Archivi tag: aiuto

Giornate sportive

Un paio di mesi fa Koris era una persona alquanto ingenua che pensava di approfittare del congedo per maternità per fare N cose con le energie che il lavoro e lo stress continuavano a portarle via. Koris tuttavia aveva fatto i conti senza l’ostessa, nella persona di Alienottola, che prima ha pensato bene di arrivare in tragico anticipo, poi passato l’iniziale spaesamento si è messa a pretendere urla di adorazione (altrimenti si occupa delle urla di persona). Risultato: Koris è molto più stanca di quando deve sopportare le stronzate di Capo Giuseppi e del resto della banda; se a settembre qualcuno osa farle la battuta “allora, ti sei riposata?”, Koris andrà a riposare al carcere di Baumettes per omicidio.

Ma insomma, come dovrebbero svolgersi le giornate con un coso che dovrebbe mangiare, dormire e in teoria poco altro? Difficilmente.

Koris di solito si sveglia in un’ora indefinita fra le sette e le otto, orarie che fino a poco tempo sarebbe stato sinonimo di “alzarsi riposati”, ma infilandoci uno o due risvegli notturni non è proprio così (sì, ci dice anche culo che Aliena non si sveglia ogni ora, ma è capace di richiedere attenzioni a lungo). Koris sa che a seconda dell’attività notturna ha da mezz’ora a un’ora per capire chi è, fare colazione, lavarsi e vestirsi prima che la principessa de casa pretenda udienza.

Aliena si sveglia e inizia un rituale degno della corte di Versailles a base di: cambio di pannolino, crema protettrice sulle pudenda su consiglio dell’Amperodattilo, crema idratante corpo costata un Koris-rene più massaggio incorporato, cambio di vestito a scelta dal guardaroba chiaraferragnico sempre sponsorizzato dall’Amperodattilo, cucchiaiata di vitamina D dal gusto orribile che inizia a guastare l’atmosfera, pulizia del naso percepita da Aliena come la pratica egizia del rimuovere il cervello alle mummie passando dalle narici, pulizia del viso ormai trasformatasi in un incontro di wrestling. Aliena molto incazzata prende dunque un biberon da una Koris molto provata. Se è un giorno buono, la pupa è ancora abbastanza rincoglionita da dormire una mezz’ora, che Koris sfrutta per pulire casa prima che intervenga l’ufficio d’igiene. Se è un giorno cattivo, lo fa lo stesso ma cercando di dare adenzia all’Aliena fra un urlo e l’altro. In ogni caso, Roomba santo subito.

Metà mattina, Koris di solito esce con l’Aliena nel marsupio per fare la spesa, quando calcola i tempi giusti e riesce a uscire al momento giusto. In caso contrario, Koris appena vestita sente un urlo disumano di neonata che reclama cibo e cambio, spesa ritardata di almeno venti minuti. Nelle giornate di merda… beh, fermiamoci alla parola merda, ci siamo capiti. Per fortuna, una volta immobilizzata nel marsupio Alienottola si lascia cullare dall’andatura e dagli improperi di Koris, la quale si trascina con prole e spesa per le vie di una città già ostile in tempi normali.

Tornata a casa Koris vorrebbe finire le faccende, ma Aliena è carica come una sveglia e vuole fare cose. Koris propone un “tummy time” per non sentirsi un genitore#2 di merda e incoraggiare lo sviluppo motorio della sua creatura, la creatura fa resistenza civile non muovendosi di un millimetro finché non si mette a urlare. Il fatto che questo comportamento non venga osservato quando è l’Amperodattilo a proporre l’attività indica che l’Aliena forse non è un granché nello sviluppo motorio, però per la stronzaggine dimostra almeno quindici anni di più.

Ora di pranzo, l’Aliena mangia. Koris mangia negli intervalli delle richieste di Alienottola che variano fra “voglio stare in braccio”, “voglio giocare”, “voglio un altro biberon che finirò solo in parte perché tanto mica pago io il latte in polvere”. Un giorno Koris ha iniziato a magiare a mezzogiorno e mezza e ha finito alle quattro. Altri giorni lascia proprio perdere il mangiare, con la scusa che tanto avrà sicuramente ancora dei chili da perdere, tutta salute.

Talvolta l’Aliena concede un momento di requie sottoforma di sonnellino pomeridiano (questo post è stato scritto grazie a un sacrificio umano fatto a Morfeo). Koris, che si era detta “seguirò le linee guida dell’OMS e la farò dormire solo nel lettino in camera sua”, ha ormai sbracato ogni proposito e lascia l’Aliena addormentata su qualunque superficie si trovi. Sdraietta, tappeti, pouf dall’imbottitura tossica, pavimenti, cesta dei panni sporchi, poco importa, à la guerre comme à la guerre. Del resto è uno dei pochi momenti che riesce a ritagliarsi per fare un quinto delle cose che si era riproposta.

Il pomeriggio è il momento dei segni di cedimento. Koris è provata, Aliena frigna. La cadenza dei pasti ogni tre ore salta, vengono sperperate tonnellate di latte in polvere, la casa si riempie di biberon lasciati a metà in luoghi assurdi. Si tenta una seconda sessione di “tummy time” che di solito termina in tragedia con Koris che teme di veder arrivare la polizia per disturbo della quiete pubblica. Alienottola si fa distrarre da sonaglini ed altri ammennicoli pagati a peso d’oro per cinque minuti all’ora, per il resto del tempo preferisce stare fra le Koris-braccia sbavare sulla maglietta.

Verso le sei arriva ‘thieu. Se è il giorno del bagno si dà luogo al rituale meno eco-friendly che si possa concepire, fra litri d’acqua richiesti per cinque minuti di bagno e quantità di rifiuti prodotta. Aliena ormai è carica come una molla, smania e strilla perché vuole non si sa bene cosa. “Secondo me ha fame” dice ‘thieu, immancabilmente. Ricomincia il balletto voglio-il-biberon-però-no, soltanto fra le braccia paterne. Koris si industria a prepare cena, uno dei pochi momenti in cui non ha neonati urlanti a meno di cinquanta centimetri.

Cena. Talvolta l’Aliena è benevola e si limita a fissare gli adulti dall’alto della sdraietta. Più spesso la benevolenza dura il tempo necessario a riempire i piatti, quindi si trasforma in odio verso l’universo conosciuto e non. Aliena passa a turno dalle braccia di ‘thieu a quelle di Koris, secondo chi ha finito prima. “Secondo me ha fame” ripete ancora ‘thieu, perché ormai gli orari dei biberon sono del tutto indicativi, un po’ come quelli di Trenitalia. Koris smette di combattere, si offre di lavare i piatti e spera nei dadi.

La fine della giornata può svolgersi in due maniere distinte e opposte. ‘thieu ci ha azzeccato, Alienottola aveva davvero fame e ora è ubriaca di latte; non resta che deporla nel suo lettino come se fosse una bomba pronta ad esplodere, quindi crollare in attesa delle richieste notturne, al massimo buttare al cesso un’oretta su Netflix. Oppure ‘thieu si è sbagliato, Alienottola non aveva fame, ha schifato i tre quarti del biberon e ora sta urlando il suo disagio intestinale a tutta Marsiglia. Si dà il via al grande circo dei massaggini, coccoline, carezzine, bestemmine, Koris e ‘thieu a turno. Aliena si calma a frazioni di secondo senza alcuna logica. “Secondo me ha fame” si lancia ancora ‘thieu, quindi arriva con un ennesimo biberon. L’Aliena se lo scola fino all’ultima goccia, quindi vomita a spruzzo con la gittata di un obice leggero (10 chilometri circa). Koris va a lavare qualunque cosa sia stato vittima di questo tsunami gastrico, tanto ormai non le fa più schifo nulla. Quindi prende in braccio l’Aliena stremata dalle sue performance, le canta una canzone metal acoustic-stonato version feat. Koris del tutto inadatta a una bambina di due mesi, e infine la depone nel lettino. Ove necessario lascia che sia l’ippopotamo luci&suoni regalato dai Maiores a terminare l’opera di rincoglionimento neonatale. Fine della giornata fino alla prossima richiesta notturna.

Quindi se il blog non viene aggiornato, immaginatevi un loop di giornate del genere, non ci andrete molto lontano.

I biberon abbandonati per casa possono acnhe prendere vita…

L’allattamento e l’attacco cylone

Fra tutto il pool genetico di gente circa normalmente costituita, l’Aliena ha deciso di scegliere proprio i pezzi del Koris-dna fallato che codificano per quella cosa che voi umani chiamate “crescita”. Detto fuor di metafora, l’Aliena sta bene, è vitale e ha tutti i pezzi per il momento in ordine, ma sono pezzi in miniatura che a due settimane dall’arrivo sulla Terra sembrano voler restare tali. Chissà da chi ha preso questa tendenza al bonsai almeno per ora, mah, chi può dirlo…

Per un neonato non si va molto per il sottile: non cresce perché non mangia abbastanza. Dopo un inizio di allattamento non catastrofico ma quasi, Koris si era persuasa che ormai l’Aliena aveva trovato un suo ritmo di crociera e se non reclamava il buffet non aveva fame. Del resto si dice che i neonati non si lascino morire d’inedia, anche perché non hanno ancora ben chiaro quanto questo mondo faccia schifo, magari hanno qualche illusione in materia. No?

NO. L’Aliena non mangia abbastanza, quindi non cresce, quindi non si sa quali siano le conseguenze, a parte vestire la taglia 14 anni a vita come il suo ex-organismo ospite. Però l’ex-organismo ospite ormai come si sa è una causa persa haute trois pommes, magari per l’Aliena si può ancora fare qualcosa affinché viva nell’universo dei normodotati e non in quello dei nani da giardino.

“La deve nutrire di più”
“Ma quanto di più?”
“Ogni due ore”
“Ma se dorme…?”
“La sveglia e la nutre”
“Anche di notte?”
“Di notte può fare ogni tre”
“Com’è umana lei”

Non si sa cosa pensi l’Aliena di questo trattamento di gavage, a meno che non stia prendendo appunti mentali per un futuro processo a L’Aia. Se non diventa un’oca da fois gras entro Natale, cosa che nessuno si sente di escludere, a questo punto. Non si sa nemmeno cosa ne pensi il padre, che avrebbe potuto contribuire con dei burrosi geni francesi atti alla bisogna, anziché coi rinsecchiti geni mediterranei formato tascabile. Però sappiamo cosa ne pensa Koris.

Come in tutte le circostanze della sua vita, Koris si rifà ai suoi modelli ideali e in questo caso è ancora una volta Battlestar Galactica, il primo episodio della prima stagione, per essere precisi. Si intitola “33 minuti” perché la flotta coloniale viene attaccata esattamente ogni tre minuti dai cyloni cattivoni, con le conseguenze che si possono immaginare fra mancanza di sonno, nervosismi e quant’altro. Ecco, Koris si sente catapultata in quell’episodio, con una sveglia ogni due ore che sembra annunciare l’arrivo di una catastrofe (o meglio, nel suo caso di una cacastrofe) e dieci minuti di combattimento serrato a base di “piglia sta tetta e tenitela per un tempo ragionevole”. Poi torna la calma, l’Aliena si ritira nell’iperspazio del suo lettino con le sbarre, Koris medita che era meglio morire nell’esplosione di una testata nucleare sulle Dodici Colonie di Cobol. E che ormai la sua vita è questa, e il peggio è che se l’è anche andata a cercare, so say we all. Ore passate in questo stato: ventiquattro.

Sarebbe molto carino che anche per Koris si scoprisse che c’è una nave spia nascosta nella flotta e che una volta silurata la faccenda finisce. Ma la faccenda potrebbe non essere così semplice e non c’è il capitano Adama a tirarci fuori dagli impicci. A meno che alla pesata di martedì l’Aliena non si diventata un bébé francesissimo di cinque chili, tuttavia non si può garantire che Koris arrivi viva a tale giorno…

Se almeno l’Aliena avesse un indicatore di riempimento sarebbe pù semplice…

GravidAnsia: secondo trimestre

Ed eccoci qui, scavallato il 50% (nel Koris-caso pure il 60% ma non diteglielo che va in panico) di questa cosiddetta avventura chiamata gravidAnsia. Ricordiamo, momento magico nella vita di una donna che porta in sé il GrandeMiracoloDellaVitaTM, per altro il secondo trimestre momento magico nel momento magico, una roba di una potenza inusitata che Gandalf, Voldemort, Aes Sedai e roba varia scansatevi proprio, un potere contro cui non può esserci vittoria. Ecco, l’ultima frase di solito non viene mai pronunciata, pur essendo quella più veritiera. Per continuare con la similitudine, il secondo trimestre è come portarsi addosso un oggetto maledetto, ad esempio un horcrux o il pugnale di Shadar Logoth: sulle prime non ti accorgi che esiste, ma col passar del tempo prende il sopravvento, si impossessa del tuo corpo e verosimilmente anche della tua anima, finché non finisce che… non sappiamo ancora come finisce. E no, non è un cliffhanger per tenervi abbonati al blog.

Ecco qui quindi la seconda carrellata più o meno noiosa di cose Koris-accadute per cui nessuno l’aveva preparata prima. O meglio, alcune sì, ma erano di molto edulclorate. Andiamo in disordine:

Thank you for smoking: non che dal nulla si inizi a fumare. Tuttavia dal nulla ci si ritrova con la capacità polmonare di un tabagista accanito. Ci si ritrova a soffiare come un mantice facendo le scale (o risalendo venti metri di pozzo), fino a doversi fermare perché “aspetta, devo riprendere fiato”. Il che è un po’ un peccato, visto che si ritrovano alcune energie che nel primo trimestre erano fantascienza pura come se venissero dai cristalli di dilitio. Però le energie sono spese per sbuffare alle ricerca di ossigeno. Dicono che sono gli ormoni e che basta prendersi il tempo di fare le cose respirando a fondo. Peccato che ogni volta che respiri a fondo qualcuno si lamenti al di sotto del diaframma…

Un certo languorino: ma non è proprio fame, è più voglia di mangiare anche le gambe del tavolo. Che arriva un giorno e non spieghi il perché, soprattutto dopo tre mesi di regime alimentare degno di un’adolescente pro-ana dei primi anni 2000. Si inizia con la commozione per aver ritrovato un appetito corretto e un apparato digestivo che depone l’ascia di guerra per tornare al lavoro. Anche troppo. Si finisce con l’avere una fame atavica degna di Ungoliant che si mangerebbe pure gli alberi sacri di Valinor. Vero, non bisogna fagocitare cibo per due, come dicono le leggende popolari, tuttavia si ha proprio l’impressione che ogni volta che si prova a resistere ai morsi della fame, l’inquilino nelle budella si mette a urlare “ehi, mi dai da mangiare?!”. Se si tenta di convincerlo che può aspettare un’ora più consona, come la cena, l’inquilino stacca il contatore. Letteralmente: Koris si è trovata ad addormentarsi a ripetizione finché non ha trovato una fonte di zuccheri da cui attingere. Zuccheri subito requisiti dal parassita. In compenso delle tanto citate voglie non si vede traccia, se escludiamo un’impennata nel consumo di carote crude. Per i formaggi non pastorizzati e puzzoni non è voglia, è astinenza.

Il fantasma: questo è valido almeno per la prima parte di questo secondo trimestre. Perché da un anatema embrionico che riduce a uno stratto l’oganismo ospite, il neo-feto è un esserino sempre parassitario, ma che si fa sentire molto meno. Almeno nel Koris-caso, ci sono stati momenti in cui non sembrava nemmeno di essere incinta, con conseguente accensione di una miccia per un’esplosione di paranoie: non c’è più, ne sono sicura, è sparito. Soprattutto quando l’internet dice che dovrebbero farsi sentire i primi movimenti e nei soliti forum (del male) c’è una sorta di gara a chi li ha sentiti prima, chi alla 14esima settimana, chi all’ottava, chi non era ancora incinta e già sentiva il pikkolo ancielo (o forse erano fagioli). E tu non senti niente e ti chiedi che significa “sentire come il battito d’ali di una farfalla”, chi cazzo mangia farfalle vive, siamo ne “Il silenzio degli innocenti”?! Oppure “come delle bolle d’aria” e allora come facciamo la differenza coi fagioli di cui sopra? Insomma, grande mistero, il feto resta un fantasma intangibile e immateriale. Almeno fino alla sera in cui Koris, convinta che ormai il fantasma si fosse dileguato, era seduta in cucina ad ascoltare i Blind Guardian mentre cuoceva il risotto, quando durante il ritornello di “Nightfall” ha sentito tre colpi. Non erano né farfalle né bolle, erano i tre colpi del fantasma che indica la sua presenza durante una seduta spiritica.

Tekken the Iron Fist Tournament: “oh, è così tenero quando si fa sentire!” dicono tutti. Già, in effetti la prima volta è tenero. Forse anche la seconda. Dalla terza in poi dipende dalla frequenza con cui si verificano i calci. Forse l’aliena in Koris-dotazione è assai irrequieta o già incazzata con la vita, ma da quando si è fatta sentire la prima volta si è trasformata in un personaggio di Tekken, il picchiaduro per Play Station per eccellenza. Calci, pugni, craniate, ogni tanto prova anche le combo. Per fortuna che essendo sola non può organizzare tornei, ma deve aver preso la placenta per un sacco da box, su cui sfoga la sua rabbia a ogni ora del giorno e della notte. Con grande sollazzo dell’organismo ospite, costretto a sorridere ogni volta che si sente dire “che carina, dà i calcetti”, li desse alla tua cintura addominale non la troveresti così carina mortaccitua. Resta ancora da scoprire se l’alienottola nascerà con la capigliatura di Paul Phoenix o meno. Va da sé che appena la combattente si prende tre ore consecutive di pace scattano le paranoie a base di “ma se non si muove starà bene o è successo qualcosa?”, fugate di solito con un calcio rotante in qualche organo sensibile.

Materasso ad acqua e cuscino scorreggione: in tutta questa attività fisica il feto è convinto di fare acqua-gym (l’alienottola fa più acqua-fight, ma lasciamo stare) in ambiente caldo e protetto. Solo che l’ambiente attorno è fottutamente senziente e c’erano organi che un tempo avevano delle funzioni, che provano a mantenerle nonostante la perturbazione in atto. Solo che la vescica è diventata un comodo materasso ad acqua su cui si appoggia mezzo chilo e più di umano work-in-progress, con conseguenze immaginabili sulla sua capacità e pressione tollerabili. L’intestino invece deve essere diventato un oggetto di carnevale molto buffo, che emette suoni strombettanti quando viene schiacciato. Il feto deve divertirsi moltissimo, l’organismo ospite un po’ meno.

Donna de panza: ed è solo l’inizio. Che poi a dirla tutta Koris fa parte di quelle che potrebbero essere incinte o solo costipate, quindi la gente non osa chiedere; non che questo tenga al sicuro dalle pressioni sociali, appena scoprono che il contenuto della panza non è gas il commento che va per la maggiore è “ma sarà un bambino piccolissimo, dove lo nascondi?” (esticazzi, non arrivo a un metro e sessanta, devo affittare una dependance se voglio incubare un feto di sei chili). La panza in questione è comparsa non dall’oggi al domani, ma quasi. Il punto di non ritorno è stato quando non si sono più chiusi i pantaloni da sci, a fine dicembre. Poi i jeans a gennaio. Poi la tuta speleo, a febbraio, anche se la sottotuta elastica tiene ancora botta. E ripetiamo, è solo l’inizio.

Nota: questo post ha un altissimo contenuto nerd, ma del resto non è che una donna smette di essere se stessa solo perché è gravida…

L’inizio della fine che sarà un inizio, ma pur sempre un inizio

La settimana del SuccedeDiTutto

Koris he cercato di ignorare la presente settimana in tutti i modi, compreso quello del Relatore Max che esclamava sempre “c’è tempo” negando l’evidenza. Koris ha tentato di fuggire dalla realtà nel Vercors, prima all’abisso dei Fiori Bianchi, poi nel ramo storico degli Chouats, perché se sei sottoterra le preoccupazioni non ti raggiungono. Solo che ti aspettano all’uscita della grotta, anche se fuori ci sono otto gradi e 100 km/h di vento sul plateau des Gagères. Insomma, non se ne esce; dalle preoccupazioni, non dalla grotta. Dalla grotta si esce luridi e con male al collo per aver bassamente sovrastimato la larghezza dei cunicoli merdosi e bagnati.

Ad ogni modo, disagio nonostante, lunedì è arrivato e Koris non è pronta per nulla. Non è concentrata su nulla che non sia il suo nervosismo, tant’è che sta fissando delle equazioni chiedendosi “ma sono davvero così importanti i prodotti di fissione? Ma dell’uranio non se ne può fare a meno? Ma è proprio importante sapere cos’è un reattore?” (non so, Koris, fai tu). Nel suo cervello c’è un misto di tensione e magone, perché alla fine potevi anche restarci qui e sperare che la sorte ti assecondasse. O magari no, come pensava Koris mentre fissava soffitti alle cinque del mattino, magari saremmo ancora a lambiccarci il cervello sul perché e sulle ingiustizie sociali. Koris non ha chiarissimo cosa stava pensando alle cinque del mattino, erano cose confuse in cui la logica era piuttosto a spasso.

Koris ha deciso di fare due torte da portare domani per “festeggiare” la sua partenza. Anche questa decisione genera un’ansia terribile per le doti culinarie di Koris, che come si sa sono inesistenti. Si è quindi deciso che una torta sarà una crostata con la pasta comprata già fatta (il backup a prova di scemo, ma non sediamoci sugli allori), l’altra una risposta di Google a “dolci facili e rapidi per persone incapaci”. Capace che viene uno schifo proprio, almeno ci sarà la crostata di backup. E se la Koris-vita non prevedesse di partire da casa alle 6:30, la soluzione migliore sarebbe stata portare croissant per tutti e contenti li sapienti e li minchioni. Ora non soffermiamoci a pensare se Neutronland ci mancherà davvero o se è piuttosto paura del futuro featuring sindrome di Stoccolma. O un discorso più elaborato in cui c’entra la fuga da Neutroni Porcelloni, queste cose le lasciamo alla psicologia.

L’enorme elefante nella stanza che continuiamo a ignorare è l’inizio del nuovo lavoro mercoledì. Che Koris non sa cosa aspettarsi, non sa niente, non sa nemmeno se vuole degli spoiler. Un po’ sì, un po’ no. Magari sono dei pazzi col botto come in Neutroni Porcelloni. Magari le fanno fare orari della follia e sono anti-bus, quindi tocca riprendere la macchina tutti i giorn. Magari la cacciano con ignominia perché Koris s’è messa le Converse durante il lunghissimo periodo di prova (sei fottutissimi mesi, ricordiamo). Ci sono tante cose che possono andare storte, anche se un sacco di gente persiste nel dire che per farsi cacciare durante il periodo di prova bisogna farla davvero grossa e che non avrebbe senso assumere qualcuno per cacciarlo dopo due mesi, ma Koris non sente ragioni, sente solo i suoi traumi.

Una mini-ragione di tensione è la discussione di Stagista J domani mattina, che potrebbe essere un bagno di sangue ma anche no. Ma anche chissenefrega, a un certo punto è un suo problema, non di Koris. Tanto ormai si è tolto dai piedi, Koris gli ha detto “per qualsiasi dubbio chiedi”, Stagista J non ha chiesto nulla, quindi si parte dal principio che non abbia dubbi. O che se ne sbatta il belino, cosa assai più probabile. Ripetiamolo ancora una volta: non è un Koris-problema.

E niente, questa settimana succederà di tutto, è circa inevitabile. Speriamo solo che non ci faccia troppo male.

Assolutamente

A che prezzo

(Nota: questo post doveva essere scritto 24 ore fa, ma c’è stato un disguido tecnico. Nelle 24 ore successive sono successi altri eventi, ma ne parleremo domani. Forse)

Oggi doveva essere quel giorno, il giorno atteso da un anno a questa parte… no, non quello in cui confermano Koris a tempo indeterminato, quella era una fandonia che esisteva solo nel cervello del Capo. Oggi era il giorno in cui lo spettrometro gamma sarebbe tornato operativo, dopo un anno di immani rotture di cazzo fra lockdown e altre amenità. In previsione Koris aveva fatto una certa quantità di scartoffie che non aveva nemmeno capito bene lei. Visto che negli ultimi giorni tutto taceva, Koris osava sperare di aver fatto la sua parte e fine lì.

Stamattina c’era la riunione di laboratorio, per cui Koris aveva detto un mese fa al tizio “venite al pomeriggio”. Alle nove si è scatenato l’inferno.
“C’è un tizio che aspetta all’entrata e non può entrare”
“Il formulario di autorizzatone C985 rosso non è firmato”
“Manca il modulo AB26 barrato a pois”
“Koris non s’è occupata del piano di prevenzione dei meteoriti dal pianeta degli insettoidi”

Koris ha staccato il telefono per cinque minuti buoni perché si sentiva sopraffatta e aveva bisogno di calmarsi. Anche perché non aveva ricevuto nemmeno la metà di tutte quelle mail e scartoffie che le richiedevano. In quei cinque minuti la Capa si è manifestata con “ah, forse dovevo farlo io ma pensavo lo facesse Koris. Ma devo fare qualcosa? Che stamattina sono a casa a preparare i pancakes al cane, mica posso occuparmene”. Koris ha dovuto ponderare la scelta se fingersi morta e passare per fancazzista, oppure attivarsi come la cretina che è. Koris ha un debole per passare per cretina.

Prima chiamata, la segretaria. Va riconosciuto che ha avuto il buon senso di non dire “calmati”, altrimenti ci sarebbero state conseguenze. La segretaria dice che Koris deve andare all’ingresso di tutto il comprensorio a raccattare l’installatore di spettrometri, poi di vedere con la responsabile delle scartoffie come fare. Koris ruba una macchina di servizio e mentre guida riceve la chiamata della responsabile, che è già nella sala delle misure, chi minchia ti ha chiesto niente a che te mannaggia agli dèi tutti. Koris recupera l’installatore, che per fortuna aveva già un accesso fatto non si sa come, magari è un hackerz, ma a sto punto va bene tutto. All’ingresso le fanno giurare di non abbandonare l’installatore mai, di essere la sua ombra. E va bene tutto.

Koris porta l’installatore nel laboratorio di misura, dove attende la responsabile della scartoffianza con una pila di fogli da firmare. Che poi sono tutte cose di buon senso, come non mettere le dita nella presa o non andare a leccare le sorgenti radioattive. Koris è sempre stupita che si debbano ribadire cose del genere, ma sa anche che le assicurazioni ci sguazzano in questo genere di cavilli; che bella la vita nel XXI secolo.

“Mi serve la firma del capo laboratorio”
“Credo sia a casa a mangiare i pancakes col cane”
“Va a far firmare il vice capo”

Koris riprende la macchina, sgomma sulla ghiaia, maledice tutto e soprattutto se stessa perché in fondo lo sa che è colpa tua. Preleva il vice capo dalla riunione che sta andando avanti senza lei, lo fa firmare e si stampa la delega per la firma in quadruplice copia. Il papa dice che non è necessario che apponga anche lui il sigillo con la ceralacca, come se avesse accettato. Koris torna nel laboratorio di misura.

“Ok, a questo punto è tutto pronto, posso lasciarti da sola con lui. E ricorda, se succede qualcosa sei responsabile”
Koris accetta di essere responsabile, hai visto mai succeda davvero qualcosa e le diano l’ergastolo, quello sì che è un tempo indeterminato.

Finita la bagarre, l’installatore di mette a installare lo spettrometro. Koris, nel tentativo di non soccombere, lo guarda fare e pensa che tutto sommato poteva farlo anche lei, ma visto che pagano anche sticazzi. Arriva un messaggio dalla Capa “oggi pomeriggio vengo per discutere di quello che è successo perché non va bene”. Koris evita di risponderle un francesismo del calibro “la fente de ta mère”, ma ormai se la licenziano pazienza, è stato bello finché è durato.

E niente, lo spettrometro è lì in laboratorio che si raffredda, il cervello di Koris anche ma con molto meno successo. La capa per ora è non pervenuta. Koris si chiede se ne sia valsa la pena sottoporsi all’ennesimo sbatto, se tanto fra meno di un anno e mezzo sarà buttata via tirando lo sciacquone, con buona pace del turnover e dello spettrometro.

Dev’essere così…

Esperienze contraccettive intensive

“Ci sono anche due bambine in campo speleo, è un problema?”
Koris e ‘thieu hanno imparato che dire “no, figurati, vai tranquillo” comporta un rischio per la salute mentale, la salute fisica, nonché per qualsiasi voglia di portare avanti la specie umana ovvero per il desiderio di procreare.

Che poi Koris avrebbe voluto solo staccare il cervello per quattro giorni, di cui due di ferie abbandonando Stagista J perché non si faccia troppe illusioni. Comunque, staccare il cervello e andare in grotta, vedere cose belle ove possibile, mettere il suo grasso e grosso culo nel vuoto di un pozzo, quindi uscire e mangiare come se il grasso e grosso culo di cui sopra non esistesse. Le Koris-velleità hanno dovuto scontrarsi con la cruda realtà, tanto per cambiare.

“Ma sì, sì, le due puffette se la cavano su corda, non vi preoccupate”
Questa frase è stata parafrasata in “scendono in un regime del terrore, piangendo fiumi di lacrime e preparando la futura fortuna di un terapista”. Già il primo giorno si sono viste scene da dramma che forse erano capricci, forse era terrore, noi di Voyager non sappiamo dirlo. Si pensava di fare due pozzi, ‘thieu ha dato l’alt fermi tutti dopo il primo, con grande frustrazione di quella che sta scrivendo. C’è da dire che all’uscita ‘thieu e Koris sono riusciti a far passare un po’ la paura del vuoto facendola appendere alla corda e facendola contare fino a cinque/dieci/venti con le mani sul casco. Roba che se lo avessero detto prima, nessuno ci avrebbe creduto.

Il peggio del fondo del barile si è raschiato il giorno dopo. ‘thieu aveva proposto di fare una grotta senza corda, ma no, troppo facile, non ci sarebbe stato abbastanza dramma. Dopo un primo pozzo ridicolo, che tuttavia stava per finire in tragedia, ci si è accorti che la grotta proseguiva o in un inaccessibile passaggio a sei metri d’altezza, o in un dedalo di pozzi non proprio canonici. Mentre gli adulti maschi cercavano il prosieguo, la puffetta grande stava piangendo tutte le sue lacrime perché aveva visto dei ragni, nell’indifferenza genitoriale. Koris ha cercato di convincerla che gli aracnidi sotterranei sono innocui e fanno la loro vita, ma davanti al panico ostinato ha convinto la puffetta ad andare altrove, dove non si vedevano creature a otto zampe e troppi occhi. Nel mentre ‘thieu ha trovato il prosieguo della grotta, lo ha armato e ha fatto presente all’altro maschio adulto:
“Non è pensabile che le puffette passino di lì, c’è una calata di 18 metri con posizioni folkloristiche, non si può fare”
“Ah, d’accordo. Allora portatele fuori mentre io e la mia tizia andiamo a fare un giro, poi semmai ci raggiungete”

Rumore di mandibole cadute a terra, forse ci sono passati sopra pure i ragni, non era quello il problema. La riposta giusta sarebbe stata “sticazzi”, ma ‘thieu e Koris erano troppo sbalorditi per riuscire a piazzare la risposta giusta. Toccava portare fuori le puffette, ove fuori era un crinale che dava su una strada, non proprio il posto ideale per far pascolare due under otto. ‘thieu ha passato un tempo lungo chiuso nel suo mutismo che è sempre meglio lasciar perdere. La puffetta piccola, fierissima di sé per aver disceso un piano inclinato tutto da sola, era diventata un Koris-satellite e forse Koris se la sarebbe anche portata giù per P100, in quello stato mentale. La puffetta grande, invece, in aracnofobia pura.

Il problema era il seguente: portare le puffette da una sala all’altra, dove c’è sì il pozzo di uscita, ma anche i ragni. Mentre ‘thieu faceva il cosplay di una statua incazzata, Koris si esibiva nel problema del lupo, la capra e il ragno per far muovere due puffette verso un pozzo, una in lacrime, l’altra che iniziava ad avere freddo. Resasi conto che la situazione aracnofobica non andava risolvendosi, Koris ha urlato a ‘thieu di far uscire puffetta piccola, cosa che è avvenuta senza incidenti. Nel mentre Koris ha tenuto in braccio per un’ora puffetta grande, seduta sulla sua gamba, a cercare di tranquillizzarla.
“Senti, se vado a togliere i ragni dalla sala te la senti di andare fino al pozzo?”
“Shi”
Koris è andata a spostare delle bestiole che non ne potevano nulla, U Babbu docet.
“Ora non ci sono più i ragni, andiamo?”
“No! Nel frattempo sono tornati”
Enorme sforzo per evitare di urlare “SENTI STICAZZI DEI RAGNI È GIÀ UNA GIORNATA DI MERDA ANCHE BASTA”, ma solo perché imprecare nella propria lingua madre aiuta.
“Ho paura che mi mangino le mani”
“Tieni i miei guanti, sono persino rosa, i ragni che comunque non ci sono non ti mordono di certo. Adesso andiamo?”
“NO!”
“Ahem, senti, però dobbiamo uscire… o almeno potresti sedere sulla gamba sinistra, che ormai la destra è preda della cancrena?”
“No, ho paura!”
Scende in grotta San Germano Mosconi a congratularsi con Koris per la sua inventiva nelle bestemmie. Bisognava distrarre la marmocchia in qualche modo perché non pensasse ai ragni e fosse trasportabile fino al pozzo.
“Ho un’idea, cantiamo una canzone!” ha esclamato Koris, che avrebbe voluto cantare ‘osteria numero nove’ ma si è trattenuta “Qual è la tua canzone dei cartoni preferita?”
“Non ne conosco”
“… in che senso non ne conosci? Nemmeno la canzone di Frozen? La conoscono pure i sassi la canzone di Frozen, eddaje…”
“Non li guardiamo mai i cartoni animati”
“E cosa guardate?”
“Netflix con mamma”
“E cosa guardate su Netflix con mamma?”
“Netflix”
Appurato che forse Suburra è adatto alle under 8 e che non conoscere né “Giovanni re fasullo di Inghilterra” né “Questo il mondo fa girar” (ma nemmeno qualcosa di meno vintage) è segno di un’infanzia sprecata, Koris è finita per trarsi d’impiccio facendole recitare le tabelline. Forse non il metodo più piacevole e ortodosso, ma abbastanza efficace perché la puffetta grande pensasse ad altro. ‘thieu e Koris la hanno presa pertrafficata le braccia e portata fino al pozzo, quindi restituita alla superficie.

‘thieu è uscito dalla grotta urlando “viva il coltellino“, nonostante non abbia velleità a cantare da castrato. Koris ha iniziato a mandare messaggi densi di panico all’Amperodattilo chiedendo se anche lei e Orso fossero così nello scorso millennio (“ma figurati, passi lunghi e ben distesi” disse l’Amper, che nel XX secolo usava intimare “questo è un capriccio!” per far cessare sul nascere qualunque intento lamentoso). “Dipende da come li educhi” ha terminato il responsabile ISO-9001 del Cenozoico via WhatsApp. Ecco, di certo dipenderà dall’educazione e della disposizione d’animo, tuttavia certe esperienze mettono la pietra tombale su qualunque eventuale, minima, residua voglia di shakerare gameti e far venir fuori nuovi esseri umani.

P.S. taciamo tutti i capricci corollari perché se no il post diventa un elenco di lamentele infinito.

Ma infatti, visto che il divertimento non si accompagna alla sofferenza, esperienze del genere facciamo anche basta

Traumi, stagisti e quant’altro

Koris ha uno stagista suo, che chiameremo stagista J e che spereremo essere pių sveglio di dottorando Santuzzo (ci vuole poco). Per ora sembra esserlo, per ora. Koris non aveva granché voglia di prendere uno stagista, per più ragioni, fra cui la voglia di non vedere nessuno dopo la beffa del posto. E anche perché non è d’accordo con la politica del laboratorio che considera gli stagisti tirocinanti “gente a cui sbolognamo roba”: uno stagista viene per imparare, non per accollarsi cose che gli altri non vogliono fare. Il Koris-tirocinio in OPERA lo consideriamo la solita eccezione, un discorso complicato a base di sindrome di Stoccolma. Tant’è, alle strette, Koris ha preso stagista J nella speranza di non fargli troppi danni. Sono seguite (e stanno seguendo) innumerevoli notti insonni perché Koris sa di non saper fare e farà danno e questo tirocinio sarā una catastrofe per tutti. C’è serenità.

Stagista J è arrivato ieri, quando Koris tornava in ufficio dopo due settimane di smartuorchi piene. Stagista J ha trovato Koris chiusa fuori dall’ufficio perché hanno cambiato la combinazione della cassaforte con le chiavi e nessuno lo ha comunicato. Koris ha proposto di mettersi nella sala riunioni ad attendere, così avrebbe potuto guardare le mail e connettersi all’internet. Salvo scoprire che non ci sono più cavi ethernet nella sala riunioni, quindi niente connessione perché il wifi è sotto encoding SeLallero. La quantità di figure di merda era sufficiente per la giornata e non erano nemmeno le otto e mezza del mattino. Però no, non era finita qui. A Koris avevano detto che la domanda del pc per lo stagista era automatica al suo arrivo; hanno mentito, bisognava chiederlo. “Com’è che non lo sai?”, boh, forse perché Koris è qui da un anno e mezzo, non ha mai seguito stagisti qui e forse non ha la scienza infusa, ma sono solo ipotesi. Koris ha stampato lo stampabile per far cominciare a lavorare stagista J, nel mentre urlava contro il servizio informatico perché le serviva un pc prima di subito e il servizio informatico non c’aveva voglia. Ore 11, per Koris si poteva benissimo andare a casa e non volerne sapere più nulla per il resto della giornata.

Ma invece no (e come ti sbagli). Un collega si manifesta dicendo che sarebbe simpatico portare gli stagisti a fare un giro degli acceleratori. Koris dice ok, non sapendo che pesci pigliare. “Però le disposizioni sanitarie non ci permettono di prendere una macchina in quattro. Tu prendi quella lì, la Bianchina del laboratorio” Collega sgomma verso gli acceleratori con la sua stagista. Koris sale sulla Bianchina con stagista J, salvo accorgersi che quella macchina, benché aperta, non ha le chiavi. Koris si odia, dice a stagista J di aspettare, fa il giro degli scarni presenti del laboratorio per chiedere chi minchia si è portato via le chiavi della macchina. Bah, boh, chi ne sa niente, forse se l’è portate via dottorando A. Dov’è attualmente dottorando A? A casa sua, in Marocco. Un le pive traboccanti dal sacco, Koris è andata a dire a stagista J che il giro non si poteva fare causa assenza di macchina. Odiandosi.

Koris è tornata a casa a fine giornata col desiderio di sparire dalla faccia della terra e non avere pių interazioni con nessun essere umano. Forse si sentiva cosė anche il Replicante. O forse il Replicante non si sentiva affatto. Oggi, arrivata in ufficio, Koris si è detto che poteva difficilmente andare peggio. Sembrava quasi una buona notizia quando il servizio informatico ha trovato un pc in un angolo e ha annunciato di portarlo a stagista J per le nove. Forse l’inizio burrascoso era finito.

Ma figuriamoci. Il servizio informatico scopre che i codici di identificazione non sono mai stati attivati per stagista J. “Eh, sa, lei non è permanente e quindi tutto deve passare per il capo laboratorio, che ora č in ferie; converrà aspettare” ha detto un tecnico che ne sapeva di computer quanto Koris delle tendenze primavera-estate per le scarpe. Koris ha detto che ora il tecnico se ne andava all’ufficio suo a reinizializzare i codici di identificazione. Scene penose al telefono del calibro: “La password dovrebbe essere Gu4rdiaDiP0rta2020” “Non funziona” “Provi con meno maiuscole” “In che senso? Quali maiuscole?” “Aspetti, perché le cifre potrebbero essere anche 2021, non so bene…” è stata più dura che certe necromanzie informatiche su Debian, ma del resto il servizio informatico è noto per essere un habitat ideale per le minchie di mare. Koris deve ancora sopravvivere tutto il pomeriggio con stagista J e tutta la giornata di domani. A meno che domani stagista non abbia una formazione, il collega non è stato in grado di dirlo.

Koris è abbastanza traumatizzata da tutto questo e ha davvero paura di fare più male che bene. Saranno sei lunghissimi mesi di dubbi interiori, inettitudine sociale e drammi assortiti.

E invece si può benissimo essere entrambi.