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Vibrioni eco-friendly e non proprio per tutti.

L’altro giorno, mentre annegava in un mare di spam, a Koris è capitata sotto gli occhi una newsletter alternativa eco-friendly che annunciava “vivere senza frigo si può!”. Che è come venire a parlare di corde (e non da arrampicata) in casa dell’impiccato, perché Koris ha davvero vissuto per più di un anno senza frigo. Era l’epoca del SonnoDellaRagione, la cosa nacque come una sfida temporanea e si finì nella psicosi, ma si sa.

La newsletter pubblicizzava un libro, “La nostra avventura senza frigo” di Marie Cochard, secondo cui tutti possono vivere senza frigo, dopo aver letto 142 pagine di testi carini e relative foto pucciose e sovraesposte. Tutto molto bello, tutto molto simpatico ed eco-friendly. Ma è veramente così? Vivere senza frigo è davvero alla portata di tutti? Siamo schiavi della lobby dei congelatori? Koris vi offre la sua testimonianza, a partire dai commenti sui vari alimenti citati dalla tipa.

Burro: è sufficiente metterlo in un recipiente chiuso, riempito d’acqua per evitare che diventi rancido. Vero: lo facevano già le nonne, esistevano dei recipienti apposta. A ogni uso, togliete l’acqua e la rimettete. Il burro resta a temperatura ambiente e non è mai troppo duro. Ammesso e non concesso che d’estate non abbiate 35 gradi in cucina. In quel caso il vostro burro subacqueo è fottuto. Ah, qualora non faceste attenzione a non lasciare nessuna bolla d’aria nel burro spalmato nel recipiente, il vostro burro è ugualmente fottuto.

Porri, bietole, sedano, cipolline: da porre ognuno in un vaso di fiori, al sole, cambiando l’acqua regolarmente. Funziona benissimo, ma se avete la cucina che si affaccia su un cortile chiuso siete fregati, le verdure marciscono e basta. Potete decorare il salotto, perché no. Per altro, qualora si trovino nella stessa spesa porri, sedano e bietole, la decorazione di tutta la casa è assicurata.

Carote: prendere un vado pieno di sabbia e ripiantarle. Per averla provata, questa necromanzia vegetale non funziona per nulla. Non solo non conservano l’aroma, marciscono. Forse Koris non aveva la sabbia adeguata, ma pure il SonnoDellaRagione desistette a ri-piantare le carote, per quel che serviva. Vedi come sopra per barbabietole e cavoli rapa: il tempo di conservazione insabbiati e in superficie è del tutto comparabile.

Carne: esiste un solo modo, sotto sale, come si fa dalla notte dei tempi. Si mummifica il pezzo sotto sale, lo si tiene lì per 24 ore, dopodiché lo si avvolge in uno straccio e lo si tiene appeso al soffitto di una stanza con temperatura costante a 21 gradi per 21 giorni. Non ci sarebbe da aggiungere altro, del resto chi non ha una stanza termoregolata da dedicare all’impiccagione dei prosciutti? Ops, vivi in un monolocale di 30 metri quadri preda delle alterazioni termiche? Cazzi tuoi. Se per assurdo ti avanza una coscia di pollo o due polpette da cuocere, saluta l’amico vibrione.

Pesce: non se ne parla. Immaginatevi un pesce fuori frigo per più di due ore, magari d’estate. Senza frigo, o il pesce è cotto e mangiato, oppure lasciate perdere. A meno che non abbiate un giardino per affumicarlo a dovere e conservarlo.

Cipolle: pensate, potete metterle in una calza di nylon e farle spenzolare per la cucina! Oppure fare come l’Amperodattilo e lasciarle nella dispensa. Le cipolle stanno in frigo per comodità, non per necessità, non ci voleva l’eco-friendly a dircelo.

Formaggi: a pasta dura, resistono in una cantina buia e fresca, sotto la loro campana apposita. Se non avete la cantina fresca potete sempre guardarli avvizzire. Formaggi a pasta molle, addio per sempre, a meno di non essere amanti dei formaggi coi vermi. Ovviamente, la mozzarelLOL.

Yogurt: la tipa prende per assiomatico che lo yogurt venga fatto e mangiato illico, la conservazione non è contemplata.

Fragole, uva e simili: si consiglia di metterle a mollo nell’aceto. Koris dice anche no, mangiateveli subito. L’aceto non cambia assolutamente nulla.

Uova: ah, ma tanto anche nel supermercato le uova non stanno in frigo. E qui ci sarebbe da fare un poema sulle variazioni termiche in cucina. Se è estate, buongiornissimo, salmonellosi?

Latte: la tipa non ne parla, ma Koris vi dà la sua personale esperienza. Tre giorni fuori frigo (parliamo della confezione aperta) e diventa orribile. Koris è sopravvissuta all’avvelenamento avendo cura di farlo bollire ogni volta per eliminare le eventuali repubbliche di batteri.

Gelati: no, vabbè, ma di che stiamo a parlare?!

L’autrice dell’avventura ammette candidamente di consumare solo biologico a km zero, pochissima carne e prodotti caseari, di fare attenzione agli sprechi, di sapersi organizzare. Tutto molto bello, fantastico, meraviglioso. Ma per la Koris-esperienza senza frigo significa soprattutto una cosa: sei schiavo di quello che mangi e vivi nel terrore delle scadenze (e del cibo avariato). Bisogna trovare il tempo di fare la spesa tutti i giorni e, se non si rientra nel formato famiglia, prediligere le monoporzioni (che significa, au passage, più imballaggi e più rifiuti, a meno di prepararsi da sé gli shottini di passata di pomodoro, per dire, ma non tutti hanno l’hobby delle conserve per la domenica).

Per inciso, potrebbe essere utile citare alcuni elementi architettonici necessari, buttati lì come se fossero alla portata di tutti:

  • Una cucina spaziosa, soleggiata ma non troppo;
  • Una cantina senza topi vogliosi di divorarvi i formaggi, ovviamente pulita, impeccabile e un paio di metri sotto terra per consentire la temperatura costante.
  • Una stanza di impiccagione per prosciutti. Sembra che possiate usare la cantina, se questa ha i medesimi requisiti di cui sopra. E lo spazio, ovviamente.
  • Un giardino per affumicare il pesce senza ammorbare la casa. Terrazzi e balconi sconsigliati onde evitare pogrom condominiali.

Bonus: sarebbe anche necessario il tempo per rifornirsi e per fare conserve, insaccati, pesci affumicati, formaggi sul momento, collane di peperoncini e via dicendo. Magari non tutti hanno la Koris-vita di cacca, ma insomma, la vita non è solo cibo.

Qualora foste dei poveracci che vivono in città (orrore!), dove magari l’estate fa persino caldo e non avete la voglia di fare la spesa tutti i giorni perché lavorate a tempo pieno senza orari flessibili… beh, fate prima a rifornirvi da McDondald. O alla pizza a domicilio. Ovviamente tutte quelle ricette che dicono “lasciate raffredare in frigo per un’ora” potete dimenticarle nell’oblio dei secoli, perché nemmeno mettere il dolce sul davanzale in pieno inverno fa lo stesso effetto (al massimo ve lo scagazzano i piccioni). Ma magari la gente ora odia il tiramisù, vai a sapere.

È vero, fino ai tempi delle nostre nonne il frigorifero non c’era, al massimo per i più evoluti esisteva la ghiacciaia, e si viveva lo stesso. Tuttavia, qualora non si fosse notato, non era proprio la stessa vita: le donne, in particolare le madri di famiglia, non lavoravano o lavoravano poco, con molto più tempo a disposizione per cucinare e fare la spesa giornaliera. Capitava che si vivesse in famiglia “allargata” e ci fosse una nonna casalinga che aiutasse in tal senso. Era un altro modello di società, senza entrare nel merito del migliore o peggiore. Non è applicabile a scatola chiusa al terzo millennio. Se poi vogliamo raccontarci che l’umanità ha vissuto fino al XX secolo senza frigo, allora possiamo dire che è (soprav)vissuta anche senza antibiotici e vaccini, non è una ragione per smettere di… oh, fermi tutti, esempio sbagliato, scusate tanto.

Per concludere: possiamo fare un po’ più attenzione a quello che mangiamo e agli sprechi? Per esempio evitando di comprare sedici tonnellate di salsiccia con scadenza domani? Certo, così come si potrebbe fare attenzione a comprare roba “di stagione” evitando l’insalata di fragole e mirtilli a gennaio, ma anche la quinoa da agricoltura biologica direttamente dalle steppe del Cile (che anche se la quinoa fosse la più bio possibile, il trasporto non lo sarebbe). Dobbiamo per questo tornare a vivere senza frigo in nome del risparmio energetico, in verità non così pronunciato, con la paranoia dello smaltire carote sulla via del suicidio e prosciutti avvizziti sulla forca? Forse non è proprio indispensabile la demonizzazione (e negazione) del progresso.

zuul

Anche se, in assenza del frigo, non possono comparirvi per casa creature come Zuul e affini.

P.S. Sapete cosa rende più schiavo del vivere senza frigo? Vivere senza lavatrice e senza accesso a una lavanderia automatica. Ma di quello non vogliamo parlare.

Il sonno della ragione: il barattolo mostruoso

Più che una categoria, questo è un episodio ben preciso che Koris aveva rimosso dalla memoria e che è riaffiorato a tradimento. Non si può iscrivere in nessuna delle serie finora descritte, ma quanto a “sonno della ragione” non c’è male.

Siamo in un periodo in cui Koris ha lo scazzo esistenziale. La sua voglia di fare il terzo incomodo nel ménage à trois “lui-lei-l’orto” è nulla. Quindi ha lasciato che Lui se ne andasse dall’altro vertice del triangolo, per darsi a pratiche con moschettoni e corde. Climbing, non bondage.
È domenica sera, Koris ha lo scazzo. Lui arriva dalle campagne con un orrido pacchetto.
“Non indovinerai mai che cosa assurda è successa!”
La risposta migliore sarebbe “hai ritrovato il buon senso perduto?”, ma l’evento sarebbe veramente assurdo nonché improbabile. E lo scazzo di Koris le impedisce di cedere al paranormale.
Lui si illumina.
“Un cinghiale è entrato nel giardino di mio padre!”
“Cosa ci sarebbe di sorprendente, visto che sei stato tu il primo ad ammettere che palizzata fatta con grigliato recuperato dalla discarica teneva con lo sputo?”
“Non è questo il punto. C’erano dei cacciatori sull’altra riva del ruscello e gli hanno sparato.”
“Cosa?”
“Hanno sparato al cinghiale in giardino e lo hanno ucciso con un colpo.”
“No, scusa, ma che senso ha? Ci saranno 50 metri di giardino fra il ruscello e casa vostra. E se avessero sbagliato mira? Se ci fosse stato qualcun altro in giardino?”
“È ben quello che mi sono detto anche io.”
“Ah, meno male. E li hai denunciati, allora.”
“No, no. Visto che il cinghiale è morto sul mio terreno siamo arrivati ad un accordo.”
“Cosa?!”
“Ecco, qui, guarda che meraviglia!”
Sul tavolo di cucina compare un orrido pacchetto incartato nel giornale. Pare una roba da film di Tarantino.
“Loro si sono tenuti la maggior parte della bestia e mi hanno lasciato la parte migliore. La ho lasciata all’aria ieri perché mi hanno detto che andava frollata. Ora lo cuciniamo.”
Koris è una persona piena di palle alimentari, colpa dell’Amperodattilo che ha la capacità di trasformare in un horror di Stephen King qualunque pietanza non sia di suo gusto. In particolare, Koris non ama la carne. Se poi la carne viene da una macelleria amatoriale, le prime cose che le vengono in mente sono “putrescina” e “cadaverina“. Buon appetito, insomma.
“Io non mangio quella roba.”
Lui trasecola. È l’istinto primordiale da cacciatore che porta il mammut nella spelonca, ferirlo equivale a risvegliare la bestia.
“Certo che lo mangi. Anzi, ne cuciniamo metà stasera e con l’altra metà ne facciamo un prosciutto”
“… un prosciutto?”
“Basta leggere su internet, non sarà così difficile.”
Internet, il male del mondo. Koris adora il prosciutto di Parma (cinque anni nelle nebbie di Avalon lasciano il segno), e anche il crudo toscano e anche lo speck. Ma questo va troppo oltre le sue possibilità. Tuttavia Lui è troppo compiaciuto della preda per accorgersi dello sgomento di Koris.
“Prendi la mannaia e taglia il pezzo a metà”
“No”
“Come sarebbe a dire no?”
“Io non lo mangio quel coso. Non ce la posso fare.”
“Lo ho portato e ora lo mangi!”
“No, mi ordino una pizza. Mi avveleno con lo pseudo-formaggio.”
“Mi stai dicendo che io porto un pezzo di carne fresca e naturale e tu ci sputi sopra per delle tue turbe da borghese frustrata?”
“Non mi fido di cose che hai letto su internet e non hai mai fatto prima. Non ne sai niente di come si tratta la carne e io nemmeno”
“Quindi non ti fidi di me?”
“No, in questo frangente no”
Ci sono momenti in cui prendi la mano del tuo bello e ti getti nel vuoto assieme a lui. Ci sono invece momenti in cui per fortuna l’istinto di sopravvivenza trionfa. L’orgoglio di cacciatore è ferito e sanguinante quanto il cinghiale sul tavolo.
“Allora esci dalla cucina e non entrarci finché non avrò finito di cucinare. Sei proprio stupida”
Koris decide che è meglio essere uno stupido senza vibrione che un genio col cagotto. Ripara quindi dietro a Trillian, ignorando i morsi della fame.
Al suo ritorno in cucina scopre che tutti gli ingredienti disponibili nella magra dispensa senza frigo sono stati utilizzati per cucinare la bestia. Dal vangelo culinario secondo l’Amperodattilo: se per cucinare una materia hai bisogno di aggiungere tonnellate di altri ingredienti, significa che allora la materia di suo tanto buona non è. Tralasciando il dettaglio che a Koris sono rimasti ingredienti sufficienti per una pasta all’olio e basta. La bestia bolle nella marmitta.
Koris fa per cercare il sale grosso nel suo triste barattolo e lo trova quasi vuoto. Fa per rimetterlo a posto e,a fianco alla pasta, trova una tupperware pieno di acqua torbida. Esita a prenderlo in mano. Nota che c’è del sale depositato sul fondo. E nel liquido nuota un pezzo non identificato, ma di origine organica.
“Cos’è quella cosa?!”
“Ah, un mio esperimento di conservazione.”
“E non basta vivere senza frigo come esperimento? Senza menzionare gli zucchini sotto aceto che hanno fatto i vermi e hanno un odore mefitico…”
“Vedrai che tempo tre mesi diventerà buono e a Natale avrò un fantastico prosciutto da portare a mia sorella”
“Tre mesi…?”

Il cosiddetto prosciutto sopravvisse fino a Natale sullo scaffale. Koris lo chiamava il Barattolo Mostruoso e le evocava i documentari sulle mummie di Luxor. Fino alla sua dipartita, giorno in cui Koris fu felicissima di essere altrove.
“Alla fine io e mia sorella abbiamo mangiato il prosciutto”
“Ah. E noto che siete ancora vivi…”
“Sì, era un po’ duro. Gli altri della famiglia non ne hanno voluto sapere. Anche se poi con la cucina di mia madre ho avuto mal di pancia per giorni. Questi cibi pieni di conservanti…”
“Eh, sì, sicuro!”