E no, non la vecchia versione di winsozz.
Se ne parlava da un po’ e stava diventando una di quelle cose irrealizzabili, come comprare una barca a vela per un giro del mondo o fare il cambio degli armadi. In questo caso si trattava di un bivacco in altitudine. Duemila metri, niente campeggio, niente tenda. Siccome era in ballo da un paio d’anni con un nulla di fatto, pareva destinato a restare sulla carta.
Invece no. Deciso il venerdì sera, realizzato il sabato. Con un’organizzazione tanto fulminea quanto improvvisata, al punto che Koris era convinta che sarebbe arrivata a quota 2000 metri in ciabatte. La scelta della meta è stata altrettanto arbitraria, decisa in autostrada il sabato mattina: andiamo in un posto in cui siamo già stati, così niente sorprese stile passaggi alpinistici, creste vertiginose e palle varie.
‘thieu aveva un solo chiodo fisso: fotografare la via lattea. Koris invece era più appassionata dal non assiderare durante una notte insonne. E se possibile senza morire di sete.Che insomma, le precedenti esperienze di bivacco col SonnoDellaRagione non è che fossero ‘sto spasso. Il disagio veglia sempre su noi.
Alla partenza del sento per i laghi di Petarel ci sono Koris e l’obbligatorio zaino da montagna anni ’90, l’unico zaino grosso che Koris riesca a portare senza eccessivo danno. Un po’ perché è l’unico più largo che lungo, un po’ perché è verde e viola e l’estetica è importante. Non è ben chiaro chi porta chi. Nel mentre si scopre che la maglietta “più sudi e meno puzzi” è una menzogna: puzzi eccome, ma la maglietta si asciuga andando. Nuovo nome: maglietta “tu sudi e io m’asciugo”.
Crisi mistiche di Koris che non vuole arrivare al lago senz’acqua ma che sta perdendo liquidi corporei a litri perché è il fottuto pomeriggio. Sopravvive sbocconcellando mirtilli, come se fosse il 1995 a Livigno con l’Amperodattilo. Ciò non le impedisce di arrivare al lago avendo fame.
Al lago c’è la folla: altre dieci persone che hanno avuto la stessa idea di mollare la civiltà e il vairus per passare la notte in altitudine. Solo che tutti altri hanno le tende, pusillanimi. Sono le sei: si tira fuori l’ambaradan di sacchi a pelo e mummie, ci si fa un the con l’acqua del lago, cercando di non farci finire dentro né pesci né rane.
Ore sette, un’ora prima del tramonto, un’ottima ora per cenare a base di pane e patè avanzato, più il cibo delle condizioni estreme, la soupe poule et vermicelles cotta sul jetboil. Koris non è ancora riuscita a capire se la suddetta soupe sia davvero buona o se risulti buona perché mangiata sempre quando si ha troppa fame. O forse è il jetboil, sempre lavato in maniera approssimativa, che le dà gusto. Forse non lo sapremo mai.
Archiviata la cena, non resta che aspettare che faccia buio. Sulle cime circostanti calano le ombre, il lupo ulula (e il bivacco ululì, ahahaha, le grasse risate). Qualche pipistrello svolazza sul lago, sapendo che ci sono degli aficionados per assistere allo spettacolo. Koris guarda le stelle apparire in cielo e si suggestiona da sola perché è scema ha giocato troppo a Shadow of the Comet ultimamente. Appare anche un pianeta che potrebbe essere Venere ma anche Giove ma forse anche Nibiru, nel cielo a sud. Forse. L’astronomia stasera è un’opinione. (Nota: si scoprì dopo che era Giove, a Venere piace fare le ore piccole)
Alla fine fa abbastanza buio perché compaia anche la striscia della via lattea. ‘thieu si mette ad armeggiare col suo treppiede e la macchina fotografica da millemila euri; Koris fa cose nell’oscurità con un sasso e la Pentax sfigata. Ogni tanto ‘thieu le presta il treppiede per mezzo secondo, ma Koris preferisce sempre il metodo “a membro di segugio”. Le foto saranno indecenti, si troverà bene una scusa. Le meteoriti fotobomber (Perseidi?) però sono belle.

Seguitemi per altre astro-foto di cacca! (No, non seguite me, seguite Emanuele che sa farle bene e spiega anche cose sensate)
Sono le undici quando una bruna scende sui picchi e sembra espandersi al cielo. Per le foto anche basta così, si va a dormire. Koris si infila nel sacco a pelo con la versatile sottotuta speleo a guisa di pigiama (ma se fosse socialmente accetto Koris la userebbe sempre), sperando di non svegliarsi Findus. Ogni tanto si sente un rumore di zoccoli in lontananza, potrebbe essere uno stambecco o il capro dai mille cuccioli.
Koris si sveglia una prima volta alle sei e mezza, reduce da un sonno in cui c’entravano il vairus e club della caccia inglese in cui stavano tutti nudi, non vogliamo sapere. In compenso scopre di non essersi affatto surgelata durante la notte, robe da pazzi, lunghissima vita al sacco a pelo di piumino. Solo che fuori dal sacco a pelo il mondo è ancora sospeso fra luce e ombra, facciamoci un’altra ora di dormita. Alle sette e qualche tocca alzarsi e alzare anche ‘thieu.
Si cazzeggia aspettando il sole, nella vana speranza di far asciugare i sacchi-mummia umidi di rugiada. Koris è molto felice di essere viva e di non aver perso nessuna falange, ‘thieu si bulla dicendo che la temperatura sarà scesa a 5-6 gradi, non di più. Come se poi non avessero appena passato due settimane in un meandro a 4.5 gradi…
Mentre si appropinquano alla discesa, vengono avvicinati da uno dei tendaioli compagni di bivacco.
“Ma come avete fatto a dormire senza tenda e senza niente? Noi ci siamo surgelati! Avete del materiale speciale che non si bagna?”
“Quello e un sacco di abitudine al disagio”
Koris passa i mille metri di dislivello successi a ripetere che si sente pronta per l’Ulvetanna (“E dove sta l’Ulvetanna?!” “Mi conosci, prova a indovinare”) o quando meno per la Patagonia (“Per adesso è la Patagonia a non essere pronta”). Poi si ricorda di essere uno stomaco montato su zampe al minimo sforzo fisico e entra in un loop a base di “ho fame”. Il pranzo consumato all’albergo del paese sarà taciuto per non offendere la pubblica decenza.
Forse aveva ragione il compagno speleologo D. quando consigliò “non datevi al bivacco in alta montagna, finisce che non riuscite più a farne a meno”.