimestre: je suis tombée enceinte pendant le camp d’explo estivale et évidemment pendant les premières deux ou trois semaines je ne me suis aperçue de rien, j’ai continué mes sorties sans m’épargner des longues marches d’approche, des kits lourds, équiper des gouffres, encadrer les spéléos moins expérimentés.

Les problèmes ont commencé lors de la quatrième semaine et le retard du cycle, j’avais du mal à manger la plupart de choses que normalment j’aime, avec une acidité dans l’estomac très désagréable. Même si j’ai eu la chance de ne pas avoir à courir aux toilettes pour vomir toutes les heures, le manque de nourriture a engendré une fatigue qui, avec les hormones en furie, a rendu les sorties spéléo assez pénibles. De plus mon cerveau et mon corps n’étaient pas d’accord, je savais que j’aurais pu descendre ce P100 sans aucun problème, mais mon estomac n’arrivait pas à avaler une seule bouchée de sandwich au jambon, donc il était plus sage de laisser tomber.

Du point de vue psychologique j’avais peur que les mouvements de la remontée aux bloqueurs pouvait engendrer une fausse couche en décrochant l’embryon, mais il me semble que cette crainte ne soit pas réaliste. Pour les grimpeuses le vrai danger dans tel sens est la chute en tête: au contraire en remontant sur corde on ne tombe pas, on reste accroché. Le seul conseil que je peux donner est d’éviter de porter des kits de vingt kilos pendus aux fesses.

J’ai commencé à aller mieux vers la fin du premier trimestre (rassuré que ma grossesse n’était pas pathologique) et les sorties spéléo se sont mieux passées. Néanmoins la fatigue cumulée n’a pas disparu d’un coup, donc j’étais bien moins en forme par rapport à l’été. Le côté positif est que le corps commence à s’habituer un peu. Quelque chose que je ne m’attendais pas est le sein qui prend du volume, qui peut faire mal sous le torse, je me souviens que après chaque remontée il fallait le défaire rapidement car il devenait une torture, meme si mes seins ont toujours été minuscules.

Aven Souffleur, Saint Christol d’Albion (semaine 4 / 6 SA)
Scialet du Gampaloup, Vercors (semaine 12 / 14 SA)

Deuxième trimestre: j’en ai parlé avec d’autres spéléos, le deuxième trimestre est sans doute le moment meilleur. Les problèmes avec la nourriture se sont estompés, le passe de “embryon” à “foetus” me donnait l’idée de quelque chose plus solide, les hormones ont commencé à devenir ordinaires. Même si tous ces facteurs m’ont permis d’être plus à l’aise sous terre, je me suis retrouvée souvent essoufflée pendant les remontées et j’ai dû m’arrêter en route plusieurs fois. J’ai dû ralentir le rythme pour éviter d’être au bout du souffle, tout en me sentant nullissime car peu de temps auparavant je remontais dans les puits à fond la caisse avec un gros kit.

Pendant cette période le futur-papa m’a interdit de m’engager dans des étroitures qu’il jugeait trop sévères, même si mon ventre était encore invisible. J’ai arrêté de fréquenter les méandres où je ne passais pas “de face” et j’ai essayé de ramper sur les dos dans les boyaux; il faut dire que même avant la grossesse je ne m’amusais pas à taper mon abdomen sur les concretions, donc il n’y a pas eu de changements dramatiques. J’ai également arreté d’équiper les cavités pour limiter le risque de chutes ou de faux mouvements, mais j’ai continué à déséquiper quand je le sentais, tout en essayant de ne pas trop charger mon kit.

J’ai commencé à desserer mon baudrier après la moitié du deuxième trimestre et j’ai été très contente d’avoir choisi un modèle confortable avec des sangles bien larges (Varonia II chez MTDE, mais je l’ai depuis toujours). Le port du minikit de ceinture est devenu pénible car elle tirait sur le ventre; il faut dire que mon minikit a toujours été assez rempli avec accus de réchange et nécéssaire de survie, il a fallu donc retirer au moins le demi litre d’eau que je portais d’habitude. De plus, j’ai commencé à prendre du poids moi-même et mes muscles n’ont pas eu le temps de s’adapter. Vers la fin du deuxième trimestre j’ai dû choisir entre faire des longues marches d’approche ou des gouffres plus profonds pour éviter de me retrouver HS en fin de journée.

Petit côté drôle: c’est la péroide où j’ai commencé à sentir les mouvements du foetus. Sous terre j’avais l’impression de sentir gigoter dans le baudrier et qu’il y avait des pieds contre les sangles !

Grotte de la Duganelle, Causses (semaine 20 / 22 SA)
Aven de la Solitude, Var (semaine 23 / 25 SA)

Troisième trimestre: j’avais été prévenue que le moment aurait été difficile. Le pire a été la prise de poids du jour au lendemain, sur des muscles pas habitués. Je me souviens d’avoir été surprise de voir la corde filer dans le descendeur très vite, comme si les 10 kg de plus étaient apparus d’un coup. Désormais mes sorties spéléos n’avaient autre but que de m’aérer le cerveau, faire plus qu’un P20 était un défi. J’ai troqué ma combinaison XS avec une plus grande de mon compagnon, autrement je n’aurais pas réussi à la fermer.

J’ai compris que le moment était venu pour une spéléo-pause à la semaine 31, quand je me suis assise dans le baudrier et j’ai senti les os du bassin presque plier sous le poids du bide encombrant. Puisque je ne me sentais plus à l’aise, j’ai dit stop à contrecoeur. Peut-être si j’avais eu des grottes horizontales faciles pas trop loin de chez moi j’aurais continué encore une semaine ou deux, mais les longs trajets en voiture me donnaient mal au dos, donc pas question de faire de la route. C’est sur, le moral a été affecté.

Baume des mulots, Var (semaine 28 / 30 SA)

Et après? J’ai accouché d’une petite fille un peu avant le terme, à 37 SA et quatre jours. J’ai eu de la chance car mon accouchement a été très simple. La spéléo m’a aidé à gérer le côté psychologique du travail: c’est un passage obligé, ce n’est pas agréable, mais pour en sortir il faut passer par là! Maintenant, deux semaines après, mon corps va assez bien, je ne sais pas si c’est parce que j’ai gardé une activité sportive ou si c’est la chance. Mon cerveau ne veut que rentrer à nouveau dans mon ancienne combinaison, remettre le casque et faire un -200 avec un bon méandre, mais il faudra patienter…

Je le répète encore une fois : ce post ne contient pas de recommandations médicales et il n’est pas non plus une pub du genre “la spéléo permet d’avoir une super-grossesse!”. Et je ne veux pas faire passer un message “je-suis-la-meilleure” : j’ai fait ce que j’ai fait car je le sentais bien et car la spéléo me faisait mieux vivre mon état, j’ai arrêté quand la limite a approché, j’ai renoncé plusieurs fois peut-être à tort (comme dans un P30 d’un jet pendant le deuxième trimestre, j’aurais peut-être pu le faire). J’ai fait ce qui était bon pour moi, une autre femme peut décider de ranger le baudrier dès le test de grossesse postifi ou aller à -300 jusqu’à la 40ème semaine. Comme dit la grimpeuse professionnelle Caroline Ciavaldini dans les vidéos “New life” et “Baby steps” (qui m’ont fait réfléchir à pas mal de choses) il faut trouver un équilibre entre être heureux et être égoiste.

Et oui, dans les photos c’est moi, le photographe étant le désormais ex-futur-papa.