Con la presentazione terminata o quasi (quasi, eh, diciamo che si avvicina a un’asintotica fine senza toccarla mai, per colpa del Replicante e della Koris-flemma), le paturnie dottorali alle spalle e l’ansia ancora da arrivare, nuovi dilemmi si scorgono all’orizzonte.
Dilemmi che avevano fatto capolino per l’orale di maturità.
Dilemmi che si erano presentati per la laurea triennale e avevano imperversato per la magistrale.
Dilemmi che Koris da sola non può risolvere.
Il terribile dilemma del “Che cavolo mi metto per la discussione di dottorato?”.
Nelle precedenti occasioni, conoscendo i Koris-gusti alquanto discutibili in fatto di abbigliamento, ci aveva pensato l’Amperodattilo. Non che questo compito sia stato facile, soprattutto in fatto di scarpe, essendo Koris incontentabile per qualunque cosa non sia un paio di scarpe da ginnastica o da montagna.
Alla maturità, inizio luglio, Koris si era presentata con un simil-kimono nero di lino, come se fosse uscita da un film di kung-fu di serie Z. No, veramente non era così male, poi Koris era in trip da Giappone all’epoca, sarebbe andata all’orale vestita anche come un figurante di teatro kabuki, se glielo avessero permesso.
Alla triennale, a marzo, dopo una seduta di sciòpping ai confini della realà, l’Amperodattilo trasformò Koris in una sorta di manager in tailleur nero e scarpe con microtacco (ma già bastevolmente assassino). Le scarpe rimasero vulnerate nel tentativo di Bryda e del Mathematicus di gettare Koris nella fontana del Nettuno.
Alla magistrale, nella calura di metà luglio, il Senzaddio dell’epoca si era offerto di trovare il vestito, solo per dare forfait all’ultimo come di suo solito. L’Amperodattilo aveva preso in mano il timone trovando un vestito che sul momento venne definito “da suora racchia”, ma che venne persino riutilizzato (a discapito del Koris-commento il giorno della laurea, “sembro un sacco della spazzatura ambulante”).
Solo che ora l’Amperodattilo non è percorribile e Koris deve vedersela da sola.
La leggenda narra che il Replicante fece la sua discussione di dottorato in t-shirt (ma no?). Solo che la t-shirt era a suo dire elegante, aveva colletto e taschino. Forse in fatto di abbigliamento il Replicante è anche peggio di Koris, meglio rivolgersi altrove.
“E tu chiedi a me, che so di vestirmi male, cosa potresti metterti per la discussione?”
“Non è che ti salvo da un’asmatica morte orribile perché sono buona…”
“Mettiti una camicia e andrà bene. Basta che ti lasci i capelli sciolti, se no sembri la professoressa stronza”
I maschi non sono affidabili, per loro una camicia e via che si va.
Koris non ha ancora risolto l’arcano e si maledice, perchè se avesse discusso a luglio avrebbe potuto riutilizzare il vestito della magistrale. Così si fa tutto più complicato.
“Mia madre mi ha consigliato di mettermi qualcosa di comodo” ha suggerito la collega C., anche lei alle soglie della fatidica discussione. Consiglio effettivamente da considerare.
Koris non ha ancora deciso se ci andrà in accapatoio o in pigiama.
Messo il tag:aiuto, lauree, non so vestirmi, occasioni, scarpe, vestiti
Io posso anche amarti.
Leggevo, leggevo, e più leggevo più pensavo che il mio commento sarebbe sicuramente stato “Ma scusa, in pigiama si può andare?”
E poi, per fortuna, il post finiva proprio così, in bellezza.
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Vah che ho un pigiama grigio coi fantasmini comprato in occasione della gita di terza media (!!!) che farebbe un figurone.
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❤ Scusa, ma allora hai ancora dubbi?
E poi l'academic dress code di phd comics non parla abbastanza chiaro?
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Quindi tecnicamente dovrei vestirmi da mago? Il coinquilino ha un poncho polverosissimo che quando ti incappucci ti fa sembrare un Nazgul, va bene lo stesso?
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Sei in terra francese, tesoro. Loro hanno avuto Coco e non hanno imparato un cavolo. Pensi che noteranno la differenza tra accappatoio e pigiama? Ovviamente no. Comunque, io ti consiglio un vestito nero a tubino (o giacca e pantalone, come preferisci). Elegante e semplice anche con scarpa bassa. E poi è riutilizzabile per altri eventi mondani…
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C’è in tutto ciò un problema di fondo. Io non so comprarmi i vestiti (perché devo essere francese dentro, suppongo). Quindi o sono accompagnata (e minacciata) da una persona competente, o mi vergogno e succedono le peggio cose. Per questo conto sul recupero di roba usata da gente che se ne intende…
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Collegandomi a Fannino, vai di androgino (completo da uomo con stringate da donna, le trovi le trovi…)! Voto quello!
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Le scarpe da ginnastica contano come stringate? 😛
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Io alla discussione della magistrale indossai una giacca nera e sotto di essa la maglietta dei cannibal corpse.
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E questa è classe indiscussa.
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Quando chiesi al mio relatore se ci fosse uno standard d’abbigliamento per la laurea, la risposta fu:
“noi siamo tutti in giacca e cravatta, lei faccia come vuole”
Da intendere sottilmente come un “fatti fare il nodo alla cravatta da tuo babbo e non rompere le scatole”. Fatto sta che poi tra i vari membri della commissione ce n’era anche uno col bomber smanicato, ma i professori di matematica sono sempre stati all’avanguardia.
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Comunque resto dell’idea che per un maschio sia piu’ facile: cravatta, camicia, giacca e via. Facile la vita.
Anche i fisici comunque non scherzano, il mio capo predilige una maglietta arancione fosforescente che lo fa assomigliare a un operaio dell’ANAS.
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Concordo sulla semplicità, però è limitante poter essere eleganti solo in giacca e cravatta anche con 40°C fuori…
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E come dice mio fratello “Quando un gentiluomo decide di mettersi la giacca, non se la toglie”
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…finché non se la toglie quello di grado più alto nella riunione 🙂
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Mi sono sempre rifiutata di comprare Il Vestito Per La Laurea.
Voglio dire, a laurearmi ci vado io, mica una sconosciuta in gonna (!) e tacchi (!!!).
Alla mia magistrale mi sono presentata in jeans, scarpe da tennis bianche immacolate (il bianco di quando sono nuove, che poi non rivedrai mai più), camicia e maglione.
E nessuno ha avuto da ridire, se non altro perché i miei erano a loro volta in jeans e scarpe da tennis (bianche. sì, è di famiglia).
Per il dottorato ci penserò, tanto è fra sei secoli (autoconvinzioneeeh).
Seriamente, mettiti a tuo agio – magari non da sbracalona, ma a tuo agio. Anche perché chi non è abituato a vestirsi *elegante* di solito si ritrova impacciato e si rende pure un po’ ridicolo, o comunque appare insicuro… e siccome i prof son come i cani, che si accorgono se hai fifa… io magari eviterei di apparire ancora più vulnerabile 😛
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Ecco, io avrei voltuo farlo, poi mi sono accorta che se la commissione non mi avesse riconosciuto forse era meglio, quindi mi sono cammuffata.
Alla tua laurea la famiglia era in uniforme, a base di jeans e scarpe da tennis bianche! 😀
L’Amperodattilo ha proposto “visto che sei sempre andata in nero, per il dottorato cambia colore”. Comincio a propendere per il maglione giallo.
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Io mi sono laureata in jeans, camicia bianca e giacca di velluto blu ereditata dal mio papà (quelle strizzatissime degli anni 70).
E… tocco di eleganza… il mio zainetto rosso e blu invicta che mi seguiva dalle medie!!!
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Bello lo zaino! Io avevo al seguito un assurdo zaino viola in cui avevo stipato dentro di tutto, ma se lo era caricato il mio amico Mathematicus.
Comunque mi viene in mente una cosa che disse un’assistente uan volta “I fisici sono più eleganti il giorno della laurea che al loro matrimonio”. Che la dice lunga.
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Insomma un po’ di forma ci vuole… Metti un completo giacca e pantalone. Del colore che preferisci. Vai in un negozio che ti piace e spieghi cosa vuoi. Non può accadere nulla.
E se proprio… fatti accompagnare da un’amica o un amico. Avendo i pantaloni puoi permetterti le scarpe basse (però il tacco sarebbe più bello).
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Il tacco non è pervenuto e gli unici vestiti che abbia mai comprato qui a Marseille sono roba da montagna. 😛
Ho delle gonne però. Fanno un po’ scolaretta da manga giapponese, ma sono sempre più formali del pigiama.
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Allora propongo la tenuta da montagna!
In fondo ogni tesi è un po’ una montagna da scalare…
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Metafora azzeccatissima!
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