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Mangrovie, scimmie e risotti

Marseille, in teoria emisfero boreale, in teoria 43° di latitudine nord. Ma vista l’umidità debordante e la temperatura che si ostina a sfiorare i 30°C, siamo stati teletrasportati non lontano dall’equatore. Koris aspetta solo la comparsa delle mangrovie per strada, ché i pappagalli e gli scimpanzé ci sono già.

Parlando di primati poco evoluti, Capo Giuseppi ha ri-convocato Koris per finire la conversazione che aveva sapientemente tagliato causa impegno di cui si era dimenticato, una variante della tecnica della tanatosi per evitare le situazioni spiacevoli. Questa volta però si era preparato un discorsetto in pieno stile “divide et impera”, perché non c’è niente di meglio che scaricare la colpa su chiunque non sia al vertice. Il succo del discorsetto: sì, il collega avrebbe dovuto avvertire Koris della divisione del lavoro, ma siccome Koris ha un piglio molto dinamico (sic) e talvolta sembra stressata (sic), il collega si sentiva troppo in soggezione a comunicare. Quindi Capo Giuseppi non sta dicendo che Koris dovrebbe cambiare perché questo è il suo modo di essere, però sì, dovrebbe cambiare. Koris si è ripromessa di cambiare, ma non carattere, bensì laboratorio. Meno 727 giorni alla domanda di trasferimento, a meno di congiunzioni astrali favorevoli che stavolta col cazzo che si rinuncia.

Nel mentre? Nel mentre l’idea è di godersi lo stipendio, lo smodato numero di ferie all’anno, lo smartworking e altre cose approvate da Duccio Patané che ormai è il work-coach ufficiale. Del resto un sacco di colleghi non sembrano farsi alcuna paranoia sulla riuscita o meno di certi progetti, quindi perché dovrebbe essere un Koris-problema? Che tanto ad accollarsi i problemi altrui non si va da nessuna parte se non sul balcone per buttarsi di sotto. Anche no, abbiamo già visto il film.

Koris ha sviluppato un odio per il progetto gestito in modalità AGILE. Dove AGILE dovrebbe essere un progetto in cui non c’è un obiettivo e si va sentimento. Che non va bene nemmeno per l’interrail post-laurea, figuriamoci per una mini-pentola a pressione nucleare. Come spiegare l’organizzazione del progetto senza svelare dettagli e rendendolo comprensibile? Proviamoci con un risotto.

Arrivate in cucina e vi dicono che c’è da fare un risotto. “Ok, un risotto come?” direte voi. Vi rispondono un risotto allo zafferano per quattro persone. Vi mettete a cucinare il risotto allo zafferano. Avete appena aggiunto le prime mestolate di brodo quando vi dicono che sarebbe meglio avere il risotto allo zafferano per dodici persone, hai visto mai arrivino degli invitati in più. “Ma poi arrivano questi invitati in più? Non è che mi tocca buttare via tutto?” chiederete. “Vai tra” vi rispondono. Il riso cuoce, la dose è per dodici persone, state per aggiungere lo zafferano quando arrivano e vi dicono “per il risotto è meglio orientarsi sul piselli e pancetta, preferiscono”. E di ‘sto zafferano che ne fare? Lo mettete da parte che hai visto mai. “Quante dosi di sto risotto piselli e pancetta?” chiedete, già un po’ scazzati. “Iniziamo per quattro, ma potrebbero diventare dodici” vi dicono. Iniziano a girarvi i coglioni. Siccome avete buttato tutto una volta, iniziate a fare il risotto per quattro persone, anche perché pare che in frigo non ci sia abbastanza pancetta per dodici e bisognerebbe mandare qualcuno a comprarla. Il risultato sembra buono quando arrivano di nuovo in cucina e dicono “alla fine bisognerebbe fare piuttosto un risotto uva e pancetta. Sempre per quattro o per dodici, non è chiaro. Ah, e potrebbero esserci dei vegani, quindi bisogna accomodarlo a modo, questo risotto”. Mentre buttate al cesso tutto e ricominciate, torna in auge l’idea del risotto piselli e pancetta per dodici e tutti glorificano il mistico portatore di pancetta che ha fatto tutto lui. Avete voglia di mandare tutti affanculo e aprire un chiosco di piade in Martinica (feat. Celia). “Allora, questo risotto uva e salsiccia, si può avere vegano o no? Anche crudista non sarebbe male” aggiungono. Iniziate a informarvi sulle concessioni territoriali in Martinica.

Non avete capito una fava? Nemmeno Koris, ragion per cui cerca di prendere le cose sportivamente che tanto, che il risotto si faccia o meno, questi vogliono solo instagrammare i piatti, che nella vita vera sarebbe depositare brevetti. Se poi il risotto non è commestibile, amen. Koris farà presente a Capo Giuseppi che questa gestione non è compatibile col suo modo di lavorare. Capo Giuseppi visualizzerà il messaggio e se ne sbatterà la ciolla.

Insomma, tocca prendere corsi intensivi di FotteSega. Se almeno Giove fosse clemente col clima sarebbe già un passo avanti.

Mettere il primate poco evoluto a fare il risotto potrebbe essere la soluzione

Babolli e vigile attesa

Dicesi babollo il verme delle castagne. Forse in dialetto, forse in linguaggio Amperodattilo. Per significato traslato, i babolli sono tutti i vermi infestanti in generale, soprattutto larve grassocce di colore pallido.
Koris è entrata in cucina sabato mattina, appena tornata dalla combo vacanziera Pierre Saint Martin e Alvernia, quando ha notato un paio di babolli accanto ai cartoni del latte. Curioso, di solito il latte non rientra nelle abitudini alimentari degli invertebrati. Altrettanto curioso, cosa ci fanno due babolli sul muro della cucina? Koris ha avuto un leggerissimo sospetto fantozziano. Quindi ha alzato gli occhi verso il soffitto.

Stalattiti di babolli. Infinite catene di babolli che si stagliavano fra i faretti. Galassie di babolli in espansione utili per stimare la costante di Hubble. Koris ha fatto l’unica cosa che una donzella potesse fare, urlare per chiamare ‘thieu, più a testimonio dello schifo che per essere salvata. Anche per essere salvata, che i soffitti sono alti e Koris non ci arriva nemmeno in piedi su una sedia.

Il babollo invasore è stato identificato come lavara delle tarme alimentari. Dopo aver aspirato qualunque cosa brulicasse in tutta la cucina, bisognava individuare il cavallo di Troia degli invertebrati. Timeo babollos et dona ferentes. La credenza è stata messa a ferro e fuoco identicando un pacco di cereali mal chiuso per incuria. Diciamo che era diventato un muesli pieno di proteine. In piena estasi distruttiva, ‘thieu lo ha ficcato per un minuto nel microonde. No, dopo non l’ha mangiato, anche perché non sembrava molto appetitoso come genocidio. Un pacco di riso per risotti ha subito la stessa fine, ma immerso nell’acqua per evitare che diventasse un rivoltante pop-corn al babollo.

Presa un po’ dal panico, un po’ dai sensi di colpa, Koris ha disinfettato tutta la cucina e qualunque buio anfratto potesse celare invasori sopravvissuti. Quindi, accortasi che i babolli erano ancora vivi e lottavano assieme a noi dall’aspirapolvere senza sacco, ha preso il contenitore per la polvere e lo ha annegato nella candeggina, solo perché il flacone del napalm era vuoto. Si è chiesta se i babolli sapessero nuotare e quanto tempo di apnea nel cloro potessero sopportare, ma alla fine bisogna darsi per vinti.

Il week-end è passato così, con turni di guardia sulla porta della cucina per disfarsi dei babolli superstiti e sprovveduti usciti allo scoperto. Sono state comprate anche delle trappole da usare come efficace controaerea per le tarme già svolazzanti. La sorveglianza ad oggi continua.

L’altro babollo per significato traslato è invece Capo Giuseppi, che durante le vacanze ha ribadito il suo status di organismo parassita e per lo più nocivo. Ma questo è un altro post, ora Koris va a controllare che non ci siano babolli striscianti in libera uscita.

I babolli, in sintesi

Pasqua di recupero

Dopo due anni di pandemia portami via e soprattutto di lockdown assortiti e trifolati in marzAprile, ecco che torna la Pasqua italica. I due anni senza allenamento hanno lasciato il segno, tant’è che nessuno era pronto.

Non era pronta Koris che voleva per lo più svitarsi il cervello e metterlo in un barattolo di formaldeide, cosa che non è stata molto possibile. Però ha mangiato, questo va riconosciuto. Tanto presso l’Amperodattilo, che lamenta di aver fatto poco da mangiare, tanto nel basso Piemonte al pranzo di pasqua, dov’era andata solo ed esclusivamente per le crespelle al Raschera. Crespelle al Raschera. Addio, ormai possiamo pensare solo alle crespelle al Raschera. Ma anche al formaggio sott’olio, dai.

Non era pronto ‘thieu che voleva andare in grotta, quando da una parte c’era la neve, dall’altra la descrizione dell’accesso era quanto meno perfettibile, quindi è finita che si sono persi fra i boschi di Bardineto. In compenso grazie al GPS della macchina in modalità “passa per tutti i paesini più demmerda che esistano”, ha scoperto paesaggi mozzafiato sospesi fra Liguria e Piemonte, con intrichi di strade tridimensionali a cui ancora non è abituato. Ha scoperto anche gli involtini di asparagi, che non sono male.

Non era pronto U Babbu che ha il terrazzo in subbuglio causa rifaciamento della pavimentazione, cosa che gli crea gran disagio. Si duole perché Sky non prende in considerazione gli abbonamenti annullati. Ogni tanto accende la tv e fugge in contumacia.

Non era pronto l’Amperodattilo, a causa della perturbazione dei muratori che stanno rifacendo il terrazzo di cui sopra, quindi spandono polvere per casa e impediscono di cucinare come si deve. Si fa recapitare a casa quantità industriali di pasta fresca da Tortellini, inetto adepto del greco di U Babbu. Vuole svuotare casa e fare un vuoto zen, cosa che porta al conflitto con U Babbu accumulatore seriale. Al ristorante schiva qualunque portata possa vagamente contenere della carne, al di fuori del vitello tonnato, quindi termina sostenendo che il suo bunet è migliore. Se la prende perché nei finti Lego trovati nell’uovo di Pasqua non ci sono istruzioni di montaggio.

Non era pronto Orso, che infatti ha pensato bene di fare un passaggio degno di una meteora concedendo la sua presenza a una cena e a un pranzo, per poi fuggire verso più interessanti merendini. Guida sulla A6 facendo il rally fra i lavori, approfittando dei geni di U Babbu per quanto riguarda il rispetto dei limiti di velocità. Trasecola quando scopre che la sorella è disposta ad assaggiare il capretto.

Visto che per cause di forza maggiore si è dovuto rientrare il lunedì, alla fine si sono fatte meno cose di quanto si pensasse. Il prossimo transito italico sarà solo dopo aver smaltito i trigliceridi.

Uova assemblate senza istruzioni

Cannelloni ricatto e spinaci

Koris per la prima volta ha votato alle elezioni francesi da Francese vera, non più da straniera per grazia ricevuta per le municipali e le europee. Fa un certo effetto perché si è incasinata e si aspettava le dessero la scheda da crocettare, quando invece in Francia prendi i bollettini coi nomi dei candidati, ne cambina ne imbusti uno e getti gli altri, quindi consegni la busta. Koris se ne stava andando senza riprendersi la carta d’identità, ma era un po’ sotto shock dopo aver visto per strada un ragazzino che guidava un monopattino seduto su una vecchia poltrona di cuoio, essa stessa sul monopattino. Ogni tanto la creatività marsigliese resta incompresa.

Ieri era il compleanno di ‘thieu che ha compiuto troppi anni, cosa che non lo ha tutelato dal ricevere altri calzini con i ricci. Koris voleva preparargli una torta favolosa con meringa di noci e galletta friabile alle mandorle, una roba che doveva ricordarsi nei secoli dei secoli. Poi Koris sabato mattina si è svegliata con la sindrome dell’impostore e i pensieri oscuri, quindi ha ripiegato su un moelleux aux noix, meno impressionante ma con più probabilità di successo. ‘thieu ha molto apprezzato. Come anche ha apprezzato i cannelloni per cena, solo che Koris ormai si incasina con l’ortografia e quando ha cercato la ricetta ha chiesto a Google di trovarle… beh, il titolo del post.

Fare le uscite speleo con un adolescente scontroso che non ti ascolta è un’ottima esperienza contraccettiva. Forse non quanto portare in grotta le figlie lamentose di un padre che non se ne occupa, ma comunque non male. Per altro, oltre a non ascoltare, gli adolescenti puzzano. Koris sta cercando di ricordarsi se a quell’età puzzava anche lei, ma non ci sono registrazioni in merito. Si ricorda in compenso che Orso passò un periodo da obiettore di coscienza della doccia, quindi da un giorno all’altro si ritrovò all’estremo opposto, preda dell’annoso dilemma “se mi faccio il balsamo due volte in un giorno mi rovino i capelli?”.

Venerdì si è deciso che si parte per le italiche sponde. Koris ci pensava molto intensamente stamattina, mentre preparava panini con uno pseudo-prosciutto crudo e borbottava “appena arrivo a Merdopoli mi ammazzo di pancetta coppata, non me ne frega niente”. Ci potrebbe essere anche una puntata piemontese con crespelle al Raschera, anche se Koris teme che pranzare fuori casa sia un rischio pestilenziale non da poco. Vogliamo davvero correre tutti un rischio per le crespelle al Raschera? E per il vitello tonnato. E per i sedici metri di salsiccia con patate. E per il bunet…

Cannelloni mistici

Urlare nei gomitoli

E non solo perché oggi è l’otto di gennaio. Urlare nei gomitoli potrebbe essere una valida valvola di sfogo a sedersi per terra e piangere come un treenne a cui è stato rubato il ciuccio. Le ragioni ci sono tutte e anche se non ci fossero arriverebbero presto.

‘thieu ha avuto la folle idea di voler abbassare la cappa in cucina. Chiariamoci, l’idea in sé non sarebbe folle, non fosse che s’è capito che la cucina va guardata da lontano senza andare troppo nei dettagli, altrimenti si scoprono miserie. Ad esempio, la cappa era stata intonacata assieme al muro, non era stato tolto il cellophane dentro, non era stata fissata con le apposite viti ma con della colla merdosa e, dulcis in fundo, il muro dietro alla cappa non è stato né dipinto né intonacato. Siamo al livello superiore del “nascondere la polvere sotto al tappeto”. Koris è abbattutissima perché deve rifare l’intonaco prima che sia rimessa la cappa e non è che il lavoro sia stato fatto da Peppino l’usuraio in pensione, che a tempo perso fa il muratore in nero. Sta minchia di cucina è stata fatta da un’azienda seguita da un architetto e ci si ritrova comunque a dover rifare cose. Abbattimento generico.

La ripresa lavorativa è una pestilenza, nel senso letterale del termine. Le norme anti-coviddi sono complicate, imperscrutabili, interpretabili, più generiche del sistema della pila di una partita di Magic: The Gathering con mazzi blu primi anni 2000: se gioco l’istantaneo “droplets” sulla stregoneria “mascherina di stoffa” ha effetto prima o dopo dell’incantesimo “vaccino booster”, sapendo la creatura “coviddi” ha attacco improvviso e attacca senza TAPPare? (Scusate, nerdaggini di un’altra era) Insomma, il succo del discorso è “fate un po’ come cazzo vi pare, basta che non dichiarate che vi contaminate al lavoro e che venite almeno due giorni a settimana”. Capo Giuseppi fa lo gnorri e Koris ormai ha alzato un altare votivo all’ex-capo di Neutronland, che le manca tantissimo. Siamo alla fine della civiltà occidentale, iniziata coi Greci e finita con le lettere greche.

Lo studio che si trascina da settembre sclera. O meglio, il nettunio sclera. O piuttosto, ha una differenza del 5% con quello che dovrebbe essere, che secondo Koris viste le circostanze è grasso che cola, ma pare di no. Anche se la quantità studiata, che doveva essere lineare, forse lineare non è, chi può dirlo. Koris non sa più cosa inventarsi e ne avrebbe anche un po’ le palle piene di sacrificare ore supplementari, week-end e anche vacanze. Tuttavia teme che questa mancanza possa pesare sul periodo di prova, che finirà sempre troppo tardi per la Koris-sanità mentale.

Insomma, Koris vorrebbe sparire due settimane sotto i Pirenei Atlantici fra gli speleologi puzzoni che mangiano salsiccia, patate e formaggio facendo battute di dubbio gusto, ma bisognerà aspettare agosto per tanta grazia. Per ora ci si può drogare di videogiochi e sperare che il Maitre de Jeu mantenga la sordida promessa iniziata con “ho un background di una grossa campagna già pronto”. E cercare gomitoli in cui urlare il proprio disappunto.

Mistici gomitoli della follia, un racconto inedito di Lovecraft

Grossi errori e mini-orrori

Koris ha appena passato uno splendido sabato fra lavori domestici e lavoro tout court, perché lo smartwuorchi è bello ma solo nel week-end, soprattutto quando non è retribuito. Come mai tutto ciò? Andiamo con ordine.

Venerdì la giornata si annunciava normale, tranne la neve. Che poi siccome avevano mandato avvertimenti degni di Neutroni Porcelloni a base di “guidate con prudenza”, Koris si era illusa che qualcuno avesse preso le giuste misure. Sticazzi, come al solito. Nell’entroterra l’autostrada né salata né pulita, in certi punti si vedeva il ghiaccio, c’erano un sacco di macchine finite nel fosso perché in Provenza ti ritirano la patente se non infrangi i limiti di velocità e del buon senso in qualunque condizione climatica. Koris è arrivata al centro di ricerca all’alba delle dieci, solo per scoprire che i bus percorrevano solo gli assi principali, tutto il resto era da sgambettarselo a piedi su per le colline. Clima da ritirata di Russia, ma almeno si è scoperto che gli stivaletti Doc Martens tengono bene la neve, forse sono anche ramponabili.

Tuttavia la giornata demmerda era appena cominciata, il dramma stava per consumarsi. Koris si era illusa che il suo studio sulla trasmutazione degli attinidi anni ’80 fosse finito, pronto per essere consegnato e tanti saluti. Invece si è scoperto, in rapida successione, che la dose al centro del reattore era nulla (poco probabile) e che un prodotto della catena di decadimento del nettunio aveva lasciato le simulazioni per lidi migliori. A Koris è preso il panico, quello brutto, quello paralizzante, a tema pensiero unico: “adesso non posso consegnare lo studio e il capo mi caccia com’è giusto che sia”. Koris ha scomodato ‘thieu, ha scomodato l’angelo custode della sua sanità mentale, quindi ha scomodato il Collega Barbuto via Skype perché non quadrava più niente e a quel punto tanto valeva fare seppuku con le forbici. Collega Barbuto ha minimizzato tutto come solo chi è nello stesso posto dal 1998 sa fare, forse a un certo punto si raggiunge il Nirvana, chissà se Koris lo saprà mai (spoiler: no). “Tutti possono sbagliare, l’importante è capire dov’è l’errore” ha detto Collega Barbuto. Trovare l’errore è stata l’ossessione di Koris per le successive dodici ore.

Dopo aver stampato script python e setacciato server, Koris ha scoperto due cazzate di grosso calibro, di solo una sua: i prodotti della catena di decadimento avevano deciso di non esistere da un certo punto in poi, cosa che sballava tutti i conti; ciò è accaduto quando il server non funzionava e il Koris-pc era stato sequestrato, forse c’è un legame. La seconda cazzata è stata fatta da Collega Bietola (erbivora e fiera di esserlo, precedentemente nota in questi luoghi col nome di collega stinfia), per cui la guaina degli elementi fissili era un fastidio trascurabile, quindi niente guaina e niente radioattività sulla guaina. Regolare, errori compresi, non sei tu sono io. Il problema è che la scadenza ormai incombe e ci sono otto conti da trenta ore ciascuno da ripetere due volte. Non c’è modo che ‘sta cosa sia finita per Natale. Koris non lo ha ancora comunicato a Capo Giuseppi e questa cosa le mette addosso un’ansia tremenda, tant’è che venerdì sera stava cercando su Google “come spiegare durante un colloquio di essere stati cacciati in periodo di prova”. C’è serenità.

Da questo si evince che Koris è abbastanza esausta e o finisce il periodo di prova, o finisce Koris. Se il periodo di prova finisce con un licenziamento potrebbe finire anche Koris, non si sa. Fatto sta che si aspetta lunedì con una certa apprensione, sperando che Collega Barbuto sia convincente e che lo studio tanto carino sulla pentola a pressione radioattiva possa in qualche modo controbilanciare lo svarione di gruppo.

In compenso la cucina è finita, ragion per cui Koris ha passato l’attesa dei calcoli a pulire pavimenti, superfici, universi. Tuttavia gli operai hanno preso Koris e ‘thieu per sfinimento, terminando i lavori col metodo Renè Ferretti, ovvero a cazzo di cane. Non che la cucina sia peggio di prima, cosa che potrebbe essere difficilmente possibile. Si notano però un sacco di dettagli buttati lì che sono più degni di “ammiocccugino che ci sa fare con la decorazione perché gioca sempre a The Sims” che di un’impresa professionale. Pensili non proprio dritti, giunzioni di silicone fatte a caso, zoccoli tagliati storti, intonaco lisciato alla viva il parroco, macchie sugli elettrodomestici. L’Amperodattilo, responsabile qualità della famiglia allargata anche a distanza, ha notato di tutto e di più via foto sgranate, quindi ha scosso la testa per quanto il dolore al collo lo permettesse e ha sentenziato “io glielo farei rifare”. Solo che non si può reggere un altro mese di lavori e polvere, quindi la cucina verrà tenuta tale e quale. ‘thieu ha solo mugugnato “se il pavimento non viene pulito, non glielo pago”.

Koris avrebbe un gran bisogno delle vacanze di Natale e della servitù di Downton Abbey che le metta a posto lo sgoverno della cucina. Invece è abbastanza probabile che ci saranno conti da girare durante le vacanze, quindi addio disconnessione completa. Per quanto riguarda il mettere a posto, nemmeno a parlarne. Per alto mancano alcuni scaffali nei pensili e i cassetti arrivano a fine dicembre perché sono esauriti, come Koris e come i siluri fotonici dell’Enterprise-B.

Chissà se si sopravvive fino al 2022.

Certo che se si potesse mettere il cervello in un barattolo sarebbe più semplice

Salvare il lavoro e salvare il raviolo

A quanto pare Koris ha ancora un lavoro. O almeno, ha ancora un lavoro per i prossimi tre mesi, poi c’è l’orizzonte degli eventi che confina col buco nero di fine periodo di prova, dove tutto si deforma e può bellissimo o bruttissimo. Di certo è incognito e impossibile da sondare. Per farla breve, il colloquio con Capo Giuseppi è andato molto meglio del previsto e, se Koris ha paura che Capo Giuseppi la caccia, Capo Giuseppi ha paura che Koris se ne vada. A parte il gradevole ma sgradevole “credevo che durante il colloqui di assunzione ti fossi descritta più brava di quanto sei, invece mi sbagliavo” (maddai?). Koris ha deciso di usare la tecnica del “meglio essere temuti”, pertanto continuerà su questa strada fino all’orizzonte degli eventi, soprattutto per soffocare la sindrome dell’impostore che le siede accanto tutti i giorni.

Nel mentre la situazione non è migliorata, le risorse informatiche persistono a comportarsi secondo il canone “faccio il gran cazzo che voglio” e Koris ha assistito a uno scontro a fuoco con una capo-progetto mannara. A Koris non ha fatto nessuna impressione, dopo anni di vessazione di Replicante e MegaCapo di Neutroni Porcelloni, ma il resto del mondo ha tenuto a rassicurarla. Che teneri. Ora il problema di Koris è capire perché ci sono neutroni in fuga dalla sua pentola a pressione nucleare, nonostante abbia detto loro di starsene buoni lì. Misteri dei codici che seguono il canone di comportamento di cui sopra.

Nonostante tutti i trasporti cerchino di sabotarla in modi folkloristici, Koris ha deciso che a Natale tornerà a Merdopoli, costi quel che costi, anche a piedi se necessario. Era tuttavia un po’ inquieta per tutte le manovre da una parta e dall’altra della frontiera, a base di Green Pass, Super Green Pass, Giga Green Pass, Green Pass coi Sette Sigilli dell’Apocalisse. Era preoccupata in particolare per tutto il cazzeggiamento su “terza dose sì”, “terza dose no”, “terza dose a sei mesi”, “terza dose a cinque mesi”, “seconda dose ma solo con allineamento dei pianeti per evocare Cthulhu”. Il rischio di trovarsi con un Green Pass ad uso carta igienica da un giorno all’altro era più che plausibile, compreso il ritrovarsi alla frontiera col gendarme Maximilien Minute (questa la capiscono solo i Maiores, ma vabbè) che ti rispedisce al mittente. Per altro con troppissimi casi di coviddi in crescita c’è sempre il terrore di misure intempestive.

Poi venne un angelo. O piuttosto, poi dal lato della Alpi senza bidè apparve Olly ministro della salute che disse “sia fatta la terza dose agli umani di buona volontà e Pfizer nell’alto dei cieli”. E ci fu ancora una volta la ressa per prenotare come a un concerto dei Pink Floyd, segno che si parla un sacco degli antivaxxer come se fossero una legione (e sono comunque troppi), ma esistono anche tanti che seguono le direttive senza fare notizia.

Dal canto suo, Koris si è messa una mano sul cuore e ha prenotato una terza dose per il tre dicembre, mossa dalla più nobile della ragioni: salvare il raviolo. Per chi non si ricordasse, l’anno scorso l’Amperodattilo aveva impastato un quantità industriale di ravioli, in ogni foggia e salsa, divorati per il Natale in edizione ridottissima. Koris ha visto tanta opulenza solo via wazzapp e possiamo dire che no, lo smart-raviolo non vale l’esperienza dal vivo ma per nulla proprio per nulla. Quindi quest’anno il raviolo deve essere portato in salvo, al riparo dal coviddi e dalle chiusure letteralmente guasta feste. Se Koris deve farsi punzecchiare come un puntaspilli e presentarsi in Italia col Super Green Pass Delux Limited Edition rilegato in pelle umana. Questo ed altro per il raviolo.

Soprattutto senza i ravioli
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