C’è chi dice che Sun Tzu, o meglio “L’arte della guerra” dell’omonimo autore, sia ancora un manuale indicato in certi contesti, come la finanza o la strategia d’azienda.
Balle. Sun Tzu torna utilissimo anche nella vita di azienda, per sopravvivere in ufficio ai cetrioli imboscati con una strategia che non assicuri solo la sussitenza. In particolare nella sua deformazione giapponese, prima che il bushido morale-onore-volemosebene venisse a raccontarci che i samurai erano persone dall’impeccabile rettitudine.
Ora andiamo al dettaglio.
Koris-dono attende che il fato le piombi addosso, mentre si smazza il lavoro nel castello di OsakAix, quieta come la foresta, per citare Takeda Shingen. In realtà quieta un par di palle perché ha in atto da un po’ di tempo tutta una congiura di palazzo in cui non si sa bene chi sia implicato e chi no, ma che potrebbe andare a buon fine, fino alla corte di Kyoto. La storia non sia coi condizionali, quindi Koris-dono ostenta una facciata zen dietro a cui nasconde qualche migliaio di “cazzo porco” arretrati. Burcia incenso al nume tutelare Toranaga/Tokugawa Ieyasu nel tempo libero.
Tutto il suo magnifico piano riposa nelle mani di Kojonatsu-san, un nome una garanzia, che dovrebbe gestire i contatti con la parte burocratica di tutto il Koris-piano. Non è che Koris-dono si fidi di Kojonatsu-san, ma non ha scelta. Poi se Toranaga ha dovuto usare Kasigi Yabu, diciamo che è una buona scusante. Solo che Kojonatsu-san è un po’ una mina vagante per sua stessa definizione: affidabilità discutibile, intelligenza non pervenuta, capacità di fare casini alta. Ogni tanto bisogna solo incrociare le dita e sperare, Mogamigawa.
In tutto ciò bisogna che Binomyo-san tenga il suo naso lontano dagli affari altrui. Binomyo-san e Kojonatsu-san potrebbero essere una miscela esplosiva per i piani di Koris-dono.
Koris sa una solo cosa: che vogliono fotterla. Odore di sushi di cetriolo ovunque. In realtà il piano di fregare Koris-dono e comprometterne i disegni potrebbe arrecare danno a tutta la baracca del clan, quindi anche loro devono agire di fino, cosa che gli viene male per assenza di meningi sviluppate.
Koris-dono, da lettrice di Sun Tzu, ha subodorato le loro azioni: farla lavorare per la corte di Kyoto per apportare il grano (anzi, il riso) e farla lavorare contestualmente per loro affinché il beneficio si amplifichi. Se poi Koris non dovesse riuscire a portare a termine il suo mandato per troppo lavoro, non è un loro problema.
Il primo passo di Kojonatsu-san è stato cercare di estromettere Koris da qualunque comunicazione meno che vaga. Rispondere “non so” con quell’aria da imbecille come sa così bene fare. Nel mentre parlare con Binomyo-san per mandarlo alla pesca di informazioni (#credici) e fare pressioni su Koris-dono assime al Kapo-sama padrone della baracca. Strategia di base prevedibilissima una volta subodorati loschi traffici da cerimonia-del-the alle macchinette del caffè.
Poi la potenzialità della corte di Kyoto con much money è passata allo stato di certezza. Siccome Koris-dono aveva dato la sua parola d’onore e di onore Koris ne ha uno solo, le macchinazioni alle sue spalle per fregare l’universo iniziavano a darle fastidio. Solo che piombare in uffici altrui urlando e sventolando una katana sotto il naso pare non sia ben visto in questo noioso XXI secolo. L’incazzatura di Koris-dono raggiungeva vette di ira e abissi di sconforto, ché se fosse finito tutto a puttane non le restava che fare seppuku.
Cercando di fare presente che non è tanto gentile farla passare per fessa, Koris-dono ha mandato richiesta formale di un incontro a Kojonatsu-san e al Kapo-sama. Il succo del messaggio era più o meno “Dobbiamo parlare di codesta opportunità che si offre a me e a voi tramite me perché io mi presenti a Kyoto”. Binomyo-san volutamente escluso, non sono affari tuoi, fare aria e andare a meditare sul cesso.
I messaggi ufficiali col sigillo imperiale sono sempre piuttosto mal visti da chi cerca di risolvere qualunque cosa a voce, dietro un paravento in corridoio e sbandierando la scusa del “non c’è niente di scritto, non puoi provarlo”. Il messaggio in questione ha generato un Kojonatsu-san in ginocchio nella stanza di Koris-dono, intento a prosterarsi in un’imitazione di Binomyo-san e farneticando “Dozo! Non abbiamo tempo prima della settimana prossima! Ma ne parliamo, certo, sì, sì, tranquilla, gomenasai!“. Koris-dono capisce che tutto quel turlipinamento potrebbe anche significare “ci vediamo mai, negoziamo una cosa che sta bene a noi e solo a noi, se tu sprechi la tua occasione pazienza, shigata ga nai“. Koris-dono inizia a pensare seriamente che katana-cielo rosso-montagna di teste sia la soluzione.
Ed è a questo punto che si fa viva lei. La spia. Quella che non lo fa per te, ma per il suo tornaconto personale. Per l’antidiluviano brocardo del “il nemico del mio nemico è mio amico”. Più che un alleato, un samurai scontento del trattamento del suo padrone. Non che a Koris-dono vadano tanto giù queste meccaniche, ma quando al castello di OsakAix bisogna difendere i propri interessi, tutto è ammesso.
“In realtà ti stanno coglionando,- confessa la spia -dalla tua presenza a Kyoto traggono molto più beneficio di te, ma vogliono spremerti fino all’ultima goccia. Per questo cercano di farlo passare come un favore che ti fanno. Sono tutti al corrente, ne parlavano in questi termini. E stai attenta, Koris-dono, i tempi di risposta sono serrati. Quindi cercheranno di prenderti alla sprovvista domani”
Koris-dono annota il complotto e porta a casa. L’istinto continua a suggerire katana-cielo rosso-eccetera. Ma non sempre la guerra aperta porta alla vittoria ed è meglio ribare sei moggi di grano al nemico che sterminargli 20000 uomini. Sun Tzu docet.
L’indomani, Koris-dono è pronta. Assieme a un plico di documentazioni in cui si argomenta perché non si può fare come vogliono loro. Kojonatsu-san non si fa attendere.
“Scusa, lo so che non te lo aspettavi, ma Kapo-sama può parlarti solo oggi! Ah, sarebbe bene se venisse anche Binomyo-san”
Te pareva. Koris si avvia assieme alla documentazione. Kapo-sama è assimilabile al mercante di pentole di Sakai che riesce a rifilarti la porcellana sbreccata al triplo del suo prezzo, facendo leva sulla simpatia. Solo che Koris-dono può essere simpatica come una wakizashi in mezzo alle costole e non ha paura di mostrare questo suo lato.
“Ho oggi che hai avuto quest’ottima possibilità, per noi e per te! Cioè, soprattutto per te, in realtà ci serviresti anche qui a OsakAix, capisci che per noi sarebbe un sacrificio lasciarti andare alla corte di Kyoto, e per Binomyo-san sarbbe tanto lavoro in più…”
“Allora Kojonatsu-san non avrebbe dovuto sottoporre la mia candidatura”
“Ma infatti! Infatti!” esclama Kapo-sama, in piena sceneggiata “Ha fatto tutto Kojonatsu-san, senza informarmi! Io lo ho saputo solo a cose fatte…!”
Binomyo-san, nelle retrovie, fa coreografia leccaculistica da teatro kabuki. Koris-dono ostenta tranquillità.
“Beh, io ho solo fatto ciò che Kojonatus-san mi ha chiesto. Se poi ai vostri livelli non c’è stata comunicazione, io non ne posso niente”
Kapo-sama assume il registro ieratico-minaccioso.
“Ma io posso ancora dire di no. Se non sono d’accordo non si firma nessun trasferimento alla corte di Kyoto! Ho ancora l’ultima parola!”
Koris-dono fa spallucce.
“Allora scrivi a Kyoto che rinunciamo”
Momento di sgomento. Il trio del complotto è destabilizzato.
“Ma come?!” si meraviglia Kojonatsu-san “A Kyoto ti vogliono! E poi credevo che ci tenessi molto ad andare…”
Koris-dono mastica la verità fra due molari, fa spallucce di nuovo.
“Per me è un incarico come un altro. Se posso portarlo a termine secondo gli accordi già presi, bene. Ma se non volete che io onori gli accordi, tanto vale lasciare perdere. La mia opportunità verrà lo stesso, qui… o altrove”
Silenzio imabrazzato. Koris-dono fissa negli occhi Kapo-sama, che si mostra a disagio come chi ha esaurito gli argomenti.
“Beh, no, no, per noi è molto importante che tu vada. In qualche modo faremo. Al massimo, se proprio avremo bisogno di te, ti pagheremo delle ore extra. Sì, insomma, è giusto che tu vada”
“Digli che se quel castello non lo vuole nessuno, lo prendi tu” bisbiglia il nume tutelare Toranaga, ma Koris lo zittisce con un “nun t’allargà”.
Koris-dono annusice, uscendo.
“Bene, aspetto notifica ufficiale del mio trasferimento a Kyoto”
È fatta. L’opportunità di scappare da OsakAix e dalle pinzillacchere di Binomyo-san per prestare servigi altrove sta diventando sempre più realtà. Koris-dono può scappare a nascondersi per esprimere il suo sollievo.
Prossima cosa da fare: erigere sul terrazzo un padiglione d’oro a Toranga/Tokugawa Ieyasu. Da onorare con baccanali a base di danze marinare.
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Disordine, negoziati e ritorno all’adolescenza
L’altro giorno la Tacchettina doveva essere in vena di attaccare briga, quindi ha portato tacchi e culo in ufficio, col suo fare da segretaria isterica.
“Koris, la tua scrivania non può restare in questo stato!”
Effettivamente, la scrivania di Koris è un delirio di pile di fogli contenenti in maniera omogenea prove d’esame, relazioni di laboratorio, cazzetti stereotipati a mo’ di glifi durante le riunioni, articoli stampati e liste delle spesa. Koris è cosciente che si tratta di un casino, ma lei lo chiama “il mio disordine organizzato”, eufemismo coniato con Iset sui banchi del liceo per giustificare il bordello cosmico che le due si trascinavano dietro.
“Perché la mia scrivania non può restare in questo stato?”
“Perché è un casino! Fa disordine nell’ufficio! Guarda la mia, è vuota e ben ordinata, con tutto al suo posto. Se viene qualcuno cosa pensa di noi, eh? Che assumiamo gente casinista?”
“Sai, quando ero laureanda in OPERA c’era un motto che circolava in laboratorio”
“Sarebbe a dire?”
“A clean desk is a sign of a sick mind”
La Tacchettina si è gonfiata come un rospo in amore, ha assunto una sfumatura color papavero e ha girato sui tacchi, lasciando Koris nel suo regno dell’entropia. Voci di corridoio dicono che sia andata a piagnucolare dalla Capa, ma a Koris gliene frega alquanto. Sono trent’anni che l’Amperodattilo cerca senza successo di portare Koris sulla via dell’ordine, non sarà la Tacchettina a vincere la crociata.
Koris ha fatto quello che per telefono pareva più un negoziato che un colloquio. Che quest’anima da diplomatico del io so’ io e voi nun siete un cazzo non si sa bene da dove sia uscita, ma tant’è. Koris ha posto le seguenti condizioni per un suo eventuale trasferimento nella piattazza parigina dell’Ile-de-France:
- iniziare a settembre e non domani perché in fondo spes ultima dea;
- stipendio lauto per poter far fronte al logorito nervoso della capitale;
- un mese di prova prima dell’assunzione totale anziché quattro previsti;
- possibilità, alla fine dei sei mesi del progetto, di filarsela nuovamente in terre dal clima meno truce, fosse anche l’umida Lione.
Le toccherà spendere circa 200 pippi (Orso cit.) per farsi un Marsiglia-Parigi in giornata, ma hai visto mai. Intanto si convince si essere una situazione in cui non può che finire bene, quindi relax. Crediamoci.
Koris sta ricadendo in un pericolosissimo trip a base di samurai e marescialli di Francia, per altro con una certa virulenza. L’altro giorno è entrata nella sua libreria di fiducia e non è riuscita a uscirne senza un libro sui marescialli di Napoleone, nonostante abbia già N-mila tomi in argomento. Peggio di una teenager shophaolic in un negozio di scarpe durante i saldi. Sarà che sta leggendo le memorie di Ségur sulla campagna di Russia del 1812 come se fosse un ultras, ditribuendo colpi di “coglionazzo” a destra e a manca perché si lascia trasportare dagli eventi, e chi le fa uno spoiler è morto. Il trip sui samurai viene di conseguenza quando del tutto casualmente si scopre che dopo cinquant’anni hanno fatto una nuova edizione di “Sekigahara” di Ryotaro Shiba, quindi magari c’è persino speranza che lo traducano, magari. In realtà Koris stava cercando “Re in Eterno” di White, ma quando è stata dirottata su un sito di testimoni di Geova è rimasta un po’ perturbata.
Comunque c’è bisogno di qualche giorno di vacanza, prima che Koris decida di dire merde! (cit.) a Tacchettina e Parigini per ritirarsi a scrivere pagine di infima qualità su gente incazzosa e testosteronica armata di katana a Waterloo, magari a dorso di drago. Sì, è in uno stato mentale in cui potrebbe farlo.
Depressione post parziale
Io il muso di tungsteno e le palle di silicio li ho portati, il problema è stato impattare sulla mazza di plutonio.
Conversazione post-parziale:
“Buono sto panettoncino…”
“Sai cosa ci vorrebbe? Un cappuccino”
“O una cioccolata calda”
“… sul divano con il piumone mentre fuori nevica”
“E un film acconcio, come Harry Potter, da vedere in televisione”
“… e tutti gli esami dati”
Farei volentieri un post alla NerAurora (se hai tempo da perdere, qui), pieno di K e di “voglio uccidere lentamente il mondo per farlo soffrire di più”, ma non lo farò. Credevo mettesse un cilindro con la cavità, o con la corrente superficiale, o con densità volumica, ha sempre dato cilindri! Et ho errato. Mi chiameranno la collegiale errante. Minimo storico, quando la sfiga è già diventata leggenda e si tramanda nei secoli. Sometimes you’re the Lousville slugger, sometimes you’re the ball. Il problema, caro Mark Knopfler, è che io sono quasi sempre la ball, o peggio, l’insetto spiaccicato sul parabrezza. Some days you got glory, then you got none. Some days you’re a diamond, then you’re a stone. Allo strange old game del fato, descritto da tanti fra Archiloco e Mark Knopfler, non ci si abitua mai. Si posso anche costruire gli argini, tanto se il fiume vuole esondare la fa lo stesso, senza problemi. Che tristezza… se non ci fosse stato il panettoncino di Cri penso che avrei anticipato il seppuku…
Intanto c’è gente non vuole assimilare la lezione di Kambei dei Sette Samurai di Kurosawa:
“Chi difende tutti, difende se stesso. Chi pensa solo a sé si distrugge”
Io in questa faccenda sono molto Kikuchiyo…